Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30613 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 14/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10235-2006 proposto da:

COEDI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore sig.

Z.V., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DEI QUATTRO

VENTI 162, presso lo studio dell’avvocato MAGRI GIAN CARLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BENVENUTO MAURIZIO;

– ricorrente –

contro

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE

87, presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI ARTURO, rappresentata e

difesa dall’avvocato BORIONI RENZO;

– controricorrente –

e contro

G.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 759/2005 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 27/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.C., G.R. ved. C. e G.G. ved. B., convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Ancona la società COEDI, spa. e, premesso di avere stipulato con la società Coedi un contratto di appalto che prevedeva l’esecuzione, da parte dell’appaltatrice, di lavori tendenti alla realizzazione di una strada di lottizzazione nel Comune di (OMISSIS), alcuni dei quali non erano stati completati, alla data pattuita del 30 aprile 1979, e non risultavano ancora eseguiti alla data della citazione, chiedevano la condanna della convenuta all’esecuzione di detti lavori ed al risarcimento dei danni da quantificare in corso di causa.

Si costituiva la società Coedi sostenendo che le opere, oggetto dell’appalto, non erano tutte quelle previste nell’atto di convenzione, stipulato tra gli attori – e il Comune di (OMISSIS) per la lottizzazione (OMISSIS); ne conseguiva che restava a carico degli attori l’esecuzione di molte opere preordinate alla effettuazione di quelle appaltate e, quindi, il ritardo era addebitabile agli stessi committenti in via riconvenzionale, chiedeva la condanna degli attori al risarcimento danni subiti: sia per il danneggiamento delle opere eseguite, sia per il ritardo nell’esecuzione delle opere appaltate.

Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1235 del 2004, dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alla pretesa formulata dall’attrice in ordine all’esecuzione dei lavori nel frattempo eseguiti dal Comune di (OMISSIS), dichiarava la Coedi responsabile per l’inadempienza nei confronti del committente e la condannava al pagamento delle spese di giustizia.

Avverso tale sentenza, interponeva appello, davanti alla Corte di Appello di Ancona, la società Coedi, sostenendo che i sigg.

C. e G., non avevano realizzato opere propedeutiche e attribuiva a quest’ultimi la responsabilità della mancata ultimazione dei lavori appaltati.

Si costituivano in giudizio i sigg. C. e G. contestando la fondatezza delle ragioni dell’impugnazione.

La Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 759 del 2005, rigettava l’appello precisando che: a) a fronte della deduzione degli attori in ordine alla mancata esecuzione dell’opera nella sua globalità sarebbe stato onere della Coedi provare di aver adempiuto esattamente la propria prestazione, b) l’appellante, a fronte delle risultanze cui sono pervenuti i CTU, richiamava il contenuto di una perizia di parte dalla quale risulterebbe che le imprese incaricate dai committenti avevano creato danni prima alla massicciata ed allo stabilizzato e poi alle opere già eseguite, epperò, tale perizia non risultava acquisita agli atti del processo e, comunque, della stessa ha tenuto conto il CTU nella sua relazione; c) nessuna concreta dimostrazione era stata fornita della circostanza, pure dedotta dall’appellante, che le opere propedeutiche fossero state rilevate in sede di accertamento tecnico preventivo in quanto eseguite nel periodo compreso tra gli accertamenti del geom.

Bo. (tecnico di parte) e quelli dell’arch. F..

La cassazione di sentenza n. 759 del 2005, della Corte di appello di Ancona, è stata chiesta dalla società Coedi spa. con ricorso affidato ad un unico motivo. I sigg. C. e G. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con l’unico motivo di ricorso, la società Coedi spa, denuncia – come da rubrica – la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.. in correlazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, mancato rispetto dei principi di disponibilità e valutazione delle prove, mancato esame di elementi probatori decisivi, erronea valutazione delle risultanze processuali, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia inerente alla prova dell’impossibilità per la Coedi spa. di eseguire le opere alla stessa commissioniate in appalto per mancanza delle opere propedeutiche, nonchè per il grave danneggiamento delle strutture già realizzate da parte di soggetti intervenuti successivamente su incarico dei lottizzanti. In particolare, la società Coedi lamenta il fatto che la Corte di Ancona non abbia tenuto in conto la relazione tecnica del geom. Bo., l’unico che ha potuto constatare la situazione dei luoghi subito dopo l’interruzione forzata dei lavori da parte della Coedi e, prima ancora, che la committenza (e non il Comune di (OMISSIS), come sostenuto dalla Corte di merito) eseguisse le opere propedeutiche. Se la Corte di Ancona avesse visionato la perizia con le fotografie allegate, predisposta dal geom. Bo. avrebbe potuto verificare de visu la veridicità degli assunti dell’attuale ricorrente. Come specificava Bo. poco tempo prima dell’estate dell’80 altra impresa incaricata dai sigg. C., l’Impresa Ciurmatori, aveva provveduto al ricarico delle superfici destinati a marciapiede con materiale ghiaioso di chiara provenienza alluvionale e nel compiere tali operazioni di carico aveva causato danni alle opere eseguita dalla Coedi (lo spostamento di alcune cordonaure lo spostamento di alcune caditoie e il danneggiamento delle massicciate). E di più, la società Coedi si era offerta di eseguire la eliminazione dei danni causati dall’altra ditta e l’ultimazione delle opererai venne diffidata dal compiere alcun intervento riparatore. Il mancato intervento determinava un forzato immobilismo della situazione e pregiudicava le opere già effettuate dalla Coedi, nel frattempo un vero e proprio nubifragio sconvolse l’intera zona e costrinse il Comune ad intervenire per eliminare il pericolo determinatosi e per eseguire le opere di sistemazione dell’intera zona.

Pertanto – conclude la ricorrente – considerato che per contratto la Coedi aveva declinato ogni responsabilità in ordine ai difetti che dovessero essere conseguenza di lavori eseguiti dai committenti o da altre imprese per conto dei sigg. C., non si vede quale inadempimento possa essere addebitato alla stessa. Pertanto, la motivazione della sentenza impugnata che si limita ad affermare l’insussistenza di prove circa le modalità di svolgimento dei lavori non può che essere insufficiente, incongrua e irragionevole, e, comunque, lesiva del disposto di cui all’art. 115 c.p.c., secondo il quale il Giudice deve fondare la propria decisione su tutte le allegazioni e gli elementi di prova indicate dalle parti.

1.1.= La censura è infondata e non merita di essere accolta non solo e non tanto perchè la ricorrente, sostanzialmente, tenterebbe di ottenere un nuovo e diverso giudizio di merito, inibito al Giudice di legittimità, ma e, soprattutto, perchè la Corte di merito ha applicato correttamente le norme che la ricorrente ritiene siano state violate, ed ha motivato in modo adeguato e sufficiente la decisione assunta.

1.1.a).= La Corte anconetana ha esplicitamente chiarito che nonostante la perizia del geom. Bo. non risultasse acquisita agli atti del processo, avendone preso visione, attraverso la relazione peritale dell’ing. Mi. (il quale, a sua volta, aveva avuto modo di conoscere quella perizia e di esaminarla), poteva evidenziare che quella perizia in merito alla causa dei danneggiamenti, esprimeva (e non poteva che esprimere) un giudizio e, pertanto, non era (e non sarebbe stata, comunque), idonea a scalfire la diversa valutazione compiuta dall’ing. F., che era logica, pertinente e convincente. La Corte di Ancona, pertanto, ha valutato gli elementi di prova acquisiti, ed ha avuto modo di valutare, pure, la rilevanza della perizia del geom Bo., ritenendo che le argomentazioni di quella perizia non apparivano, comunque, sufficienti per ritenere assolto l’onere di dimostrazione dell’adempimento dell’attuale ricorrente. Insomma, la Corte di Ancona, con motivazione corretta e priva di vizi logici, ha ritenuto di valutare le prove fornite dalla parte in modo difforme da quanto veniva sostenuto dalla stessa, attuale ricorrente.

1.1.b).= Va, qui, evidenziato che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

In definitiva, il ricorso va rigettato e, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., la ricorrente, condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione così come verranno liquidate con il dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3200,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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