Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30613 del 25/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 25/11/2019), n.30613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da

R.M., elettivamente domiciliato in Roma, via Dardanelli 37,

presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, giusta

procura in calce al ricorso per cassazione, dall’avv. Riccardo

Occhinegro, che chiede l’invio delle comunicazioni relative al

processo presso la p.e.c. occhinegrosiccardo.oravta.legaimalit e il

fax n. (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso ex

lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici

domicilia in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Torino emessa il

6.7.2018 e depositata il 3.8.2018 R.G. n. 1497/2018;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Giacinto Bisogni.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il richiedente asilo, sig. R.M., cittadino pakistano, nato il 28.4.1992, ha esposto di aver abbandonato il suo paese perchè, avendo testimoniato in giudizio contro gli assassini del cugino, temeva di essere esposto a vendette che avrebbero potuto privarlo della vita o comunque esporlo a gravi conseguenze.

La Commissione territoriale di Torino ha respinto la domanda e il Tribunale di Torino adito dal sig. R. ha respinto il ricorso condividendo la valutazione di non credibilità della vicenda narrata dal richiedente asilo già espressa dalla Commissione. In particolare il Tribunale ha rilevato che non sono stati prodotti riscontri sulle minacce ricevute nè il richiedente asilo ha fornito gli elementi e le prove in suo possesso per ricostruire in modo attendibile la sua storia e chiarire i gravi dubbi sulla sua identità e sul suo iter migratorio dato che dalla documentazione in possesso della Commissione territoriale risultava che il sig. R. era già entrato in Italia due volte, utilizzando due nomi diversi.

La Corte di Appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’appello, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., perchè privo di qualsiasi indicazione non solo su quali parti del provvedimento il sig. R. intendesse impugnare ma per l’assenza di qualsiasi contestazione circa la sua attendibilità.

Ricorre per cassazione R.M. deducendo violazione di legge ed errata applicazione dell’art. 342 e 702 quater c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e inosservanza della giurisprudenza di legittimità, relativamente alla forma dell’atto introduttivo dell’appello e nella parte in cui la Corte a quo lo ha ritenuto inammissibile in quanto “privo di argomenti che confutino e contrastino le ragioni addotte dal primo giudice”.

Il Ministero dell’Interno deposita atto di costituzione, al fine della eventuale partecipazione all’udienza di discussione dando atto di non essersi costituita nei termini di legge mediante controricorso.

Il ricorrente censura la decisione impugnata che ha ritenuto generico l’appello mentre esso ha avuto lo scopo precipuo di dimostrare l’omissione di cooperazione istruttoria da parte del giudice di primo grado e di mettere in luce la realtà sociopolitica del Pakistan, segnata da un tasso di violenza indiscriminata tale da rendere fondata la domanda di protezione sussidiaria e umanitaria. A fronte di questa omessa valutazione da parte del primo giudice era inevitabile la riproposizione delle difese prospettate nella fase introduttiva del giudizio.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Il ricorso è infondato. La Corte di appello ha correttamente rilevato la genericità dell’appello e, riportando per intero la motivazione della decisione di primo grado, ha messo in rilievo che già la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio era viziata dalla mancata contestazione circa la contraddizione, riscontrata in sede di audizione da parte della Commissione territoriale e evidenziata nel provvedimento di diniego, della narrazione del ricorrente rispetto alla documentazione, proveniente dalla Questura di Modena, che attestava una diversa identità rispetto a quella dichiarata e una ingiustificata mancanza di informazioni e di documentazione circa il percorso migratorio iniziato nel 2011, percorso che secondo le dichiarazioni dello stesso ricorrente lo aveva visto attraversare e soggiornare in diversi Stati dell’Unione Europea proponendo già altrove domanda di protezione internazionale. Sulla base di tali gravi contraddizioni e omissioni, che già avevano portato la Commissione territoriale a ritenere non credibile il richiedente asilo, il Tribunale di Torino ha affermato l’insussistenza dei presupposti per ritenere attendibile la narrazione del sig. R. rilevando la ingiustificata produzione documentale (non era stata neanche ripresentata la documentazione relativa alla asserita deposizione testimoniale contro gli assassini del cugino) e la mancanza di deduzioni circa la rilevata contraddizione relativa alla stessa identità personale e al percorso migratorio compiuto.

Non può non ribadirsi che il ricorrente, già con il ricorso proposto davanti al Tribunale e poi con l’appello e ora con il ricorso per cassazione, ha omesso qualsiasi chiarimento in ordine alla sua identità e al percorso compiuto prima di arrivare in Italia con ciò minando irrimediabilmente la sua credibilità. Nè ha fornito alcun elemento per ricollegare la sua situazione personale a quella generale del paese di provenienza di cui asserisce la soggezione a una situazione di violenza indiscriminata senza fornire indicazioni di fonti informative attendibili e senza specificare l’area di provenienza all’interno di un paese esteso e eterogeneo quale è il Pakistan. Il ricorso per cassazione consiste sostanzialmente in una dissertazione sull’ambito di applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. anche in relazione agli obblighi assunti dall’Italia in sede di Unione Europea e in seguito alla sua partecipazione al Consiglio d’Europa e alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Dissertazione sulla quale si può ben assentire senza che il ricorso proposto dal sig. R. abbia per questo minimamente scalfito le motivazioni rese in sede amministrativa dalla Commissione territoriale e successivamente dal Tribunale e dalla Corte di Appello.

Il ricorso va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese processuali.

Non sussistono allo stato i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, di cui alla delibera dell’Ordine degli Avvocati di Torino del 5 novembre 2018, non risulti revocata dal giudice competente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della insussistenza, allo stato, dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019

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