Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30610 del 20/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 30610 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: CAVALLARO LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso 13693-2012 proposto da:
V.T.V. S.R.L. C.F. 01759380304, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio
dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, rappresentata e
difesa dall’avvocato EDOARDO NARDOCCI, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

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ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

I.N.P.S.
SOCIALE

C.F.

80078750587,

in

persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Data pubblicazione: 20/12/2017

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.
‘C.F. 05870001004, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati FABBI RAFFAELA e
FRASCONA’ LORELLA che lo rappresentano e difendono,
giusta delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

EQUITALIA S.P.A., già S.F.E.T.

FRIULANA ESAZIONE

TRIBUTI S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 14/2012 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 21/03/2012 R.G.N. 74/2009.

giusta delega in atti;

RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 21.3.2012, la Corte d’appello di Trieste
ha confermato la statuizione di primo grado che aveva rigettato
l’opposizione proposta da V.T.V. s.r.l. avverso tre cartelle esattoriali con
cui le era stato ingiunto di pagare all’INPS e all’INAIL somme per

dipendenti per violazione dell’art. 1, I. n. 1369/1960;
che avverso tale pronuncia V.T.V. s.r.l. ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo quattro motivi di censura;
che l’INPS (anche quale procuratore di S.C.C.I. s.p.a.) e l’INAIL hanno
resistito con distinti controricorsi, mentre la società concessionaria dei
servizi di riscossione non ha svolto in questa sede attività difensiva;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la società ricorrente denuncia nullità del
processo, falsa applicazione degli artt. 113, 115, 116, 416, 420, 421 e
345 c.p.c. e contraddittoria e insufficiente motivazione per avere la
Corte di merito ritenuto che gli atti e i documenti esibiti dalla Direzione
provinciale del lavoro di Udine potessero essere acquisiti dal giudice di
primo grado ex art. 421 c.p.c., nonostante si trovassero già nella
materiale disponibilità dell’INPS (che peraltro non li aveva prodotti in
giudizio), senza concederle il termine di cui all’art. 420, comma 7 0 ,
c.p.c.;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta nullità della sentenza
per violazione degli artt. 24 Cost. e 126, 130, 420 e 421 c.p.c., per
avere la Corte territoriale ritenuto che l’udienza del 10.2.2005, fissata
per la prima comparizione delle parti nel procedimento n. 617/2004 (poi
riunito al n. 338/2003 e al n. 541/2004), non si sarebbe tenuta, laddove
il primo giudice aveva valutato che la mancata contestazione alla prima
udienza di comparizione delle circostanze di fatto dedotte dall’Istituto
nella memoria di costituzione avesse espunto dette circostanze dal
novero del thema probandum;
che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa
applicazione degli artt. 24 Cost., 115 e 116 c.p.c. e 2699 e 2700 c.c.,
per avere la Corte di merito ritenuta raggiunta la prova del rapporto di
lavoro subordinato che Babic Zoran, Damianich Damir, Savic Ante,
Zormand Daniel, Benco Diego, Mandic Boris, Popovic Nevio, Sikira

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contributi e premi omessi in danno di taluni lavoratori ritenuti suoi

Muhamed e Sljivo Ismet avevano intrattenuto con essa ricorrente sulla
sola base delle dichiarazioni da costoro rilasciate all’autorità ispettiva e
dunque attribuendo efficacia di prova ai verbali ispettivi;
che, con il quarto motivo, la società ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, I. n.

ritenuto che non potessero essere detratte dall’ammontare del debito
contributivo le contribuzioni versate dal lavoratore Taverna alla gestione
artigiani e quelle versate per conto del lavoratore Venturini nell’ambito
del rapporto di borsa-lavoro da questi intrattenuto con un’azienda
sanitaria locale;
che, con riguardo al primo motivo, vale senz’altro ribadire che l’esercizio
del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto
al giudice di legittimità ove sia denunciato un

error in procedendo,

presuppone che la parte, nel rispetto del principio di specificità, riporti,
nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei
suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde
consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche
degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (cfr. da
ult. Cass. nn. 19410 del 2015 e 11738 del 2016), mentre tanto non è
dato riscontrare nell’odierno ricorso per cassazione, dal momento che
non si precisa né quando e in quali circostanze il termine de quo sarebbe
stato richiesto in prime cure né si rileva alcuna specifica censura al
riguardo nell’atto di appello, per come trascritto a pagg. 7-8 del ricorso
per cassazione;
che analogo difetto di specificità va riscontrato a carico del secondo
motivo, non spiegandosi dove e quando il giudice di prime cure avrebbe
fondato l’affermazione circa la mancata contestazione dei fatti di causa
sull’attività processuale svolta all’udienza del 10.2.2005 e apparendo,
per contro, prima facie plausibile la ricostruzione dei fatti operata dalla
sentenza impugnata circa la mancanza del relativo verbale, dalla quale
si desume che il decreto del 9.8.2004, con cui il giudice di prime cure
aveva fissato l’udienza di comparizione per il giorno 10.2.2005, venne
implicitamente revocato da quello del 16.10.2004, con cui si provvide a
fissare altra udienza per il 13.12.2004 onde discutere della nuova
richiesta di sospensione della provvisoria esecutorietà della cartella

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1369/1960, e 2115, 1180 e 2036 c.c., per avere la Corte territoriale

opposta presentata dall’odierna ricorrente, e che, in esito alla
discussione dell’istanza, la causa venne trattenuta in riserva fino al
20.7.2005, data in cui, unitamente al deposito dell’ordinanza, il giudice
provvide a fissare altra udienza per il merito al 25.10.2005, quando i tre
procedimenti furono riuniti «senza rilievi delle parti tutte» (così

che, con riguardo al terzo motivo, va anzitutto dato atto che la Corte
territoriale ha accertato che «i fatti di causa hanno trovato conferma
nelle deposizioni giudiziali dei testi Venturini e Taverna» e «in sede di
dichiarazioni rilasciate alla Guardia di Finanza, qui dimesse e presenti in
atti», dei «lavoratori Savic, Benco, Notinelli, Babic, Bastone, Vicentini»
(così la sentenza impugnata, pag. 12), dunque senza operare alcun
diretto riferimento ai verbali ispettivi;
che il ricorrente, che in sede di legittimità denunci il difetto di
motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie
o processuali, ha comunque l’onere di indicare specificamente il
contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal
giudice di merito, provvedendo alla trascrizione delle sue parti rilevanti e
precisando altresì la fase processuale in cui ne è avvenuta la produzione
e il luogo in cui esso è attualmente reperibile, al fine di consentire al
giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare (così,
fra le più recenti, Cass. nn. 17915 del 2010, 13677 del 2012, 14784 del
2015);
che tanto non è dato rilevare nell’odierno ricorso per cassazione, dal
momento che le deposizioni testimoniali e le dichiarazioni rese
all’autorità ispettiva non risultano trascritte in ricorso, nemmeno per le
parti rilevanti ai fini per cui è causa, né si indica in quale luogo del
fascicolo processuale o di parte esse sarebbero reperibili;
che, con riguardo al quarto motivo, la Corte di merito, pur dichiarando di
aderire all’orientamento meno recente di questa Corte di legittimità,
secondo cui, in caso di intermediazione illecita di manodopera,
l’eventuale pagamento dei contributi da parte dell’interposto non
libererebbe l’interponente dalla sua obbligazione nei confronti degli
istituti di previdenza, ha comunque accertato che, in specie, non vi è
stato alcun versamento concreto da parte dei soggetti interposti, di

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espressamente la sentenza impugnata, pag. 10);

talché la doglianza è da reputarsi inammissibile per estraneità al
decisum (Cass. n. 17125 del 2007 e numerose successive conformi);
che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da
dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la
soccombenza;

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle
spese del giudizio di legittimità, che si liquidano, per ciascuna delle parti
controricorrenti, in C 5.200,00, di cui C 5.000,00 per compensi, oltre
spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 21.9.2017.

P. Q. M.

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