Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30606 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 14/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE POSITANO, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato ex

lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato DELLA PIETRA LELIO;

– ricorrente –

contro

C.G., C.L., C.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PALESTRO 41, presso lo studio

dell’avvocato MANCUSO UMBERTO, rappresentati e difesi dall’avvocato

STRIANESE GIUSEPPE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 360/2005 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 15/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato DELLA PIETRA Lelio, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato STRIANESE Giuseppe, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Secondo quanto si legge nella sentenza impugnata il Tribunale di Salerno sezione distaccata di Amalfi: a) rigettava la domanda di rivendicazione proposta dal Comune di Positano nei confronti di C.G., C.A. e C.L. relativa al locale terraneo sito alla via (OMISSIS); b) respingeva quella di usucapione avanzata dai convenuti.

Il Giudice di primo grado, interpretando e qualificando la domanda come di rivendicazione della proprietà, riteneva che l’attore non aveva fornito la prova al medesimo incombente ai sensi dell’art. 948 cod. civ. Con sentenza dep. il 15 giugno 2005 la Corte di appello di Salerno rigettava l’impugnazione proposta dall’attore.

Nel disattendere il motivo con il quale era stata censurata l’erronea qualificazione della domanda, i Giudici ritenevano che il Comune avesse inteso proporre un’azione reale di rivendicazione e non un’azione personale di rilascio per detenzione sine titulo, essendo stato chiesto il riconoscimento del diritto di proprietà.

Ciò premesso, l’attore non aveva ottemperato all’onere probatorio al medesimo incombente, essendosi limitato a invocare il verbale di consistenza dei beni già appartenenti all’Ente Comunale di Assistenza, senza che peraltro fosse dimostrato o allegato il titolo di acquisto da parte del predetto Ente.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Comune di Positano sulla base di due motivi illustrati da memoria.

Resistono con controricorso gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va dichiarato inammissibile il deposito dei documenti prodotti dai resistenti per la prima volta in sede di legittimità, non rientrando fra quelli indicati dall’art. 372 cod. proc. civ..

1.1 Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., artt. 948 e 2697 cod. civ. anche per motivazione carente, illogica e contraddittoria, denuncia l’erronea interpretazione della domanda, posto che il Comune aveva chiesto esclusivamente l’accertamento della proprietà del bene di cui aveva conseguito il possesso a seguito di ordinanza di sgombero, senza formulare alcuna domanda recuperatoria del possesso che aveva già conseguito al momento della domanda giudiziale, tant’è vero che aveva proceduto alla trasformazione del bene atteso che non aveva avuto effetti l’interdetto possessorio ottenuto dai convenuti a seguito del sequestro giudiziario chiesto dall’attore e autorizzato dal Tribunale.

Pertanto, esso ricorrente aveva ottemperato all’onere probatorio richiesto in tema di azione di accertamento con la produzione dell’atto di trasferimento della proprietà da parte dell’E.C.A..

1.2. Il secondo motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata la quale aveva erroneamente affrontato la questione circa la distinzione fra azione reale di rivendica e azione personale di rilascio posto che -non avendo esso ricorrente mai chiesto la restituzione del bene, già in possesso dell’istante che, perciò, non aveva alcun interesse al rilascio – andava piuttosto verificato se nella specie ricorresse un’ azione di accertamento o quella di rivendica, di cui peraltro non sussistevano i presupposti, essendo inconferente il richiamo all’ordine di reintegra del possesso che non era stato mai eseguito.

2. I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – vanno accolti nei limiti di cui si dirà infra.

La sentenza ha qualificato l’azione proposta dall’attore come di rivendicazione e l’ha rigettata sul rilievo che il medesimo non aveva offerto la probatio diabolica al medesimo incombente.

Occorre premettere che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti da luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), trattandosi in tal caso della denuncia di un “error in procedendo” che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti.

La qualificazione dell’azione andava verificata sulla base del complessivo contenuto della domanda.

Ciò posto, dall’esame degli atti è risultato che l’attore, con l’atto di citazione, si era limitato a chiedere l’accertamento del diritto di proprietà contestato dai convenuti e non aveva chiesto anche il rilascio del bene in oggetto, in quanto assumeva di essere nella materiale disponibilità del bene che aveva irreversibilmente trasformato. In particolare, il Comune aveva dedotto la legittimità del diritto dominicale del bene a seguito del verbale di consistenza e di consegna redatto ai sensi della L.R. Campania 16 ottobre 1978, n. 43, art. 5 e che era stato recepito dalla delibera consiliare: in virtù di tali provvedimenti aveva emesso ordinanza di sgombero del cespite del quale aveva così acquistato la disponibilità.

Se, dunque, il riferimento all’azione personale di rilascio compiuto dai Giudici era del tutto fuori luogo, la domanda proposta peraltro non poteva rientrare nella previsione dell’art. 948 cod. civ. che, avendo funzione recuperatoria, è diretta alla restituzione del bene.

Pertanto, l’azione – di natura reale – era da qualificare di accertamento della proprietà.

Allora, assumeva valore decisivo – ai fini di stabilire l’oggetto dell’onere probatorio incombente all’attore – se l’attore fosse o meno nel possesso del bene di cui assumeva di essere proprietario. Ed infatti, mentre nell’ipotesi dell’azione di accertamento della proprietà all’attore che è nel possesso del bene incombe un onere probatorio meno rigoroso di quello al riguardo previsto per l’azione di rivendicazione, l’attore che proponga una domanda di accertamento della proprietà e non abbia il possesso della cosa oggetto del preteso diritto ha l’onere di offrire la stessa prova rigorosa richiesta per la rivendica, perchè spiega azione a contenuto petitorio, tesa al conseguimento di una pronuncia giudiziale utilizzabile per il conseguimento della consegna della cosa da parte di chi la possiede o la detiene (Cass. 1650/1994).

Peraltro, deve ritenersi che tale più gravoso onere incombe anche all’attore il quale abbia la materiale disponibilità del bene in virtù di un possesso acquistato con violenza o clandestinità ovvero quando, in relazione alle particolarità del caso concreto, sussista uno stato di obiettiva e seria incertezza sulla legittimità del possesso. Ed invero, in tali ipotesi non ricorre la presunzione di legittimità del possesso che giustifica l’attenuazione del rigore probatorio qualora l’ azione di accertamento della proprietà sia proposta da colui che sia nel possesso del bene.

Nella specie, come si è detto, il Comune di Positano – secondo quanto dal medesimo riferito aveva esperito la presente azione di merito dopo avere conseguito il sequestro giudiziario del bene de quo al fine di paralizzare l’esecuzione dell’interdetto possessorio, che a loro volta i convenuti avevano ottenuto lamentando di essere stati illegittimamente spogliati del possesso a seguito dell’ordinanza di sgombero emessa dal Comune.

Ciò posto, la motivazione della sentenza impugnata è assolutamente carente laddove – avendo erroneamente qualificato come azione di rivendica la domanda proposta dall’attore – i Giudici non hanno affrontato la questione circa l’onere probatorio in materia di azione di accertamento della proprietà e, di conseguenza, non hanno compiuto alcuna indagine circa la natura del possesso del bene esercitato dal Comune: pertanto, alla stregua dei rilievi formulati sopra, tale verifica dovrà essere compiuta in sede di giudizio di rinvio.

Il ricorso va accolto.

La sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese della presente fase, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto in motivazione cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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