Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30604 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 07/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.A. (OMISSIS) O.B. e R.M.,

residenti in (OMISSIS), rappresentati e difesi per procura a

margine del ricorso dall’Avvocato Zefelippo Francesco, elettivamente

domiciliati presso il suo studio in Napoli, via Carducci n. 18;

– ricorrenti –

contro

C.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 158 della Corte di appello di Firenze,

depositata il 24 gennaio 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

dicembre 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.M., premesso di essere stata estromessa ad opera di R.A., O.B. e R.M. dal possesso di un appartamento sito nel Comune di (OMISSIS), che i convenuti avevano acquistato con suo denaro ignorando l’impegno di trasferirle l’usufrutto, si rivolse al Pretore di Piombino chiedendo di essere reintegrata nel possesso dell’immobile, provvedimento che il giudice adito concesse inaudita altera parte.

Nel giudizio di merito i resistenti eccepirono la nullità della notifica del ricorso e del pedissequo decreto, che il Pretore, nonostante la loro opposizione, convalidò; il provvedimento venne tuttavia reclamato dinanzi al Tribunale di Livorno, che 1 revocò, rilevando la nullità della notifica del ricorso per essere stato il plico restituito alla mittente un giorno prima della scadenza e che il provvedimento non era stato comunque notificato entro il termine perentorio di cui all’art. 669 sexies c.p.c., comma 2. In corso di causa la ricorrente reiterò la richiesta di reintegrazione del possesso, che il Pretore dichiarò ammissibile, assegnando alla parte termine per la rinnovazione del ricorso introduttivo e della nuova data di fissazione dell’udienza. Successivamente, con ordinanza del 16 novembre 1999 il giudicante emise un nuovo provvedimento di reintegrazione del possesso, che confermò con la sentenza emessa al termine del giudizio di merito. Proposto gravame da parte dei convenuti, con sentenza n. 158 del 24 gennaio 2005 la Corte di appello di Firenze confermò integralmente la decisione impugnata, osservando, per quanto qui ancora interessa, che il vizio attinente alla notificazione del ricorso e del pedissequo decreto possessorio rientrava tra le cause di nullità e non di inesistenza dell’atto, sicchè correttamente il giudice di primo grado aveva disposto la rinnovazione della sua notificazione, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.; che la mancata notificazione del decreto possessorio nel termine perentorio stabilito dal Pretore, mancanza rilevata dal Tribunale in sede di reclamo, non impediva al giudice di disporre la rinnovazione della notificazione; che la nullità della nuova notifica del ricorso ai convenuti, per essere stata essa eseguita a mezzo del messo di conciliazione, era stata sanata dalla loro costituzione in giudizio; che, nel merito, risultava provato che la ricorrente abitava nell’appartamento e che da essa era stata estromessa ad opera dei convenuti.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato a mezzo posta il 14 febbraio 2006, ricorrono R.A., O.B. e R.M., affidandosi a sette motivi. C.M. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e del procedimento, violazione e falsa applicazione dell’art. 669 sexies cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto legittima l’ordinanza con cui che il giudice di primo grado aveva disposto la rinnovazione della notificazione del ricorso e del provvedimento di fissazione della nuova udienza, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., senza considerare che il termine per la notifica del ricorso e del provvedimento cautelare, ai sensi dell’art. 669 sexies c.p.c., comma 2, è perentorio, con l’effetto che la sua mancata osservanza doveva portare il giudicante a dichiarare inammissibile d’ufficio l’azione proposta. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e del procedimento, violazione della L. n. 890 del 1992, art. 8, comma 4, assumendo che la Corte di appello è caduta in errore laddove non ha preso atto che la notifica del ricorso originario e del pedissequo decreto possessorio era affetta da nullità assoluta, essendo avvenuta a mezzo del servizio postale in assenza del destinatario senza la successiva comunicazione delle formalità compiute, come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 1998, con l’effetto che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda possessoria. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione obiettiva, non sono fondati.

Va premesso che dall’esposizione dello svolgimento del giudizio di primo grado contenuta nella sentenza impugnata e nello stesso ricorso risulta che l’ordine di rinnovazione ha avuto ad oggetto non il ricorso possessorio ed il pedissequo decreto di reintegrazione emesso inaudita altera parte, bensì la nuova istanza possessoria della parte avanzata nel giudizio di merito e la data di fissazione della nuova udienza.

Ciò precisato, non ha pregio la tesi dei ricorrenti secondo cui la dichiarazione di inefficacia del provvedimento possessorio originariamente concesso, per effetto della sua omessa notifica nel termine perentorio, disposta dal Tribunale in sede di riesame, avrebbe determinato la sopravvenuta inammissibilità dell’azione proposta in giudizio. Questa Corte, con giurisprudenza costante, ha invero affermato che la struttura del procedimento possessorio, anche dopo le modifiche introdotte dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, ed in particolare, la nuova formulazione dell’art. 703 cod. proc. civ., resta caratterizzato da una duplice fase, la prima, di natura sommaria, limitata all’emanazione dei provvedimenti immediati, la seconda, a cognizione piena, avente ad oggetto il merito della pretesa possessoria, da concludersi con sentenza soggetta alle impugnazioni ordinarie, con la precisazione che tale seconda fase prescinde dal fatto che il giudice abbia o meno concesso le misure interdettali (Cass. S.U. n. 1984 del 1998 e numerose altre successive). La mancanza del provvedimento interdettale, perchè negata dal giudice nella fase cautelare o per cause sopravvenute (quale, nel caso di specie, la revoca da parte del giudice del riesame), non determina pertanto l’inammissibilità dell’azione, come sostenuto dai ricorrenti, dovendo comunque il giudizio proseguire per la fase di merito. La censura che deduce la nullità assoluta ed insanabile della notificazione del ricorso originario è d’altra parte inammissibile, in quanto non attacca in modo specifico, con argomentazioni contrarie, la motivazione della sentenza impugnata laddove ha affermato che il vizio riscontrato nel procedimento notificatorio andava ricondotto nell’ambito della categoria della nullità e non dell’inesistenza, atteso che essa aveva seguito le modalità della notifica a mezzo posta fissate dalla legge, discostandosene solo per non avere rispettato interamente il termine previsto per la giacenza del plico nell’ufficio postale prima della sua restituzione al destinatario.

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 669 novies c.p.c., comma 2, nullità della sentenza e del procedimento, omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello non si sia pronunciata sull’eccezione della parte, svolta nella comparsa conclusionale di appello, che aveva dedotto come, a seguito della dichiarazione di inefficacia del decreto possessorio resa dal giudice del riesame, che aveva natura e sostanza di sentenza, il giudizio possessorio si era estinto.

La doglianza che lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. è infondata, tenuto conto che, come deduce lo stesso ricorso, l’eccezione era stata formulata in sede di comparsa conclusionale e quindi era irrituale, con l’effetto che il suo omesso esame da parte del giudicante non integra gli estremi dell’omessa pronuncia.

La dedotta violazione dell’art. 669 novies c.p.c., comma 2, non ha invece pregio, atteso che il provvedimento che decide sul reclamo cautelare non ha, per il suo stesso oggetto, natura di accertamento definitivo e non incide pertanto sul procedimento di merito nè influenza il suo esito. Il quarto motivo di ricorso, che denunzia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e del procedimento, omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, violazione e falsa applicazione dell’art. 669 sexies cod. proc. civ. in relazione all’art. 153 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto legittima l’ordinanza con cui che il giudice di primo grado aveva disposto la rinnovazione della notificazione del ricorso e del provvedimento di fissazione della nuova udienza, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., senza considerare che il termine per la notifica del ricorso e del provvedimento cautelare, ai sensi dell’art. 669 sexies c.p.c., comma 2, è perentorio.

Il mezzo appare inammissibile dal momento che non censura l’argomentazione della sentenza impugnata secondo cui il giudice di primo grado “non ha prorogato il termine scaduto, per la notifica del ricorso e del decreto di cui all’art. 669 sexies, ma ha disposto la rinnovazione della vocativo in ius con la concessione di un nuovo termine”, adottando poi, nel prosieguo del giudizio, con ordinanza un nuovo provvedimento di reintegra del possesso. Sotto altro ed assorbente profilo la censura è altresì inammissibile dovendosi rilevare che la sentenza che conclude la fase del merito possessorio, anche quando conferma il provvedimento dato nella fase sommaria, per sua natura provvisorio, contiene sempre una statuizione di merito sulla domanda che si sostituisce ad esso. Ne consegue che la sentenza di merito assorbe anche le questioni relative alla regolarità del provvedimento interdettale, che rimangono dunque superate dalla successiva decisione.

Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e del procedimento, omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, violazione e falsa applicazione degli artt. 291 e 307 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata in quanto la Corte di appello, preso atto che la rinnovazione della notifica del ricorso introduttivo affetta da nullità assoluta ed insanabile in quanto eseguita da un messo di conciliazione e non dall’ufficiale giudiziario, avrebbe dovuto ritenere l’ordine non rispettato e quindi dichiarare l’estinzione del giudizio.

Anche questo motivo è infondato.

La Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione del principio della sanatoria della nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo, attesa la costituzione in giudizio dei convenuti, adeguandosi all’orientamento di questa Corte, secondo cui la notificazione di un atto processuale effettuata dal messo comunale senza la specifica autorizzazione del presidente del Tribunale prevista dalla L. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 34 come modificato dalla L. 11 giugno 1962, n. 546, non è inesistente ma è affetta da nullità, con la conseguenza che è sanabile non solo a seguito della costituzione in giudizio della parte, ma anche in ogni altro caso in cui sia raggiunta la prova dell’avvenuta comunicazione dell’atto al notificato (Cass. n. 24124 del 2009; Cass. n. 2757 del 2007).

Costituisce inoltre ius receptum della giurisprudenza di legittimità l’affermazione che l’effetto sanante della notificazione rimane salvo anche nel caso in cui il convenuto dichiari di costituirsi al solo scopo di far rilevare la nullità (Cass. n. 6470 del 2011; Cass. n. 10119 del 2006). Il sesto motivo di ricorso, denunziando violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e del procedimento, omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, violazione e falsa applicazione degli artt. 703 e 669 novies c.p.c., comma 2, lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto fondata nel merito la pretesa possessoria sulla base del rilievo che gli appellanti avevano impostato le loro difese solo su questioni di rito e senza dare alcun contributo alla chiarificazione dei fatti e in contrasto con la decisione del tribunale di riesame, avente natura sostanziale di sentenza, che nel dichiarare inefficace il decreto possessorio, aveva ordinato alla ricorrente di rilasciare l’immobile. Il mezzo è infondato.

Sotto il primo profilo, in quanto l’argomentazione della Corte in ordine alle difese svolte dalle parti convenute assume, nell’impianto motivazionale della decisione, mi ruolo del tutto secondario e marginale, avendo il giudice di merito fondato la propria statuizione di rigetto dell’appello sulla ben più pregnante considerazione che, nel caso di specie, sussistevano i presupposti di fatto dello spoglio denunziato.

Inconsistente è pure l’argomento secondo cui l’ordinanza emessa dal Tribunale, di revoca del decreto possessorio, avesse natura di sentenza, atteso che essa era stata adottata in sede di reclamo e dovendo comunque il processo proseguire per la fase di merito, con l’effetto che l’ordine di rilascio aveva soltanto l’effetto di ripristinare la situazione quo ante.

Il settimo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., contraddittorietà nella valutazione e travisamento dei fatti circa un punto della controversia rilevabile d’ufficio, violazione dell’art. 202 cod. proc. civ., e segg.

violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e del procedimento, omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello abbia ritenuto fondata nel merito la pretesa possessoria sulla base di una valutazione delle risultanze probatorie, in particolare con riferimento alla testimonianza resa da B., errata e dando rilievo a documenti, quali le dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà, relazioni dell’assistente sociale, verbale di denunzia querela sporta ai carabinieri, ovvero a circostanze, quale il fatto che in sede di esecuzione era risultato che la casa non era abitata dai resistenti, privi di effettivo valore probatorio. Anche quest’ultimo motivo è infondato.

La Corte di appello di Firenze ha motivato la propria statuizione di accoglimento della domanda dell’attrice sulla base del rilievo che le risultanze probatorie avevano dimostrato che la ricorrente abitava nell’appartamento oggetto di tutela e che ella ne era stata estromessa ad opera dei resistenti, richiamando a tal fine sia la testimonianza del teste B.M., intermediario immobiliare, che, avendo assistito allo spoglio, aveva riferito che la chiave dell’appartamento era in possesso della C., che non era riuscita ad entrarvi per la presenza in esso dei convenuti, che le risultanze documentali da cui emergeva che la parte aveva in passato dichiarato la propria residenza nell’immobile ed in essa vi erano i suoi mobili.

Trattasi di motivazione adeguata e sufficiente, non viziata, nel suo processo di formazione, nè da fraintendimenti o travisamento di fatti, che del resto il ricorso non dimostra validamente riproducendo il contenuto della testimonianza o delle risultanze processuali che, a suo giudizio, giustificherebbero una diversa conclusione, nè dall’utilizzo di atti privi di efficacia probatoria, rappresentando le dichiarazioni di terzi estranei alla lite prove atipiche che, in concorrenza con altre prove (nella specie la testimonianza resa da B.M.), sono legittimamente utilizzabili dal giudice per fondare il proprio libero convincimento (Cass. S.U. n. 15169 del 2010). Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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