Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3060 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. II, 10/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 10/02/2020), n.3060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16741/2015 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

DELL’OLGIATA 15, presso lo studio dell’avvocato TULLIA TORRESI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTELLO

30, presso lo studio dell’avvocato GIULIA DE VIRGILIO VICENZI, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3171/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

T.A. ha presentato ricorso, articolato in tre motivi, avverso la sentenza n. 3171/2014 della Corte d’appello di Roma, depositata in data 14 maggio 2014.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

Con atto di citazione notificato in data 3 giugno 2004, V.G., T.T. e T.A., quest’ultima quale erede con beneficio di inventario di F.F., tutti condomini dell’edificio (OMISSIS) del Condominio (OMISSIS), convenendo sia il Condominio che la condomina RAI- Radio Televisione Italiana S.p.a., dedussero l’invalidità della Delib. Assembleare 27 febbraio 2004, in relazione ai “lavori chiusura scale” e alla “cessione in utilizzo al condomino RAI – Radio Televisione Italiana S.p.a. del terrazzo condominiale dietro pagamento di corrispettivo”, nonchè per l’incompletezza dell’ordine del giorno e la mancanza del necessario quorum deliberativo. Gli attori dedussero altresì l’invalidità di successiva Delib. 10 maggio 2004, per non aver riportato nel consuntivo 2002/2003 e nel preventivo 2003/2004 le somme dovute dall’edificio (OMISSIS), per non aver imputato a debito dei condomini le somme dovute per lavori eseguiti senza tener conto di quelle già versate, per l’ingiustificato addebito a V.G. della somma di Euro 3.544,86, per l’omessa convocazione di T.A., per aver imputato a carico di quest’ultima le spese per il consumo idrico e di riscaldamento e per averle addebitato spese personali per Euro 112,07.

Con sentenza del 21 febbraio 2008, il Tribunale di Roma, superate le questioni preliminari e pregiudiziali, annullò la Delib. 27 febbraio 2004, per mancanza del quorum quanto alla cessione in uso alla RAI S.p.a. del terrazzo, pur ritenendo valido il contratto di locazione; il Tribunale annullò altresì la Delib. 10 maggio 2004, limitatamente agli addebiti a carico di V.G. della somma di Euro 3.544,86 ed a carico di T.A. di quella di Euro 112,07.

Avverso la sentenza di primo grado, propose appello T.A., la quale (dopo aver dedotto che la materia del contendere fosse cessata in relazione alle eccezioni per il mancato computo delle somme dovute dall’edificio (OMISSIS) nel consuntivo 2003 ed alle somme indebitamente addebitate a V.G. per Euro 3.544,86 ed a lei per Euro 112,07 in quanto regolarizzate), lamentò, per quanto qui ancora rilevi, l’erroneità del rigetto dell’impugnazione della Delib. 10 maggio 2004, in relazione all’addebito a suo carico delle spese di consumo idrico e di riscaldamento, nonostante nel periodo di riferimento, oggetto della ripartizione, l’appellante T.A. non avesse avuto consumi d’acqua e si fosse già distaccata dal riscaldamento centralizzato.

Si costituirono nel giudizio di gravame gli appellati Condominio (OMISSIS) e RAI S.p.a., intervenne T.T., già attrice in primo grado, per dare adesione all’appello di T.A. e rimase contumace V.G..

La Corte di Roma rigettò l’appello, ed in particolare il terzo motivo dell’atto di impugnazione, osservando come le previsioni nn. 12 I a e 12 I e del vigente Regolamento di condominio stabilissero criteri convenzionali di ripartizione delle spese per il servizio idrico e per il servizio di riscaldamento, restando perciò irrilevanti le deduzioni dell’appellante circa l’installazione di un contatore per la misurazione dei consumi d’acqua, nonchè circa l’avvenuto distacco dell’unità immobiliare di proprietà di T.A. dall’impianto di riscaldamento centralizzato. Ciò, si legge nella sentenza impugnata, “almeno fino a quando non si sia proceduto alla modifica del regolamento e delle tabelle millesimali con le maggioranze richieste, anche in relazione a quanto previsto per gli impianti di riscaldamento dalla L. n. 10 del 1991, ma tale materia è estranea all’oggetto del presente giudizio e richiederebbe per altro l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. Bene ha fatto il Tribunale a non ammettere la prova richiesta sul punto”.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Va dapprima valutata l’eccezione del ricorrente in ordine alla mancata notifica del controricorso. Invero, il controricorso è stato affidato il 4 settembre 2015 al servizio postale per la notifica alla ricorrente nel domicilio eletto. La notifica tuttavia non è andata a buon fine mediante consegna alla destinataria per irreperibilità della stessa, come da avviso dell’8 settembre 2015. In data 3 ottobre 2016 il difensore del Condominio (OMISSIS) ha depositato istanza con cui chiedeva di esser autorizzato all’eventuale rinnovo della notifica. Opera tuttavia il principio secondo cui, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa, neppure costituendo circostanza idonea a consentire il superamento del detto limite temporale il deposito di una istanza – peraltro operata nella specie a distanza di oltre un anno dalla tentata notifica – per ottenere la riapertura dei termini (Cass. Sez. 6 – 3, 09/08/2018, n. 20700; Cass. Sez. 6 – 3, 31/07/2017, n. 19059; Cass. Sez. U, 15/07/2016, n. 14594). Non sussistendo perciò la prova della ritualità e tempestività della notificazione del controricorso, quest’ultimo deve ritenersi inammissibile e non possono essere riconosciute le relative spese al controricorrente. Trattandosi, peraltro, di ricorso depositato prima del 30 ottobre 2016, per il quale è stata fissata adunanza camerale ex art. 380-bis.1 c.p.c., va ritenuta ammissibile la memoria depositata dall’intimato pur in mancanza di controricorso notificato nei termini di legge, in applicazione dell’art. 1 del Protocollo di intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le Sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio Nazionale Forense, l’Avvocatura generale dello Stato e la Corte di cassazione (cfr. Cass. Sez. 2, 14/05/2019, n. 12803).

Sono poi inammissibili le produzioni documentali effettuate dal ricorrente con nota datata 22 marzo 2019, essendo preclusa nel procedimento di cassazione, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 1, la produzione di documenti tendenti a dimostrare la fondatezza dei motivi di ricorso ovvero circostanze di fatto sopravvenute, salvo che siano diretti ad evidenziare la cassazione della materia del contendere (cfr. Cass. Sez. 1, 26/09/1996, n. 8499).

I. Il primo motivo di ricorso di T.A. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., n. 3, art. 1118 c.c., u.c. e art. 1123 c.c., comma 2, nonchè del “diritto vivente consolidato in tema di addebito delle spese per consumo in caso di distacco del condominio dall’impianto centralizzato di riscaldamento”. A sostegno di tale censura, la ricorrente specifica che il distacco della propria unità immobiliare dall’impianto centralizzato di riscaldamento era stato “accertato con atto pubblico”, nonchè verificato da una CTU resa in altro giudizio tra le parti. Stando alle risultanze di tale CTU, il distacco dell’impianto di riscaldamento era avvenuto nel 2001 “in maniera regolare” ed era stato altresì installato un contatore individuale per il rilevamento dei consumi d’acqua. Si evidenzia che le opere effettuate dalla ricorrente non avessero riguardato l’impianto comune ma solo le diramazioni individuali, ovvero i radiatori e l’impianto idrico dell’appartamento di sua proprietà.

Col secondo motivo di ricorso si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e la violazione dell’art. 115 c.p.c., avendo errato la Corte di appello nel ritenere corretta l’esclusione, operata da parte del Tribunale, della possibilità di provare l’avvenuto distacco dell’unità immobiliare, “fatto storico” invece provato sia tramite atto pubblico, sia tramite CTU resa inter partes in altro giudizio.

Il terzo motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di decidere sulla domanda di accertamento volta a conseguire la determinazione dell’importo dovuto dalla ricorrente per spese di riscaldamento nel periodo considerato dal bilancio impugnato.

II. Va premesso che il ricorso per cassazione è stato proposto soltanto da T.A. nei confronti del Condominio (OMISSIS). Erano stati tuttavia parte dei pregressi gradi di merito del giudizio, ed in particolare attori in primo grado, come emerge dalla sentenza impugnata, altresì V.G. e T.T.. Secondo unanime orientamento di questa Corte, l’impugnazione di una Delib. assembleare di condominio determina fra i condomini che siano stati parte del giudizio una situazione di litisconsorzio processuale, sicchè, ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga impugnata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice del gravame deve disporre, ex art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile (da ultimo, Cass. Sez. 2, 26/09/2017, n. 22370). In ogni modo, nel caso in esame, la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, deve ritenersi superflua, in quanto il ricorso appare “prima facie” infondato, e l’integrazione del contraddittorio si rivela, perciò, attività del tutto ininfluente sull’esito del procedimento (Cass. Sez. U, 23/09/2013, n. 21670).

III. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano inammissibili per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, atteso che le censure denunciano la violazione di norme di diritto o l’omesso esame di fatti privi di riferibilità alla “ratio decidendi” della sentenza impugnata.

La Corte d’appello di Roma, a proposito del terzo motivo dell’atto di gravame di T.A., affermò che la deliberazione assembleare del 10 maggio 2004 avesse correttamente ripartito le spese del consumo idrico e del riscaldamento alla stregua delle previsioni nn. 12 I a e 12 I e del Regolamento di condominio contrattuale, ritenendo perciò irrilevanti, avuto riguardo a detta disciplina pattizia, l’avvenuta installazione di un contatore per la misurazione dei consumi d’acqua, come il distacco dell’unità immobiliare di proprietà di T.A. dall’impianto di riscaldamento centralizzato. I tre motivi di ricorso, invece, si fondano proprio su tali circostanze fattuali ritenute irrilevanti dai giudici di appello, quali l’avvenuto distacco dal riscaldamento centralizzato e l’installazione del contatore idrico. La ricorrente non considera come, pur in ipotesi di rinuncia o distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, è comunque valida la clausola del regolamento contrattuale che ponga a carico del condomino rinunciante o distaccatosi l’obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione, potendo i condomini regolare, mediante convenzione espressa, adottata all’unanimità, il contenuto dei loro diritti ed obblighi e, dunque, ferma l’indisponibilità del diritto al distacco, suddividere le spese relative all’impianto anche in deroga agli artt. 1123 e 1118 c.c., a ciò non ostando alcun vincolo pubblicistico di distribuzione di tali oneri condominiali dettato dall’esigenza dell’uso razionale delle risorse energetiche e del miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale (Cass. Sez. 6 – 2, 18/05/2017, n. 12580; Cass. Sez. 2, 02/11/2018, n. 28051). Così come è valida la convenzione contenuta in un regolamento contrattuale di condominio in ordine alla ripartizione delle spese della bolletta dell’acqua, potendo una tale convenzione essere poi modificata solo all’unanimità da tutti i condomini, e non soltanto per effetto della installazione di un contatore di sottrazione in una singola unità immobiliare (arg. da Cass. Sez. 2, 01/08/2014, n. 17557). La Corte d’appello aveva così affermato la legittimità della deliberazione assembleare del 10 maggio 2004 in ordine alle spese del consumo idrico e del riscaldamento, in quanto ricettiva di apposite clausole del regolamento contrattuale, clausole la cui esistenza ed il cui contenuto i tre motivi di ricorso neppure confutano. Dalla ritenuta validità della ripartizione delle spese operata alla stregua della disciplina convenzionale contenuta nel regolamento convenzionale discendeva pure la statuizione implicita di rigetto della domanda di rideterminazione dell’importo dovuto dalla ricorrente, oggetto del terzo motivo di ricorso.

IV. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente a rimborsare al controricorrente Condominio le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020

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