Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30598 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. III, 27/11/2018, (ud. 09/05/2018, dep. 27/11/2018), n.30598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22386-2016 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CORTINA D’AMPEZZO 170, presso lo studio dell’avvocato MILITERNI

STUDIO LEGALE ASSOCIATO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUCIO

MILITERNI, GIANLUCA MILITERNI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCO POPOLARE SOC COOP ARL, in persona del procuratore,

L.S., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIA BIANCHINI giusta procura in calce al

controricorso;

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PLESTRO N.

56, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FATICA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO NERI giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

D.B.V.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 154/2016 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 16/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/05/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16/6/2016 la Corte d’Appello di Campobasso, quale giudice del rinvio disposto da Cass. n. 14091 del 2011, dichiarata inammissibile la domanda proposta nei confronti della società Banco Popolare Coop. e del sig. D.B.V., in accoglimento del gravame interposto dal sig. R.R. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Campobasso n. 94/02, ha rigettato la domanda nei confronti del medesimo proposta dal sig. F.M. di condanna al pagamento di somma a titolo di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza della tardiva trascrizione, nella sua qualità di notaio, di atto di compravendita di un appartamento e di un garage, gravati da pignoramento trascritto in data 20/6/1992 a favore dell’allora Banco di Santo Spirito le cui formalità erano giusta dichiarazione del venditore sig. D.B.V. all’epoca già in corso di cancellazione a sua cura e spese presso la Conservatoria dei registri immobiliari, nonchè da altri crediti vantati dall’intervenuto Credito Molisano e da altro creditore del predetto D.B..

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il F. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi la società Banco Popolare Coop. e il R., il quale ultimo ha presentato anche memoria.

L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1176,1218,1223,1225,2671,2697 e 2913 c.c., art. 132 c.p.c., art. 384 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omesso esame” di fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1176,1218,1223,1225,2671,2697 e 2913 c.c., art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omesso esame” di fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il 3 motivo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 132,287,384,392, 392 bis, 393 e 394 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omesso esame” di fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che il requisito – a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – della sommaria esposizione dei fatti di causa non risulta invero soddisfatto allorquando come nella specie vengano nel ricorso pedissequamente riprodotti (in tutto o in parte) atti e documenti del giudizio di merito (nel caso, la sentenza impugnata), in contrasto con lo scopo della disposizione di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (v. Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità (cfr. Cass., 8/5/2012, n. 6909), con eliminazione del “troppo e del vano”, non potendo gravarsi questa Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare (v. Cass., 25/09/2012, n.16254; Cass.,16/2/2012, n. 2223; Cass., 12/9/2011, n. 18646; Cass., 22/10/2010, n. 21779; Cass., 23/6/2010, n. 15180; Cass., 18/9/2009, n.20093; Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), sicchè il ricorrente è al riguardo tenuto a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quali richiede l’intervento di nomofilachia o di critica logica da parte della Corte Suprema (v. Cass., Sez. Un., 11/4/2012, n. 5698), il che distingue il ricorso di legittimità dalle impugnazioni di merito (v. Cass., 23/6/2010, n. 15180).

Va al riguardo ulteriormente sottolineato che la soluzione di fare come nella specie rinvio per la sommaria esposizione del fatto all’impugnata sentenza non esime in ogni caso il ricorrente dall’osservanza del requisito richiesto a pena di inammissibilità – ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento de relato ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione del 12-15/06/1998″, all’atto di compravendita immobiliare “stipulato dal notaio R.R. in data 6/02/1993 e trascritto il 05/03/1993″, all'”atto di pignoramento trascritto in data 20/06/1992 a favore dell’allora Banco di Santo Spirito”, alla “dichiarazione del venditore che per tali formalità era già in corso la cancellazione presso la conservatoria dei Registri Immobiliari a sua cura e spese”, all'”esecuzione immobiliare n. (OMISSIS) R.G.E.”, all'”intervento nell’esecuzione” dell'”allora Credito Molisano”, all'”istanza di vendita in data 11/07/1992″, alla “comunicazione al debitore escusso in data 4/11/1992 di essere stato soddisfatto di ogni suo credito, impegnandosi a depositare formale rinunzia alla esecuzione intrapresa”, alla comunicazione del Credito Molisano “in data 29/01/1993… di cancellare l’ipoteca iscritta a suo favore a seguito dell’integrale pagamento del proprio credito da parte del D.B.”, all’intervento in data 24/2/1993 nell’esecuzione di “un altro creditore del D.B.”, alla fissazione “per la data del 16/03/1993” della “vendita dei beni pignorati e venduti ad esso F.”, alla rinunzia del Credito Molisano “agli atti esecutivi… in data 21/03/1995”, al pagamento di “Lire 82.000.000 per la conversione del pignoramento e per liberare i beni acquistati dal pignoramento stesso, poi… liberati a seguito di apposita ordinanza ex art. 495 c.p.c. emessa il 04/05/1997 del G.E.”, alla sentenza del giudice di prime cure, agli atti di appello, alla “dichiarazione del venditore relativa alla cancellazione delle formalità pregiudizievoli”, all'”atto di compravendita per cui è causa del 6.2.1993″, ad “altri due atti di compravendita stipulati il 25.2.1994 ed il 25.9.2000”) limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

A tale stregua, risulta invero non idoneamente censurato l’accertamento operato dai giudici di merito nell’impugnata sentenza, in base al quale è rimasta esclusa la dedotta responsabilità del notaio R. per tardiva trascrizione dell’atto di vendita de quo.

Non può al riguardo d’altro canto sottacersi, con particolare riferimento al 1 e al 2 motivo, come risulti a tale stregua dal ricorrente inidoneamente censurata in particolare la ratio decidendi secondo cui nella specie “il pignoramento pregiudizievole, lungi dall’essere stato reso possibile dalla ritardata trascrizione dell’atto di acquisto, era invece allo stesso dichiaratamente preesistente”.

Va infine posto in rilievo come il ricorrente deduca altresì doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omesso e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Il ricorrente inammissibilmente prospetta in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonchè una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti società Banco Popolare Coop. e R., seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altro intimato, non avendo il medesimo svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti società Banco Popolare Coop. e R..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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