Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30595 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.A.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PREFETTI 17, presso lo studio dell’avvocato SARCI

FILIPPO – STUDIO VASSALLI, rappresentata e difesa dall’avvocato

SEMINARA PAOLO;

– ricorrente –

contro

M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1212/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 08/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato PANTALANI Stefano, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SEMINARA Paolo, difensore del ricorrente che ha chiesto

accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT.

CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 13/3/1998 S.A.M. conveniva in giudizio M.G. chiedendo l’annullamento per dolo omissivo di un contratto di vendita di azienda stipulato circa tre anni prima (precisamente in data 10/7/1995), oltre alla restituzione del prezzo e al risarcimento dei danni; in subordine ne chiedeva la risoluzione per difetto delle qualità essenziali o per inadempimento della venditrice, ma questa domanda, ritenuta assorbita dal giudice di primo grado che aveva accolto la domanda principale, non era stata riproposta nel grado di appello e il giudice del gravame l’aveva ritenuta non esaminabile con statuizione che non ha formato oggetto di ricorso.

L’attrice assumeva di avere acquistato per L. 65 milioni (di cui 15 milioni per avviamento) un’azienda esercente attività di ristorazione, munita di regolare licenza di pubblico esercizio, ma che la voltura dell’autorizzazione commerciale le era stata negata dal Comune perchè, a suo dire, mancava la prova del carattere continuativo del pregresso esercizio di impresa; aggiungeva di avere successivamente appreso che l’attività in precedenza era stata temporaneamente sospesa, che i locali erano privi di agibilità e che mancava il nulla osta igienico sanitario, non ottenibile per mancanza dei requisiti strutturali di altezza minima e per il mancato adeguamento del locale alla disciplina sulla rimozione delle barriere architettoniche; deduceva che il silenzio della venditrice sulle condizioni strutturali e giuridiche dell’azienda integrava gli estremi del dolo omissivo rilevante per l’annullamento.

Si costituiva la M. chiedendo il rigetto delle domande attrici ed assumendo:

– che alla S. non era stata intestata la licenza perchè non iscritta nel registro degli esercenti il commercio, che l’attrice era a conoscenza del precedente sequestro, che 1’impossibilità degli adeguamenti strutturali dipendevano da nuova regolamentazione che comunque la mera reticenza non integrava gli estremi del dolo contrattuale.

Con sentenza del 29/11/2001 l’adito Tribunale annullava il contratto e condannava la M. alla restituzione del prezzo oltre interessi.

Proposto gravame da parte della M. cui resisteva la S. che proponeva appello incidentale per il risarcimento dei danni, la Corte di Appello di Palermo con sentenza dell’8/10/2005 in riforma della sentenza appellata, rigettava la domanda di annullamento del contratto per dolo. La Corte Territoriale riteneva insussistente il dolo – perchè il mero silenzio e la reticenza non avevano determinato alcuna immutazione della realtà e non si erano inseriti in un comportamento adeguatamente preordinato all’inganno – perchè le condizioni strutturali dell’immobile (che non consentivano il rilascio del nulla osta igienico-sanitario) erano direttamente percepibili dalla compratrice perchè il dichiarato consenso alla voltura delle “autorizzazioni e licenze amministrative alla stessa concesse” non faceva riferimento al nulla osta igienico e sanitario.

Per la cassazione di tale sentenza la S. ha proposto un ricorso affidato ad un motivo. La M. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo l’impugnante denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1439 cod. civ. e il vizio di motivazione per non avere il giudice di merito ritenuto viziato di dolo il contratto.

La ricorrente, in sintesi, afferma che:

qualora avesse avuto conoscenza delle condizioni dell’azienda e della mancanza del nulla osta igienico-sanitario non l’avrebbe acquistata;

dalla percezione delle condizioni strutturali dell’immobile non avrebbe potuto desumere il diniego del rilascio del nulla osta igienico – sanitario;

non era tenuta ad attivarsi per reperire quelle informazioni che la venditrice era invece tenuta a fornirle;

– dall’istruttoria era emerso che la M. le aveva prospettato la cessione di un azienda funzionante inducendola nell’erroneo convincimento della regolarità amministrativa e dell’idoneità dei locali.

il nulla osta sanitario era indispensabile per realizzare l’effetto cui era preordinato l’acquisto dell’azienda e il silenzio, corredato dalla dichiarata disponibilità a consentire le volture doveva essere considerato maliziosamente e intenzionalmente diretto a lucrare vantaggi patrimoniali vendendo “una scatola vuota”.

2. Il motivo è inammissibile perchè, da un lato, argomenta sulla rilevanza dell’errore in cui essa ricorrente sarebbe incorsa quando la circostanza, nella specie, non è rilevante posto che il giudice di appello non dubita della rilevanza dell’errore o dell’importanza dell’autorizzazione igienico sanitaria, ma esclude la sussistenza del dolo che secondo la norma è integrato dalla realizzazione di raggiri; per altro verso, la censura si risolve in una critica della valutazione di merito sull’idoneità degli elementi di fatto acquisiti in atti a integrare gli estremi del dolo, mentre il giudice di appello in punto di fatto ha adeguatamente motivato il suo convincimento e in punto di diritto e di interpretazione della norma ha fatto precisa e puntuale applicazione dei principi ripetutamente affermati da questa Corte.

Ed infatti la Corte territoriale, conformemente ai principi, ha rilevato, preliminarmente, che nessuna falsa rappresentazione della realtà era stata indotta nella S., la quale, anzi, aveva potuto rendersi conto delle condizioni strutturali dell’immobile e che il dichiarato consenso alla volturazione delle autorizzazione e licenze in suo possesso non ingenerava un convincimento circa l’autorizzazione igienico-sanitaria.

Nella motivazione il giudice di appello si è inoltre conformato ai principi per i quali:

il dolus malus ricorre solo se, tenuto conto delle circostanze di fatto e delle qualità e condizioni dell’altra parte, il mendacio sia accompagnato da malizie e astuzie volte a realizzare l’inganno voluto e idonee in concreto a sorprendere una persona di normale diligenza (Cass. 19 luglio 2007, n. 16031) e il silenzio della parte contraente rileva solo quando si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia od astuzia, a realizzare l’inganno; tutte queste circostanze e condizioni nella specie sono state escluse;

il semplice silenzio, anche su situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione di essa alla quale sia pervenuto l’altro contraente, non costituiscono causa invalidante del contratto (Cass. 18/10/1991 n. 11038; Cass. 11/10/1994 n. 8295; Cass. 12/2/2003 n. 2104; Cass. 20/4/2006 n. 9253);

– la previsione dell’annullabilità del contratto per dolo è diretta a realizzare la protezione della parte ingannata solo se sussiste la condizione che da fondamento etico alla tutela della buona fede:

l’assenza di negligenza o di colpevole ignoranza in chi se ne proclami vittima, in applicazione del noto brocardo per cui errantibus, non dormientibus iura succurrunt.

Orbene, nella fattispecie il giudice di appello, con congrua motivazione, ha rilevato che alla mera reticenza non si era accompagnato un comportamento idoneo ad indurre in errore.

D’altra parte, a fronte della mala fede del venditore che taccia i vizi della cosa, indipendentemente dall’esistenza dei raggiri che sono necessari ad integrare il dolo, il contraente non è privo di tutela essendo previsto lo specifico rimedio risolutorio ex art. 1490 c.c. e l’inefficacia del patto con il quale si esclude o si limita la garanzia.

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato senza condanna alle spese in considerazione della mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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