Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30591 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/11/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 22/11/2019), n.30591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4676-2018 proposto da:

M.N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SNC DI N.N. E Z.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1459/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza del tribunale di Piacenza con la quale è stata ritenuta la revocabilità ai sensi della L. Fall., ex art. 67, comma 2, del pagamento effettuato dalla s.n.c. (OMISSIS), dichiarata fallita, in favore dell’avv. M.N.F., relativo a parcelle professionali.

A sostegno della decisione per quel che ancora interessa è stato affermato che il convincimento del giudice di primo grado si è fondato sulla mancata contestazione da parte dell’avv. M. dell’effettiva conoscenza da parte sua dello stato di decozione della società al momento del pagamento. Questo profilo non è stato censurato secondo la Corte d’Appello in quanto l’appellante sì è limitato a rilevare che la scientia decoctionis si sarebbe fondata soltanto sulla sua qualità di difensore. Egli tuttavia non ha mai espressamente affermato di non essere a conoscenza di tale condizione. In relazione alla non revocabilità del pagamento è stato affermato che i servizi resi dagli avvocati sono esclusi dalle fattispecie disciplinate dall’art. 67, comma 3, lett. a) ed f), come desumibile dalla successiva lettera g) che esclude dalla revocatoria soltanto l’attività difensiva prestata per l’accesso al concordato.

Ha proposto ricorso per cassazione l’avv. M. con due motivi. Non ha svolto difese la parte intimata.

Deve preliminarmente osservarsi che il ricorrente risulta essere stato sospeso dall’esercizio della professione con provvedimento definitivo del CNF del 29 luglio 2019, come risulta da atto di riassunzione depositato da altro legale munito di procura rilasciata dal ricorrente il 30 ottobre 2019.

Ritiene il Collegio che l’istanza di riassunzione non meriti accoglimento, non operando nel processo di cassazione le cause di interruzione o sospensione operanti nel processo di merito, non in particolare quella relativa alla sospensione disciplinare dell’unico difensore dall’esercizio della professione (tra tante: sez.6 n. 14901/15). In tali ipotesi la Corte, se tempestivamente informata (S.U. 477 del 2006), può differire l’udienza/adunanza sempre che tra il verificarsi dell’evento riguardante il difensore e la data dell’udienza/adunanza non sia trascorso del tempo che ben avrebbe consentito alla parte munirsi di altro difensore (sez.1 n. 21608/13). Nella specie, risulta: a) che il decreto di fissazione della adunanza al 13.9.19 è stato validamente notificato al M. (difensore di sè stesso) il 19.7.19, quindi 10 giorni prima del provvedimento del CNF che ha confermato la sua sospensione per mesi sei dall’esercizio della professione; b) che il termine per depositare la memoria difensiva di cui all’art. 378 c.p.c. scadeva l’8 settembre 2019; c) che il predetto ben avrebbe potuto attivarsi per la nomina di altro difensore nel tempo trascorso tra il 29 luglio e l’8 settembre, avendo peraltro omesso anche di depositare una richiesta di rinvio della adunanza prima della data fissata.

Nel primo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione alla scientia decoctionis, consistente nel fatto che il fallimento non ha fornito alcun riscontro probatorio della conoscenza dello stato di decozione della società fallenda da parte del ricorrente. Al riguardo non è stato fornito alcun indizio salvo lo svolgimento dell’attività di avvocato da parte del creditore. La Corte d’Appello non ha considerato che l’onus probandi della conoscenza delle condizioni di dissesto è a carico del fallimento.

Al riguardo il ricorrente precisa di aver ampiamente contestato la mancanza di scientia decoctionis richiamando i rapporti come concretamente intervenuti tra le parti. Non può, pertanto, valere il rilievo di non aver mai affermato di non essere a conoscenza del predetto stato di dissesto della società.

Nel secondo motivo viene dedotto il vizio di omessa motivazione per avere la Corte d’Appello riprodotto esclusivamente le argomentazioni della sentenza di primo grado.

Il primo motivo è manifestamente infondato. La censura ha ad oggetto l’errata applicazione del regime dell’onus probandi nella specie da parte della Corte d’Appello. Deve, tuttavia, rilevarsi che la ratio della decisione non risiede nell’individuazione del soggetto onerato della prova della scientia decoctionis ma, al contrario, sulla mancata contestazione della conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del creditore. Tale accertamento esonera il gravato dall’onere della prova del fatto non contestato e, conseguentemente, priva di rilievo, nella specie, il regime giuridico dell’onus probandi astrattamente applicabile. Ne consegue il sostanziale difetto di pertinenza della censura, non sanato dal generico richiamo all’ampia illustrazione dei rapporti tra le parti, non essendo stato specificamente precisato come e dove era stata dedotta od affermata la mancanza di conoscenza dello stato d’insolvenza. Pertanto la corte d’Appello ha correttamente applicato l’art. 115 c.p.c. nella parte in cui prescrive che il giudice debba porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. Il motivo di ricorso non ha superato la accertata omessa specifica contestazione della scientia decoctionis. Peraltro la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che “Nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della “relevatio ad onere probandi”, spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte. (ex multis, Cass. 3680 del 2019).

Il secondo motivo è radicalmente generico, limitandosi a censurare il richiamo, certamente non illegittimo, alla motivazione della pronuncia di primo grado senza precisare in relazione a quali profili ciò abbia determinato omissioni rilevanti nella giustificazione argomentativa della decisione.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato. In mancanza di difese della parte intimata non deve procedersi alla statuizione sulle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Sussistono le condizioni processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto il contributo di cui all’art. 13, comma 1.

Così deciso in Roma, all’esito della riconvocazione della Camera di consiglio, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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