Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30580 del 28/10/2021

Cassazione civile sez. un., 28/10/2021, (ud. 12/10/2021, dep. 28/10/2021), n.30580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso R.g. n. 26797/2019 proposto da:

GRUPPO GAMMA S.r.l., in proprio e quale mandataria del RTI costituito

con la Sikelia Iniziative S.r.l (mandante), in persona

dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via In Arcione 71, presso lo

studio dell’avvocato Nicola PALOMBI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIA, e ASSESSORATO REGIONALE AL TURISMO,

COMUNICAZIONI E TRASPORTI DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dei

rispettivi rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in

Roma, Via dei Portoghesi 12, presso gli uffici dell’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 239/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 04/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2021 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con ricorso monitorio, accolto dal Tribunale di Palermo con decreto ingiuntivo, notificato in data 8 ottobre 2010, la Gruppo Gamma s.r.l., quale mandataria del R.T.I., chiese nei confronti della Presidenza della Regione Siciliana e dell’Assessorato regionale al Turismo, Comunicazioni e Trasporti della Regione Siciliana l’accertamento del proprio diritto di credito di Euro 556.530,81, oltre accessori, a titolo di pagamento delle prestazioni rese in forza del contratto di appalto di servizi, avente ad oggetto la progettazione e l’allestimento di uno stand istituzionale per la partecipazione della Regione alla (OMISSIS) nelle edizioni dal (OMISSIS), con la condanna della p.a. al relativo pagamento.

2. – Nel costituirsi nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, la società ha insistito in primis in tale domanda, atteso che – nonostante il sopravvenuto annullamento in autotutela dell’aggiudicazione avvenuto con provvedimento del 31 ottobre 2010 ad opera della Regione Siciliana, avendo accertato l’esistenza della causa di esclusione dalla gara costituita dal rinvio a giudizio del legale rappresentante di una delle società mandanti per truffa ai danni dell’assessorato – quanto al primo anno l’esponente aveva regolarmente svolto il servizio senza contestazioni di nessun tipo da parte della committente.

La società opposta, pertanto, ha chiesto il rigetto dell’opposizione, con la conferma del decreto ingiuntivo; in subordine, la condanna dell’Assessorato regionale al pagamento della detta somma; in ulteriore subordine, l’accertamento della nullità o inefficacia dell’art. 12 del contratto concluso tra le parti in data 8 febbraio 2008 (secondo cui, in caso di accertamento di una causa impeditiva alla partecipazione ai pubblici incanti, “nessun compenso sarà dovuto all’aggiudicatario anche per le prestazioni già rese”), o, qualora reputata clausola penale, la riduzione ex art. 1384 c.c.; in via ancor più gradata, la condanna al pagamento in proprio favore di un indennizzo a titolo di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. nella misura di Euro 748.094,99.

Con sentenza del 2 febbraio 2013, n. 1085, il Tribunale di Palermo ha dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo sulle domande proposte.

3. – L’impugnazione di tale decisione è stata respinta dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 4 febbraio 2019, n. 239.

La corte territoriale ha rilevato che la pretesa al corrispettivo delle prestazioni eseguite ha titolo nel contratto concluso con la p.a., ma questo è stato dalla stessa dichiarato nullo o, comunque, risolto, in ragione dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione, avvenuto in data 31 ottobre 2008, dopo che la p.a. ha accertato l’esistenza della causa di esclusione dalla gara, costituita dal rinvio a giudizio del legale rappresentante di una delle società mandanti del R.T.I., per il reato di truffa ai danni del medesimo assessorato.

Avendo la p.a. disposto l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione, con conseguente nullità o comunque risoluzione del contratto in forza della clausola 12 menzionata, e dovendosi applicare il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici), nel regime anteriore al D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, la corte del merito ha concluso per la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non si tratta della mera esplicazione di un potere contrattuale, ma dell’esercizio di un potere autoritativo della p.a. a fronte della quale si pone una posizione di mero interesse legittimo.

4. – Avverso questa sentenza è proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, dalla Gruppo Gamma s.r.l. contro la Presidenza della Regione Siciliana e l’Assessorato regionale al Turismo, Comunicazioni e Trasporti della Regione Siciliana.

Si difendono gli intimati con controricorso.

Il P.G. ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.

Le parti hanno depositato le memorie di cui all’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, per avere essa affermato la giurisdizione del giudice amministrativo, in violazione degli artt. 97,103 e 113 Cost., art. 2041 c.c., artt. 1,37 e 41 c.p.c., artt. 7 e 133 cod. proc. amm., L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 21-quinquies e 21-nomes perché nessuna caducazione automatica ha colpito il contratto inter partes a seguito all’annullamento di ufficio del provvedimento di aggiudicazione della gara, restando il contratto in vita ed idoneo a spiegare i suoi effetti civilistici: infatti, la caducazione del negozio deve essere chiesta al giudice, come nella specie non avvenuto ed avendo, invece, il contratto avuto esecuzione per la prima delle tre annualità previste.

La stessa p.a., con la sua nota del 20 maggio 2008, ha dichiarato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, di cui all’art. 12 del contratto di appalto, ciò motivando in ragione del rinvio a giudizio del legale rappresentante di una società facente parte del R.T.I. (peraltro, assolto per non avere commesso il fatto con sentenza del Tribunale di Palermo del 10 gennaio 2013) e solo dopo la notificazione del decreto ingiuntivo ha provveduto all’annullamento d’ufficio, confermando comunque di ritenere applicabile l’art. 12 citato.

La domanda proposta dal privato non attiene alla legittimità dell’atto di autotutela, ma semplicemente alla condanna di controparte al pagamento di quanto negozialmente pattuito in forza della parziale esecuzione del contratto di appalto di servizi, avvenuta senza contestazioni e con piena soddisfazione della committente; né innanzi al giudice ordinario, né innanzi al T.a.r. per la Sicilia, nel giudizio intrapreso dalla medesima società e poi estintosi per perenzione e mancanza di interesse al suo proseguimento, a Gruppo Gamma s.r.l. o la Regione Siciliana hanno mai chiesto al giudice amministrativo di pronunziarsi sulle sorti del contratto, dato che esso aveva già avuto parziale esecuzione, con l’espletamento del servizio per la prima delle tre annualità pattuite.

Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, per avere essa affermato la giurisdizione del giudice amministrativo, in violazione degli artt. 97,103 e 113 Cost., art. 2041 c.c., artt. 1,37 e 41 c.p.c., artt. 7 e 133 cod. proc. amm., L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 21-quinquies e 21-nonies perché, almeno con riguardo alle domande di invalidità dell’art. 12 del contratto e di pagamento delle prestazioni già eseguite, anche a titolo di arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 c.c., ha errato la corte territoriale nel negare la giurisdizione del giudice ordinario: posto che, anche volendo considerare che l’auto-annullamento del provvedimento amministrativo abbia comportato la caducazione del contratto, questo resterebbe idoneo a sorreggere il diritto soggettivo al pagamento di quanto già regolarmente eseguito, ai sensi dell’art. 1458 c.c.

Tra l’altro, ove il contratto fosse stato davvero automaticamente caducato dall’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione, allora la p.a. mai avrebbe potuto avvalersi dell’art. 12 del medesimo, con conseguente perdurante obbligo di corrispondere al privato il dovuto: questione sulla quale non può che pronunciare il giudice ordinario.

2. – I due motivi, strettamente connessi, vanno trattati congiuntamente e sono fondati.

2.1. – La sentenza impugnata ha ritenuto esercitato il potere in autotutela della p.a., di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 38, comma 1, lett. f), Codice degli appalti, applicabile alla presente controversia, il quale dispone che può essere escluso dalla gara il soggetto che abbia commesso “grave negligenza o malafede” nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla staziona appaltante, o “errore grave nell’esercizio della loro attività professionale”.

Con riguardo al rapporto tra annullamento giudiziale dell’aggiudicazione e sorte del contratto ad evidenza pubblica sulla base di essa concluso, le parti hanno richiamato – pur reputandolo non applicabile ratione temporis – il disposto del D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, art. 7 di attuazione della direttiva 2007/66/CE dell’11 luglio 2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio (c.d. direttiva ricorsi), il quale ha aggiunto al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244 l’inciso seguente: “La giurisdizione esclusiva si estende alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione e alle sanzioni alternative”.

Dal suo canto, il D.Lgs. n. 53 del 2010, art. 9 ha introdotto il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 245-bis il quale attribuisce al giudice, che annulla il provvedimento di aggiudicazione definitiva, il potere in sede di giurisdizione esclusiva di definire la sorte del contratto concluso tra la stazione appaltante e l’aggiudicatario, decidendo se tale contratto conservi i suoi effetti.

Tale disciplina è ora trasposta nell’art. 121 c.p.a. e ss. e art. 133 c.p.a., comma 1, lett. e).

L’annullamento del provvedimento in sede giurisdizionale comporta, pertanto, le conseguenze previste dagli artt. 120-125 cod. proc. amm.: la cui caratteristica saliente sta nell’attribuzione al giudice del potere di stabilire la sorte del contratto, pur a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione, dunque con la possibilità della perdurante efficacia del medesimo. All’interno di tale bilanciamento rientra anche la scelta, ove il g.a. si pronunci per l’inefficacia del contratto, di fissare la decorrenza di tale inefficacia, se retroattiva o no (per tali concetti, cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. III, ord. 7 gennaio 2013, n. 25, di rimessione alla Corte UE; Cons. Stato, Sez. V, 1 ottobre 2015, n. 4585; Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2014, n. 5478; Cons. Stato, sez. III, 25 giugno 2013, n. 3437).

Nel sistema attuale, l’ordinamento ha dunque prescelto la generica sanzione della “inefficacia” del contratto stipulato in esito ad un’aggiudicazione invalida, da dichiararsi ad opera del giudice amministrativo, pur sempre lasciando ampi spazi alla efficacia e non retroattività di quegli effetti. Dunque, si è senz’altro esclusa, quale regola, la soluzione della caducazione automatica del contratto come conseguenza dell’annullamento, in sede giurisdizionale, dell’aggiudicazione, ritenuta evidentemente dal legislatore avere il limite della eccessiva rigidità, ove si fosse configurata la privazione degli effetti del contratto come una conseguenza sempre necessaria dell’annullamento dell’aggiudicazione, senza distinguere a seconda del tipo e della gravità della violazione in cui fosse incorsa la stazione appaltante, dello stato di avanzamento dell’esecuzione del contratto, della buona o mala fede del terzo aggiudicatario.

E tali distinguo dimostrano come il vizio del provvedimento amministrativo ed il suo annullamento, pur giurisdizionale, lungi dal comportare la regola della caducazione del contratto, può lasciarlo sopravvivere.

Pertanto – senza esaminare in questa sede, nel rispetto del thema decidendum, la qualificazione giuridica del tipo di vizio del contratto in tal modo evocato, né la questione se la disciplina menzionata sia riferibile al solo annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione (non avendo il legislatore del 2010 dettato una espressa disciplina per l’annullamento d’ufficio ad opera della stessa p.a.) – occorre qui rilevare che, alla luce dei ricordati criteri, pur quando sussista l’illegittimità del procedimento di aggiudicazione, ragioni di ordine pubblico economico e di tutela degli interessi pubblici hanno indotto il legislatore a prevedere tale particolare forma di inefficacia, in taluni casi sostituibile dalle c.d. sanzioni alternative (art. 123 c.p.a.), e ad affidare la valutazione del negozio ex post al giudice amministrativo, cui è demandato lo stesso regime della retroattività della sanzione sulla base di un apprezzamento in concreto con riguardo agli obiettivi di tutela presidiati dalla norma.

2.2. – La disciplina ricordata non si applica ratione temporis alla vicenda in esame.

Vige, invero, il principio del tempus regit actum, di cui all’art. 5 c.p.c., alla stregua del quale la giurisdizione si determina “con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda”: dopo la modifica operata dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 2 la giurisdizione dipende dunque sia dallo “stato di fatto” esistente al momento della proposizione della domanda, sia dalla “legge vigente” a tale momento, senza che abbiano rilevanza i successivi mutamenti dell’uno o dell’altra (la perpetuatio iurisdictionis opera anche con riguardo alle modifiche normative sopravvenute alla proposizione della domanda giudiziale, salve quelle sole che, al contrario, attribuiscano al giudice adito il concreto potere, mancante al momento della domanda: ex multis, Cass., sez. un., 10 novembre 2020, n. 25209; Cass., sez. un., 23 novembre 2012, n. 20726).

Nella specie, sia in punto di fatto che di legge vigente, occorre considerare la vicenda in esame come si configurava alla data della notificazione del ricorso monitorio, con il pedissequo decreto, alla pubblica amministrazione, avvenuta in data 8 ottobre 2008, tale notificazione avendo determinato la pendenza della lite ai sensi dell’art. 643 c.p.c.

2.3. – Si applicano, di conseguenza, i principi costituzionali che presiedono al riparto fra giudice ordinario e giudice amministrativo, per i quali rileva la natura della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, sulla base del ricorrere di una situazione di interesse legittimo a fondamento della giurisdizione amministrativa generale di legittimità, o di diritto soggettivo, dovendosi individuare quindi, ai sensi dell’art. 386 c.p.c., se le domande proposte siano volte a tutelare una posizione dell’una o dell’altra natura.

In tal senso è la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui appunto rileva il petitum sostanziale, che va identificato in forza della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura giuridica della posizione dedotta in giudizio (e plurimis, Cass., sez. un., 25 giugno 2010, n. 15323; 11 ottobre 2011, n. 20902; 15 settembre 2017, n. 21522; 26 ottobre 2017, n. 25456; 31 luglio 2018, n. 20350; 19 novembre 2019, n. 30009; 8 luglio 2020, n. 14231).

Pertanto, occorre sia intrapresa una controversia sulla procedura di affidamento, perché l’oggetto della controversia inerisca all’esercizio di un potere autoritativo della pubblica amministrazione.

Al di fuori di queste ipotesi, le questioni sugli atti e comportamenti del privato e dell’amministrazione restano soggette alla giurisdizione del giudice ordinario. Una volta concluso il contratto e fondati sul medesimo diritti ed obblighi reciproci delle parti, la situazione del privato aggiudicatario resta soggetta alle regole del diritto comune: l’accertamento del significato e degli effetti di tale contenuto, inerendo alla valutazione della posizione contrattuale delle parti, attiene ad una situazione paritetica fra le medesime spettante alla cognizione dell’a.g.o.

Ciò, in quanto il contratto, concluso tra pubblica amministrazione e privato, resta un atto tipico di espressione della autonomia privata (art. 1322 c.c.), che ha forza di legge tra le parti (art. 1372 c.c.), dunque idoneo a spiegare effetti nelle reciproche sfere soggettive e per entrambe, quale autoregolamento degli interessi vincolante.

2.4. – L’ordinamento prevede altresì il potere di intervento autoritativo dell’amministrazione aggiudicatrice sulla situazione insorta dopo l’efficacia dell’aggiudicazione definitiva: si vedano già il D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 11 e 12 al pari del disposto più generale della L. n. 241 del 1990, art. 21-quinquies e art. 21-nonies secondo cui è attribuito alla p.a., rispettivamente, il potere di revoca e di annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione.

Allorché dall’atto amministrativo sia scaturita la stipulazione di un contratto e tale atto la p.a. abbia annullato d’ufficio, se le parti controvertano specificamente della idoneità del contratto a produrre effetti, la controversia attiene, in modo immediato e decisivo, alla posizione di diritto soggettivo consequenzialmente acquisita dall’altro contraente, dal momento che la p.a. unilateralmente affermi di non più considerare vincolante il contratto medesimo, al fine di fondare i reciproci diritti ed obblighi.

Le controversie nelle quali il petitum sostanziale è l’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell’ambito del contratto, ai fini del pagamento del corrispettivo o dell’attivazione di altri rimedi civilistici, non coinvolgono in sé il controllo sull’esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedi,mentale: onde non sussiste la giurisdizione amministrativa quando la causa petendi della domanda proposta in giudizio non sia radicata sull’illegittimità del provvedimento emesso, con conseguente lesione dell’interesse legittimo dei ricorrenti, ma abbia ad oggetto l’applicazione di una clausola contrattuale ed il diritto al pagamento.

Alla giurisdizione ordinaria resta sottratta solo la cognizione in via principale sul potere di revoca dell’aggiudicazione, di cui all’art. 21-quinquies, e di annullamento d’ufficio, ai sensi della L. 241 del 1990, art. 21-nonies ancorché incidenti pure sulla permanenza del rapporto contrattuale (cfr. Cass., sez. un., 8 luglio 2019, n. 18267, su rapporto concessorio).

Secondo i consolidati criteri, dunque, l’estensione della giurisdizione amministrativa concerne esclusivamente la controversia che abbia, quale causa petendi, la legittimità dell’esercizio, da parte della p.a., di poteri autoritativi di intervento diretto sull’aggiudicazione, ivi compreso l’eventuale esercizio da parte dell’amministrazione, sebbene dopo l’aggiudicazione definitiva, del potere di annullamento d’ufficio, ai sensi della L. n. 241 del 2000, art. 21-nonies (cfr., fra le altre, Cass., sez. un., 28 maggio 2020, n. 10080; 5 ottobre 2018, n. 24411; 15 giugno 2017, n. 14859).

Ne deriva che, perché la lite sia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, deve trattarsi di controversia sulla legittimità dell’esercizio del potere di annullamento o revoca, soggetto ai rigorosi limiti e presupposti indicati dalle norme.

Come ha rilevato il Procuratore generale, si evita altresì in tal modo che la mera invocazione, nell’atto di scioglimento dal rapporto, di un potere di autotutela della p.a. valga, da solo, a radicare la giurisdizione amministrativa, magari in un non auspicabile concorso con quella ordinaria, ove la p.a., come nella specie, abbia anche dichiarato di attivare una clausola contrattuale.

2.5. – Ne’ rileva se sussista una parallela controversia, introdotta dal privato dinanzi al giudice amministrativo per l’impugnazione del contestato atto di autotutela, avente ad oggetto la validità di quest’ultimo (Cass., sez. un., 17 maggio 2013, n. 12110; 29 luglio 2013, n. 18190).

2.6. – Al giudice ordinario resta, altresì, la possibilità di conoscere ed interpretare incidentalmente l’atto amministrativo, ai sensi del R.D. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 5 sussistendo, se del caso, il diritto-dovere di disapplicazione dell’atto amministrativo non conforme a legge da parte del giudice chiamato a conoscere del diritto.

Onde il privato che intenda salvaguardare gli effetti del contratto può impugnare l’atto amministrativo di annullamento d’ufficio, innanzi al giudice amministrativo, oppure può agire innanzi al giudice ordinario per la tutela dei suoi diritti mediante le azioni civilistiche, in cui dunque si apre la possibilità di cognizione incidentale del provvedimento amministrativo in capo al giudice ordinario, ove occorra.

2.7. – Infine, è stato anche rilevato come la stessa inefficacia successiva, com’e’ oggi prevista dal diritto positivo, che può operare in via retroattiva, incontra però il limite della intangibilità delle situazioni soggettive già consolidatesi prima della proposizione della domanda volta a far dichiarare l’inefficacia ed in particolare, nei contratti di durata, della non ripetibilità delle prestazioni ormai eseguite in esecuzione dell’accordo (artt. 1458,1467 c.c.; cfr. Cass. 21 maggio 2019, n. 13606; ciò è affermato dallo stesso giudice amministrativo, pur quando sosteneva la tesi della caducazione automatica, cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3465).

2.8. – Nella specie, l’atto di annullamento d’ufficio in autotutela, posto in essere dalla p.a. committente il 31 ottobre 2008, dopo la notificazione del decreto ingiuntivo in data 8 ottobre 2008, non ha avuto l’effetto di radicare la giurisdizione del giudice amministrativo.

Da un lato, alla stregua dello stato di fatto esistente al momento della domanda ex art. 5 c.p.c., non sussisteva ancora l’adozione di tale atto di autotutela.

Dall’altro lato, le domande proposte dal privato erano, in via di progressivo subordine: a) la domanda di rigetto dell’opposizione e di conferma del decreto ingiuntivo; b) la domanda di condanna dell’Assessorato regionale al pagamento della somma di Euro 556.530,81, con accessori; c) la domanda di accertamento della nullità o inefficacia dell’art. 12 del contratto; d) la domanda di riduzione della penale, ai sensi dell’art. 1384 c.c.; e) la domanda di condanna al pagamento dell’indennizzo di Euro 748.094,99, ai sensi dell’art. 2041 c.c. quale arricchimento senza causa.

Sono state fatte valere, in tal modo, situazioni di diritto soggettivo: al pagamento delle prestazioni rese in forza del contratto, che ha incontestatamente avuto parziale esecuzione; nonché, in via subordinata, alla riduzione della clausola penale, ove in tal modo il giudice del merito avesse interpretato l’art. 12 del contratto pubblico, o al pagamento di un indennizzo a titolo di arricchimento senza causa.

Tali domande – pagamento del corrispettivo pattuito, riduzione della penale, arricchimento senza causa – appartengono alla giurisdizione ordinaria.

Non rileva, in contrario, l’adozione del provvedimento amministrativo di annullamento dell’aggiudicazione: valutare se l’annullamento in autotutela dell’atto di aggiudicazione abbia, ed in qual modo, riverberato i suoi effetti sul contratto che ne è seguito spetta al giudice ordinario; il quale dovrà nella specie accertare, in particolare, se sia applicabile l’art. 12 del contratto inter partes, il quale contempla pure la previsione secondo cui “in questo caso, nessun compenso sarà dovuto all’aggiudicatario anche per le prestazioni già rese”, ed esaminare le domande proposte.

L’interpretazione e l’accertamento della efficacia e concreta operatività di questa clausola appartiene ai poteri dall’ordinamento devoluti al giudice ordinario; tanto vale, a maggior ragione, in ragione dell’esecuzione parziale del contratto, avvenuta in un momento antecedente il provvedimento amministrativo di caducazione d’ufficio dell’aggiudicazione.

3. – La sentenza impugnata va dunque cassata, con declaratoria la giurisdizione del giudice ordinario, davanti alla quale vanno rimesse le parti in primo grado, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, anche per la liquidazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo le parti innanzi al Tribunale di Palermo, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2021

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