Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3057 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. I, 10/02/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 10/02/2010), n.3057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.L., elettivamente domiciliata in Roma, via Pavia 28,

presso l’avv. Porpora Raffaele, che la rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Campobasso, n. 53/06, in

data 25 ottobre 2006, nel procedimento iscritto al n. 63/2006 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 novembre 2009 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano;

udito, per la ricorrente, l’avv. Raffaele Porpora;

udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale, dott.ssa CARESTIA Antonietta, che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso come da relazione in atti.

LA CORTE:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. P.L. ha proposto ricorso per Cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso il decreto in data 25 ottobre 2006, con il quale la Corte di appello di Campobasso ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della menzionata ricorrente della somma di Euro 1.000,00, a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo instaurato, in primo grado, davanti al Tribunale di Pescara con atto di citazione notificato il 21 aprile 1992 e definito con sentenza dell’11 dicembre 2001 e proseguito in grado di appello, davanti alla Corte di appello dell’Aquila, con atto notificato l’8 marzo 2002 e concluso con sentenza del 29 settembre 2004;

1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Campobasso ha accolto la domanda nella misura di Euro 1.000,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di due anni al termine ragionevole e quantificato l’indennizzo in Euro 500,00 per ciascun anno di ritardo;

3. il ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo quattro motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. la determinazione del termine ragionevole di durata del processo e la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (primo e secondo motivo);

3.2. l’omessa pronuncia della Corte di merito sulla domanda di equo indennizzo del danno patrimoniale, costituito dal carico delle spese processuali sopportate nel giudizio presupposto, in misura superiore a quelle liquidate dal giudice di merito e aggravato dalla non ragionevole durata del processo (terzo motivo);

3.3. la disposta integrale compensazione delle spese processuali.

4. I motivi di cui al punto 3.1., esaminati congiuntamente, appaiono manifestamente fondati, in quanto, in relazione alla durata complessiva del giudizio pari a circa 12 anni e 6 mesi, l’individuazione di un ritardo di due soli anni e la determinazione dell’ammontare dell’indennizzo nella misura di Euro 500,00 per ogni anno di ritardo sembrano configurarsi irragionevolmente in misura inferiore a quella che risulterebbe dall’applicazione dei parametri stabiliti dalla CEDU; la censura di cui al punto 3.2. appare invece inammissibile, in quanto il quesito di diritto formulato e’ inconferente e comporta l’apprezzamento di circostanze di fatto e valutazioni inerenti al merito del giudizio presupposto; la doglianza di cui al punto 3.3. appare assorbita, in quanto l’accoglimento dei primi due motivi comporta il rinnovo del giudizio di merito;

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati al punto 4., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che la ricorrente ha depositato memoria e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, non inficiate, per quanto riguarda il rilievo d’inammissibilita’ del terzo motivo di ricorso, dalla memoria della ricorrente, nella quale vengono svolte argomentazioni non attinenti alle ragioni poste a base della prospettata inammissibilita’ della censura;

B1) ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, il decreto impugnato deve essere annullato con riferimento alle censure accolte e che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1; che, in particolare, determinata in dodici anni e due mesi la durata complessiva del processo presupposto (cosi’ rettificata la durata complessiva di dodici anni e sei mesi indicata nella relazione in atti), e stimato in cinque anni, secondo i parametri cronologici elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo (cfr. Cass. 2004/3143; 2004/4207; 2005/8600), il periodo di ragionevole durata del processo di primo grado e di secondo grado, va stabilito in sette anni e due mesi il periodo di durata non ragionevole;

B2) considerato che il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; che, secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purche’ detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversita’ di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; ritenuto che tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno; che di conseguenza si deve riconoscere alla ricorrente l’indennizzo di Euro 6.420,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente;

B3) considerato altresi’ che le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352).

PQM

LA CORTE Accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara inammissibile il terzo e assorbito il quarto. Cassa il decreto impugnato in ordine alle censure accolte e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di P.L. della somma di Euro 6.420,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna inoltre il Ministero della giustizia al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.300,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 100,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonche’ di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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