Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30567 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.P. (C.F.: (OMISSIS)) e G.

E. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, in forza

di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti Mestrovich

Paolo e Nicola Di Pierro ed elettivamente domiciliati presso lo

studio del secondo, in Roma, alla via Tagliamento, n. 55;

– ricorrenti –

contro

FR.EL. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, in virtù di procura speciale a margine del controricorso,

dagli Avv.ti Favaron Giuseppe e Vincenzo Bellucci ed elettivamente

domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, alla via Ippolito

Nievo, n. 62;

– controricorrente –

Avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 2008/2005, depositata

il 3 ottobre 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 15

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 19 maggio 2004 il sig. Fr.

E. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Venezia, i coniugi F.P. e G.E., proponendo appello avverso fa sentenza del Giudice di pace di Mestre n. 323 del 2003, con la quale lo stesso Fr.El. era stato condannato al pagamento in favore dei suddetti coniugi della somma di Euro 2.324,06 con gli interessi giudiziali dalla domanda, a titolo di compartecipazione alle spese conseguenti all’esecuzione del verbale di conciliazione del 12 febbraio 2001 con cui le parti avevano definito una causa di regolamento di confini. Nella costituzione degli appellati, il suddetto Tribunale, con sentenza n. 2008 del 2005 (depositata il 3 ottobre 2005), accoglieva il gravame e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda proposta da F.P. e G.E. nei confronti di Fr.El., compensando integralmente le spese del doppio grado di giudizio. A sostegno dell’adotta decisione, l’indicato Tribunale rilevava che la pretesa creditoria degli originari attori era, in effetti, riconducibile al prolungamento della recinzione per regolare i confini lungo un tratto in cui tale opera si sarebbe dovuta ritenere vietata perchè costituente un abuso sul piano illecito-urbanistico, ragion per cui, per tale parte, la convenzione conciliativa si sarebbe dovuta ritenere nulla e la relativa previsione non poteva giustificare l’esborso richiesto proprio in quanto afferente alla violazione di una norma imperativa, rilevabile d’ufficio.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione Fr.Pi. e G.E., articolato in otto motivi. L’intimato ha resistito con controricorso.

I difensori dei ricorrenti hanno anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione degli artt. 1418-1421 c.c., degli artt. 1124 e 2909 c.c., nonchè degli artt. 295, 324, 342 e 345 c.p.c., con travisamento dei limiti del giudicato interno rilevabili d’ufficio formatosi tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè il vizio di omessa o, comunque, insufficiente motivazione su punti decisivi e travisamenti dei fatti di causa, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e, in subordine, n. 4) e l’omessa ammissione di prova testimoniale su circostanze decisive ai fini della decisione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per omessa o, comunque, errata motivazione circa un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) con violazione del giudicato interno tra le parti ex art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). In particolare, con questa doglianza i ricorrenti hanno dedotto che il giudice di secondo grado aveva fondato la sua decisione su un’errata valutazione di una prova documentale contraddicendo un punto coperto dal giudicato, laddove il giudice di primo grado aveva, invece, accertato che, sul tratto di confine tra il mappale 300 ed il mappale 4032, non era stata costruita una recinzione, senza, tra l’altro, offrire una motivazione logica e congrua sul punto per potersi discostare dalla diversa valutazione del giudice di prima istanza e dalle pacifiche risultanze del relativo documento prodotto dagli stessi ricorrenti.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti hanno prospettato il vizio di contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia (in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e il vizio di violazione del disposto degli artt. 324 e 345 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avuto riguardo alla carente valutazione sulla non sanzionabilità con la demolizione (ma, eventualmente, solo in via pecuniaria) dell’intervento realizzato con i pali per il tratto non ricompreso nella rilasciata autorizzazione amministrativa.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., dell’art. 42 Cost., dell’art. 841 c.c. e degli artt. 4 e 5 LAC. 1865 all. E (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nella parte in cui non aveva disapplicato incidentalmente l’art. 70.2 delle N.T.A. (ai sensi degli artt. 4 e 5 L.A.C. 1865 – all. E), non pervenendo in tal modo, anche sotto questo profilo, all’esclusione della violazione di legge ex art. 1418 c.c..

6. Con il sesto motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1368, 1369, 1375 e 1418 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nella parte in cui, con la sentenza impugnata, il giudice del gravame aveva dato un’interpretazione errata della convenzione dedotta in controversia, consentendo a Fr.El. di sottrarsi all’adempimento della propria obbligazione sulla base della considerazione che non era stata realmente effettuata dai ricorrenti una recinzione (come stabiliva il verbale di conciliazione) ma un’apposizione di termini lignei.

7. Con il settimo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella parte in cui il Tribunale di Venezia, rigettando ogni domanda formulata dagli odierni ricorrenti, aveva violato il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” (da ritenersi corollario del citato art. 112 c.p.c.), in quanto il Fr.El. non aveva negato (ed anzi aveva ammesso) di rimanere obbligato al pagamento dell’importo, per la propria percentuale di quota, dovuto per l’esecuzione della recinzione non oggetto di contestazione ed assistita da idoneo provvedimento autorizzativo del competente Comune.

8. Con l’ottavo ed ultimo motivo i ricorrenti hanno prospettato l’omessa o, in subordine, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nonchè la violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 295 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

9. I motivi – così come complessivamente richiamati e che possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi e, per molti versi, interdipendenti – sono fondati e devono, pertanto, essere accolti nei seguenti termini.

Per quanto evincibile dagli atti processuali (esaminabili anche in questa sede in relazione ai vizi processuali dedotti) il giudice di pace adito di Mestre adito in primo grado aveva statuito (con la sentenza poi impugnata dinanzi al Tribunale di Venezia) che: – l’accordo sottoscritto tra le parti con il verbale di conciliazione del 12 febbraio 2001 era legittimo; – che, altrettanto legittima, era stata l’esecuzione di detto accordo allorquando i ricorrenti avevano realizzato la recinzione per la parte di confine tra i mappali 300 e 725, alla stregua di quanto previsto da apposita autorizzazione comunale; – che i medesimi ricorrenti avevano, poi, effettuato una delimitazione del confine tra i fondi, in esecuzione dello stesso accordo reciprocamente sottoscritto, apponendo per la parte non autorizzata solo i pali; – che la condotta assunta dagli odierni ricorrenti non poteva considerarsi illegittima perchè non contrastante con norme imperative, nè, tanto meno, con quelle urbanistiche, tenuto conto, peraltro, della circostanza che gli stessi ricorrenti, per la parte contestata, avevano apposto solo i pali, tanto è vero che il costo preventivato si era ridotto per effetto del minor impegno conseguito.

A fronte di tali statuizioni, il Fr.El., con il formulato appello, aveva contestato la sentenza di prime cure sul presupposto che, in virtù della non autorizzabilità della recinzione in senso parziale e che, quindi, gli appellati (odierni ricorrenti) non avevano adempiuto esattamente e legittimamente quanto concordato, questi ultimi non avrebbero potuto pretendere la controprestazione sinallagmatica a suo carico. In tal modo, il suddetto Fr.

E., pur non contestando la validità e la legittimità del verbale di conciliazione intercorso con gli odierni ricorrenti, si era lamentato solo di presunti vizi afferenti la fase esecutiva di detto accordo, facendone conseguire l’insussistenza del suo inadempimento rispetto alla prestazione per la quale si era obbligato (ovvero la corresponsione della metà delle spese occorse per la delimitazione materiale dei confini come concordata). Del resto lo stesso giudice di appello (v. pag. 3 della sentenza impugnata) era consapevole che il Fr.El. non avesse inteso espressamente invocare la nullità della transazione (rectius: del verbale di conciliazione) e, tuttavia, è pervenuto a dichiarare d’ufficio (facendo leva sul disposto generale dell’art. 1421 c.c.) la nullità della convenzione, che, in sè, non presentava vizi tali che potessero condurla a tale conseguenza. In proposito deve ricordarsi che il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità dell’atto deve essere necessariamente coordinato con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e trova applicazione soltanto quando la nullità – se effettivamente sussistente – si ponga, secondo una relazione causale diretta, come ragione di rigetto della pretesa attorea. Oltretutto, il Tribunale di Venezia ha ritenuto di rilevare d’ufficio la nullità per la ravvisata difformità nell’esecuzione di un tratto di recinzione rispetto agli strumenti urbanistici malgrado fosse pacifico tra le parti (infatti il Fr.El. non lo aveva contestato con l’atto di gravame, donde la fondatezza anche del terzo motivo) che, per la parte non autorizzata, gli attuali ricorrenti si erano limitati a fissare dei pali (senza, perciò, realizzare un’opera permanente avente i requisiti propri di una recinzione), la cui attività non poteva, perciò, ritenersi assoggettabile alla necessità della preventiva autorizzazione della P.A. (come, del resto, già congruamente sostenuto dal giudice di prima istanza, anche con il conforto della prevalente giurisprudenza amministrativa: cfr., altresì per tutte, Cons. Stato, sez. 5, n. 1537 del 26 ottobre 1998).

E quel che maggiormente risulta illogico e contraddittorio nel ragionamento del Tribunale di Venezia, oltre che in violazione del principio devolutivo dell’appello (come esattamente prospettato dai ricorrenti con il settimo motivo) è l’aver ritenuto che la dichiarata (ma, in effetti, insussistente) nullità della convenzione conciliativa, ancorchè parziale, doveva investire l’intero oggetto delle prestazioni realizzate in sede esecutiva (e, quindi, anche l’intera obbligazione, incombente sul Fr.El., come assunta con la conciliazione raggiunta) e non soltanto quelle inerenti la parte della supposta recinzione non autorizzata: in proposito si rileva che il Fr.El. aveva dedotto, nell’atto di appello, che i sigg. F.P. e G.E. avevano eseguito puntualmente gli accordi pattuiti in sede conciliativa per la parte relativa al mappale n. 725, parte per la quale esso appellante non intendeva sottrarsi all’adempimento della inerente prestazione.

10. In definitiva, alla stregua della rilevazione delle dedotte violazioni di legge (attinenti all’inesatta valutazione dei limiti del giudicato e all’erronea considerazione dei presupposti per la rilevazione d’ufficio della nullità di una convenzione conciliativa, valorizzati, con riferimento alla specifica fattispecie, nei sensi precedentemente evidenziati in relazione alla fase esecutiva della convenzione stessa) e della complessiva illogicità e contraddittorietà della motivazione adottata dal giudice di secondo grado, si vede pervenire alla cassazione della sentenza impugnata con rinvio allo stesso Tribunale di Venezia, in composizione monocratica, ancorchè in persona di altro giudicante, che dovrà conformarsi ai principi giuridici precedentemente enucleati e rinnovare il percorso motivazionale in ordine all’oggetto dell’appello proposto, oltre che provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Venezia, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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