Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30566 del 28/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 28/10/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 28/10/2021), n.30566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14808-2015 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE UMBERTO

TUPINI 113, presso lo studio dell’avvocato NICOLA CORBO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso

lo studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARIALUCREZIA TURCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9465/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/11/2014 R.G.N. 6579/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/03/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 29.11.2014, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di C.R. volta alla rideterminazione della contribuzione correlata dovuta all’INPS da Intesa San Paolo s.p.a. D.M. n. 158 del 2000, ex art. 10, con l’inclusione nella relativa base di calcolo delle c.d. voci variabili della retribuzione e condanna dell’istituto bancario al versamento all’ente previdenziale delle differenze consequenziali;

che avverso tale pronuncia C.R. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che Intesa San Paolo s.p.a. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i tre motivi di censura, il ricorrente si duole, sia sotto il profilo della violazione di legge che in relazione all’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, che i giudici di merito abbiano rigettato la sua domanda volta alla condanna dell’odierna controricorrente a corrispondere all’ente previdenziale le differenze sulla contribuzione correlata dovuta D.M. n. 158 del 2000, ex art. 10;

che non risulta che l’INPS, indicato come terzo beneficiario della pronuncia di condanna, sia stato evocato in giudizio; che in analoghe controversie promossa da dipendenti di aziende di credito e volte ad ottenere la condanna del datore di lavoro al versamento al Fondo di solidarietà per il sostegno al reddito, istituito presso l’INPS ex D.M. n. 158 del 2000, dei contributi correlati alla retribuzione mensile utili per la determinazione dell’assegno ordinario di accompagnamento, questa Corte ha chiarito che la domanda in questione deve considerarsi una species dell’azione risarcitoria che al lavoratore spetta ex art. 2116 c.c., comma 2, per il caso in cui il datore di lavoro abbia omesso il pagamento dei contributi previdenziali e dall’omissione gli sia derivato un danno, caratterizzata dalla peculiarità che, invece di una domanda risarcitoria a proprio favore, il lavoratore formula una domanda di condanna al pagamento dei contributi a beneficio dell’ente previdenziale, quale misura finalizzata alla rimozione del danno, derivandone, per conseguenza la necessità del litisconsorzio con l’ente previdenziale (così Cass. nn. 8956, 17320, 19679, 24924 del 2020, tutte sulla scorta di Cass. S.U. n. 3678 del 2009); che all’anzidetto indirizzo va data continuità e, tenuto conto che la nullità del giudizio per difetto di integrità del contraddittorio è rilevabile in ogni stato e grado del processo e dunque anche in questa sede di legittimità, con il solo limite del giudicato (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 26388 del 2008, 9394 del 2017), derivandone ex art. 354 c.p.c. la necessità di rimettere le parti avanti al primo giudice affinché provveda alla sua instaurazione ex novo, previa integrazione del contraddittorio (giurisprudenza costante fin da Cass. n. 2786 del 1963), la sentenza impugnata va cassata e le parti rimesse avanti al primo giudice, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rimette le parti avanti al primo giudice, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2021

 

 

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