Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30564 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 30/12/2011), n.30564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI CASAMICCIOLA TERME, in persona del Sindaco pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 4, presso lo

studio dell’avvocato SANTARONI MARIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DI MEGLIO GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

C.G. (OMISSIS), C.M.

(OMISSIS), C.V. (OMISSIS), C.

A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

PARIOLI 76, presso lo studio dell’avvocato STUDIO LIBERATI E D’AMORE,

rappresentati e difesi dagli avvocati PIRO ANNUNZIATA, DEL VECCHIO

FRANCESCO;

– controricorrenti –

e contro

M.T., C.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1107/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G., A., V. e C.M., proprietari di un vigneto posto in (OMISSIS), confinante con la via comunale (OMISSIS), esercitavano nei confronti del ridetto comune azione di regolamento di confini. Il Tribunale di Napoli regolava il confine come da accertamento del c.t.u. e condannava il comune a rilasciare in favore degli attori la zona risultata di loro proprietà, il tutto mediante la demolizione di un muro e l’abbassamento del fondo stradale in corrispondenza della curva in cui si era verificata l’occupazione.

L’impugnazione del comune di Casamicciola era respinta dalla Corte d’appello di Napoli, la quale osservava che l’ampliamento e il livellamento della strada da parte dei proprietari confinanti, mediante cessione di tratti di superficie dei rispettivi terreni, e la conseguente acquiescenza del comune, non costituivano condotte di tacita determinazione del confine stesso, per difetto del requisito di concludenza, sicchè non poteva ritenersi verificata una sostanziale nuova configurazione dello stato dei luoghi. Nè era configurabile la trasformazione in opera pubblica della zona del fondo di proprietà privata che risultava solo di fatto interessata dal transito pubblico, trattandosi di un atto puramente materiale non ricollegato, come riconosciuto dallo stesso comune appellante, a un provvedimento amministrativo della P.A., e verificatosi proprio a causa dell’incertezza del confine.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il comune di Casamicciola, con due motivi di annullamento.

Gli intimati resistono con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 37 c.p.c., della L. n. 2248 del 1865, art. 4 allegato E, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione e la nullità della sentenza, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 sostenendo che la sentenza impugnata contiene la condanna del comune ad un facere, con conseguente invasione dell’ambito del potere discrezionale dell’ente pubblico. Ciò comporta una “carenza di giurisdizione nell’emissione della sentenza di condanna” rilevabile anche d’ufficio in ogni fase e grado del giudizio.

2. – Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 936 c.c., nonchè il difetto assoluto di motivazione, il vizio della stessa e la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sostiene parte ricorrente che è un dato di fatto inconfutabile e pacifico che la parte del suolo degli attori oggetto di contesa è stata irreversibilmente trasformata in area di sedime stradale e ristrutturata da pedonale in carrabile, con la conseguenza che se n’è realizzata l’accessione invertita. Richiama, quindi, la giurisprudenza di questa Corte nel senso che l’irreversibile destinazione ad opera pubblica di un fondo di proprietà privata comporta l’estinzione del diritto domenicale del privato e la sua contestuale acquisizione a titolo originario in favore dell’ente occupante.

La motivazione della Corte territoriale, che sul punto ha escluso la trasformazione del fondo privato, interessato dal pubblico transito solo in via di fatto, senza un provvedimento amministrativo a monte, è frutto – sostiene parte ricorrente – di un omesso esame delle risultanze processuali, in quanto è un dato pacifico che l’area di cui si controverte è stata racchiusa nella sede stradale cui è stata annessa mediante un muro di sostegno e la messa in opera della nuova pavimentazione stradale. Pertanto, non risponde a verità che si tratti di un mero transito sul suolo degli attori, non accompagnato da opere visibili e materiali.

3. – Il secondo motivo, da esaminare con priorità in quanto pone in discussione l’esistenza stessa del diritto affermato dai giudici di merito, è infondato.

Costituisce, ormai, ius reception, a partire da Cass. S.U. n. 1907/97, l’orientamento di questa Corte per cui il fenomeno dell’occupazione appropriativa, in virtù del quale, a causa della radicale trasformazione del fondo privato con irreversibile destinazione all’opera pubblica, la proprietà del suolo, in mancanza di decreto di esproprio, finisce comunque per accedere alla proprietà dell’opera realizzata, dal momento in cui il suolo ha subito la trasformazione, o, qualora questa sia avvenuta nel corso dell’occupazione legittima, dallo scadere del relativo termine, comporta che il sacrificio per il diritto del privato può essere giustificato solo nella misura in cui all’attività di costruzione e manipolazione sia attribuito un vincolo di scopo e di rispondenza, in concreto, ai fini pubblici, mediante una rituale dichiarazione di pubblica utilità (v. anche Cass. nn. 13896/03, 8669/00, 2730/00, 415/00, 7268/99, 5982/99, 10138/98, 6515/97 e 2332/97).

Pertanto, in mancanza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, l’occupazione del bene, irriconoscibile nel mondo dell’efficacia giuridica per difetto dei requisiti propri dell’agire amministrativo, avviene sine titulo, sicchè la successiva costruzione di un’opera pubblica non vale ad imprimere alla precedente occupazione stessa carattere di esercizio di potestà amministrativa, ma concreta un’attività materiale illecita.

4. – Anche il primo motivo non ha fondamento.

Premesso che il contenuto dei provvedimenti giurisdizionali che possono essere emessi nei confronti di una P.A. pone una questione che attiene non al riparto di giurisdizione, ma ai limiti interni dell’esercizio di essa, va osservato che la L. 22 marzo 1865, n. 2248, art. 4 all. E, che vieta al giudice ordinario (come di reprimere, così) d’imporre l’adozione di un atto amministrativo che esprima un facere specifico, connotato in senso pubblicistico e realizzabile mediante l’emissione di atti autoritativi, presuppone l’incidenza del comando giurisdizionale in una sfera di attività soggetta a riserva di amministrazione, cioè in un settore in cui la P.A. esplichi la propria discrezionalità amministrativa per la cura dell’interesse pubblico (generico e specifico) affidatole. Al di fuori di tale contesto, il potere di condanna si esplica nei confronti dell’amministrazione in virtù del principio del neminem laedere, che costituisce un limite esterno all’attività discrezionale di quest’ultima (cfr. Cass. nn. 5120/11 e 3132/01). Ne consegue che la P.A. ben può essere condannata sia al rilascio di una porzione del fondo altrui illecitamente occupata e di fatto inglobata nel tracciato di una strada pubblica, sia al compimento delle opere necessarie a realizzare la connessa restitutio in integrum, senza che ciò determini alcuna ingerenza nell’ambito delle prerogative che l’amministrazione può esercitare quale ente proprietario della strada medesima.

4.1. – Nella specie, l’abbassamento del fondo stradale in corrispondenza della porzione di terreno oggetto di rilascio in favore dei proprietari, non implica alcuna imposizione al comune di scelte di merito amministrativo inerenti alle modalità generali di conservazione e manutenzione della strada, ma esprimono unicamente la tecnica di reintegrazione in forma specifica per la piena tutela del diritto soggettivo leso. Il relativo accertamento di fatto è stato censurato solo formalmente, ma non sostanzialmente dalla parte ricorrente, la quale nonostante l’espresso richiamo alla norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non ha poi evidenziato alcun effettivo profilo di incongruità o illogicità motivazionale sul punto, affidandosi unicamente alla dedotta violazione di legge.

5. – In conclusione il ricorso va respinto.

6. – Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 1.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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