Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30563 del 28/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 28/10/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 28/10/2021), n.30563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10211-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ELISABETTA LANZETTA, SEBASTIANO CARUSO, FRANCESCA FERRAZZOLI,

CHERUBINA CIRIELLO, GIUSEPPINA GIANNICO;

– ricorrente –

contro

G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 42, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE PAOLIS, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO ERMINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3960/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/05/2014 R.G.N. 4624/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/02/2021 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

GAETANI Benedetto, premesso di essere dipendente INPS dal 12 gennaio 1982, inquadrato nel livello B2 fino al 31 ottobre 2001 e nel livello Cl dal 1novembre 2001 (poi C2 per progressione economica) rivendicava, dinanzi al Tribunale di Roma, l’inquadramento nel livello C4 dal 27.3.2000 e sino a tutto il marzo 2007 per aver svolto mansioni di ottimizzatore presso il reparto vigilanza degli affari generali della sede di (OMISSIS).

Chiedeva di conseguenza la condanna dell’INPS al pagamento delle relative differenze retributive, comprensive delle voci posizione organizzativa e indennità di responsabilità specifica per complessivi Euro 47.986,00.

Si costituiva l’INPS riconoscendo lo svolgimento di mansioni superiori dal 27.3.00 al 28.11.01 (data a partire dalla quale l’Istituto avrebbe, con formale incarico, conferito le suddette mansioni al dipendente, inquadrato in livello C4, successivamente C5).

Eccepiva la prescrizione quinquennale degli eventuali crediti.

Espletata istruttoria testimoniale, il Tribunale respingeva la domanda. Proponeva appello il G.; resisteva l’Istituto.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza non definitiva n. 10636/13 riformava la pronuncia impugnata dichiarando il diritto del G., per il periodo 2.10.2000-31.3.2007, alle differenze retributive tra il suo inquadramento ed il livello C4, ivi inclusa l’indennità di posizione organizzativa nonché l’indennità di responsabilità specifica, oltre interessi legali, da quantificarsi nel prosieguo del giudizio; disponeva quindi per la prosecuzione. Con sentenza definitiva n. 3960/14, la medesima Corte condannava l’Inps al pagamento della somma di Euro 30.452,72, oltre accessori di legge.

Per la cassazione di tali sentenze propone ricorso l’INPS, affidato a quattro motivi, cui resiste il G. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo l’INPS denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13, 16 e 24 del CCNL 1998/01 dipendenti enti pubblici non economici; del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 come sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25 e modificato dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15 ora D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52; dell’art. 1362 c.c. in relazione all’interpretazione delle declaratorie contrattuali collettive delle Aree (All. A, citato CCNL).

Lamenta che la corte capitolina si era limitata ad effettuare una comparazione tra le mansioni svolte dall’odierno resistente e quelle svolte da altri dipendenti aventi qualifica superiore, senza sufficientemente analizzare la normativa contrattuale appena citata, né effettuando la doverosa comparazione tra la declaratoria posseduta e quella relativa alle mansioni richieste a fronte di quelle effettivamente espletate.

Il motivo è inammissibile, coinvolgendo e contestando accertamenti di fatto compiuti dalla Corte di merito attraverso l’esame di numerosi testimoni.

Il giudizio di merito espresso dalla Corte territoriale, logico ed immune da vizi logici, sulla natura delle mansioni espletate dalla ricorrente non è sindacabile in questa sede perché tale censura esula dall’ambito dell’art. 360 c.p.c., n. 3, e per le sentenze pubblicate nella vigenza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012), nel cui ambito la doglianza va sussunta, rilevando solo l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (cfr. e plurimis Cass. ord. n. 29093/19).

Nella specie peraltro la Corte capitolina ha ritenuto non contestato, ma anzi ammesso dall’Istituto, lo svolgimento di mansioni superiori inquadrabili nel livello C4. Tale statuizione non risulta adeguatamente censurata dall’INPS.

2. Con secondo motivo l’INPS denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Lamenta che nel riformare la decisione di prime cure, in punto di riconoscimento dell’indennità di posizione organizzativa e della indennità di responsabilità specifica, la Corte capitolina aveva apoditticamente stabilito che “non vi è neppure alcuna ragione per escludere dal computo delle differenze retributive spettanti, per il livello rivendicato e qui riconosciuto all’originario ricorrente, per le voci “posizione organizzativa” e “indennità di responsabilità specifica”, le quali devono essere peraltro conteggiate solo dalle date indicate dall’INPS, sulla scorta delle osservazioni al riguardo espresse dall’Istituto, ed in realtà neppure ex adverso contestate” (sentenza non definitiva n. 10636/13).

Lamenta l’Istituto che tale statuizione era del tutto priva di motivazione.

La censura, sia pur erroneamente veicolata attraverso l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è fondata, difettando la sentenza impugnata di qualsivoglia motivazione sul punto.

Va peraltro osservato, come da questa Corte più volte chiarito, che in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori deve riconoscersi nella sola misura indicata nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5 e dunque solo la differenza di trattamento economico (Cass. n. 2102/19, Cass. n. 18808/13) e non già di tutte le voci aggiuntive eventualmente connesse, per particolari modalità di svolgimento della prestazione, con le funzioni svolte.

3. Con il terzo motivo l’Istituto denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 18 e 32 del CCNL per il personale del comparto Enti pubblici non economici per gli anni 1998-2001; violazione e falsa applicazione dell’art. 6 dell’Accordo Quadro in materia di mansioni superiori del 22.10.01; violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del CCNL 1998/2001; violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in relazione agli artt. 17 e 18 del CCNI per l’anno 2000 – Accordo integrativo di Ente; violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che la decisione della Corte d’appello di Roma era errata in punto di riconoscimento, in favore del G., del diritto al pagamento, oltre alle differenze stipendiali (C2-C4), degli emolumenti derivanti dall’indennità di posizione organizzativa e dall’indennità di responsabilità, in contrasto con l’invocato quadro normativo.

Rammenta al riguardo che l’art. 17 del CCNL 1998-2001 Enti pubblici non economici prevede che: nell’ambito dell’Area C gli enti, sulla base dei propri ordinamenti ed in relazione alle esigenze di servizio, possono consentire ai dipendenti ivi inseriti incarichi che, pur rientrando nell’ambito delle funzioni di appartenenza, richiedano lo svolgimento di compiti di elevata responsabilità, che comportano l’attribuzione di una specifica indennità organizzativa. Rammenta poi le analoghe norme previste dalle altre fonti in rubrica indicate. Evidenzia infine che neppure il riconoscimento della retribuzione per lo svolgimento di fatto delle superiori mansioni, giustificherebbe la corresponsione anche delle indennità accessorie.

Il motivo è fondato per le ragioni esposte sub 2).

4. Con quarto motivo l’INPS denuncia la violazione dell’art. 429 c.p.c. e della L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36.

Lamenta che la sentenza impugnata, condannando l’Istituto al pagamento delle somme in questione oltre accessori ex art. 429 c.p.c., u.c., abbia violato le norma sopra citate in materia di divieto di cumulo, per gli accessori dovuti ai pubblici dipendenti, tra interessi legali e rivalutazione monetaria (cfr. Corte Cost. n. 459/00). Il motivo è fondato, avendo la Corte capitolina, nella sentenza definitiva, dichiarato che sulla somma capitale spettavano gli accessori di legge, senza tener conto della L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36, così come interpretato dalla C.Cost. nella detta sentenza n. 459/2000.

5. Il ricorso va dunque accolto nei limiti di cui sopra.

Le sentenze impugnate vanno quindi cassate in relazione alle censure accolte, con rinvio, per l’ulteriore esame della controversia, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie i restanti tre.

Cassa le sentenze impugnate in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2021

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