Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30562 del 20/12/2017


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 30562 Anno 2017
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 16135-2010 proposto da:
AUTOPIU’ SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato
AUGUSTO FANTOZZI, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati FRANCESCO GIULIANI, CLAUDIO
SACCHETTO giusta delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 20/12/2017

STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 34/2009 della COMM.TRIB.REG. di.”(
Pif5–Nohr-rtr.
£5h2—
depositata il 28/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TRICOMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato CHIARIZIA per
delega dell’Avvocato GIULIANI che ha chiesto
l’accoglimento.

udienza del 07/11/2017 dal Consigliere Dott. LAURA

FATTI DI CAUSA

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale del Piemonte che, con la sentenza n.34/02/09, depositata il
28.04.2009 e non notificata, ha confermato la prima decisione che
aveva respinto l’impugnazione proposta dalla società avverso l’avviso
di accertamento con il quale, sulla scorta di due rilievi, erano state
recuperate maggiori imposte IVA, IRAP ed IRPEG per l’anno 2003,
rispetto a quelle risultanti dalla dichiarazione.
Il

primo

rilievo

concerneva

la

contestazione

di

una

sottofatturazione per €.360.000,00 nella vendita della nuda proprietà
con riserva di usufrutto di un capannone industriale sito nel Comune
di Alessandria, effettuata in data 19.11.2003 da Autopiù SRL a Center
SRL per il prezzo di €.360.000,00, sulla considerazione che la Center
aveva a sua volta venduto la nuda proprietà del capannone alla
società Felpi SRL in data 12.12.2003 per il prezzo di €.720.000,00 e
che quest’ultima il 6.06.2005 aveva ceduto la nuda proprietà alla
Agrileasing SPA per il prezzo di €.750.000,00, rimarcati gli stretti
rapporti emersi tra le prime tre società controllate dal medesimo
nucleo familiare, perché Roberto Goddio era legale rapp. p.t. di
Autopiù e socio di maggioranza di Center, mentre suoi parenti erano
soci di Felpi.
Il secondo rilievo riguardava la rettifica di rimanenze finali per
€.21.265,00, relativa ad un lotto parzialmente edificato, che l’Ufficio
aveva ritenuto occultare i maggiori ricavi conseguenti alla vendita di
altri due lotti edificati.

i
R.G.N. 16135/2010
Cons. Lauro Tricorni

1. La società Autopiù SRL in liquidazione ricorre con otto motivi

2. Il giudice di appello ha confermato le riprese
Quanto al rilievo per sottofatturazione, ha confermato
l’accertamento valorizzando la elevata differenza tra i prezzi realizzati
in un arco temporale ristretto, senza modifiche del bene, ed i rapporti
familiari intercorrenti e/o l’identità tra i soci delle società ed

quella della cessione effettuata a distanza di 18 mesi da Felpi ad
Agrileasing SPA, società esterna al gruppo familiare”; è giunta altresì
a ravvisare nella cessione da Autopiù SRL a Center SRL un’operazione
simulata sulla considerazione che l’interposizione di Center appariva
fittizia e finalizzata solo a farle conseguire una plusvalenza esente da
IRPEG, visto che la società interposta era in perdita e destinata alla
liquidazione, laddove le parti avrebbero invece realmente voluto la
cessione da Autopiù a Felpi.
Quanto al rilievo riguardante la determinazione del valore delle
rimanenze finali ha affermato che, posto che le rimanenze finali
dovevano essere valorizzate al costo ex art.93 del T.U.I.R., la
valutazione esposta in bilancio da Autopiù era ingiustificatamente
inferiore al costo storico, come determinato dall’Ufficio e posto a base
della ripresa, tenendo conto del costo di acquisto del lotto e del costo
dei lavori, con un computo che veniva condiviso dalla Commissione
territoriale.
3. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I motivi dal primo al sesto riguardano il rilievo per
sottofatturazione, il settimo motivo attiene alla valutazione delle
rimanenze finali, l’ottavo è in tema di inapplicabilità delle sanzioni.
2.1. Primo motivo – Violazione degli artt. 13, comma 1, e 54 del
d.P.R. n.633/1972, dell’art.73 della Direttiva IVA n.2006/112/CE e
falsa applicazione dell’art.35, comma 2, del d.l. n.223/2006,
convertito, con modificazioni, dalla legge n.248/2006, così come
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osservando che “solo il prezzo della seconda cessione è in linea con

interpretati dagli organi comunitari (art.360, primo comma, n.3, cod.
proc. civ.).
2.2. Secondo motivo – Violazione dell’art.86, comma 2, del d.P.R.
n.917/1986, dell’art.39, comma 1, del d.P.R. n.600/1973 e falsa
applicazione dell’art.35, comma 3, del d.l. n.223/2006 convertito, con

organismi comunitari (art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ. ),
2.3. I motivi, corredati ciascuno da tre quesiti di diritto, possono
essere trattati congiuntamente per connessione.
2.4. Sostiene la ricorrente che i giudici di appello, errando, hanno
confermato un accertamento privo dei requisiti di gravità, precisione
e concordanza ed hanno applicato l’illegittimo criterio del valore di
mercato dell’immobile (rilevante ai fini dell’imposta di registro, ma
non dell’IVA e delle imposte sul reddito) e non già quello del maggior
corrispettivo che non era stato provato. Ricorda che la rettifica
dell’imponibile in campo immobiliare non può avvenire in base al
valore normale (che non costituisce più presunzione legale relativa di
ricavi non dichiarati), ma con riferimento al corrispettivo
effettivamente determinato tra le parti.
Con i tre quesiti di diritto analoghi, posti a corredo dei due motivi,
chiede di sapere se la CTR, in violazione delle norme su indicate, 1)
abbia di fatto applicato l’illegittimo criterio del valore di mercato
dell’immobile, anziché quello del corrispettivo effettivo; 2) abbia
ritenuto fondato l’accertamento anche in assenza di presunzioni gravi,
precise e concordanti, poiché il valore accertato dell’immobile non era
frutto di una stima tecnica, ma di presunzione conseguente ad una
cessione successiva, non tenendo conto delle argomentazioni
giuridiche e fattuali della società; 3) abbia implicitamente applicato il
criterio del valore normale di mercato dei beni ex art.35 cit. abrogato.
2.5. I motivi sono infondati.

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Cons. Laura Tricorni

modificazioni, dalla legge n.248/2006, così come interpretatati dagli

2.6. Invero la CTR con argomenti puntuali ha ritenuto fondato
l’accertamento sulla scorta di presunzioni ritenute gravi, precise e
concordanti, senza applicare il criterio del valore normale,
contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che
contraddittoriamente ne invoca l’inapplicabilità nel primo quesito e ne
lamenta l’applicazione nel terzo, mentre nel secondo si duole della

Va considerato infatti, che contrariamente a quanto sostiene la
ricorrente, i prezzi delle due cessioni successive, quella intervenuta
venti giorni dopo quella oggetto di verifica e quella intervenuta un
anno e mezzo dopo, non sono indizi, ma fatti storici certi e non
contestati dai quali è possibile sviluppare un ragionamento
presuntivo, così come ha fatto la Agenzia, con argomenti condivisi
dalla CTR, e che l’accertamento non è affatto basato sul valore
normale di mercato, ma sul corrispettivo stabilito per la successiva
cessione concernente lo stesso immobile in un arco temporale
estremamente ridotto, senza che fosse intervenuta alcuna modifica, e
tra soggetti legati da stretti vincoli societari o familiari, prezzo
confortato dalla vendita intervenuta un anno e mezzo dopo ad una
quarta società estranea al gruppo, elementi sulla scorta dei quali la
CTR è giunta a sostenere anche la simulazione della prima cessione,
in quanto conclusa con un interposto fittizio – la Center – e ad un
prezzo di comodo, laddove l’operazione voluta avrebbe riguardato
direttamente Autopiù e Felpi al prezzo convenuto e corrisposto nella
seconda cessione.
3.1. Terzo motivo – Omessa motivazione circa un fatto decisivo e
controverso, sotto il profilo dell’omesso esame di documenti e
valutazione di prove fornite dalla Società che, se esaminati,
avrebbero condotto a decisione diversa da quella adottata (art.360,
primo comma, n.5, cod. proc. civ.), corredato da un momento di
sintesi nel quale la ricorrente sostiene che la CTR ha omesso di
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Cons. Lauro Tricorni

sua non corretta determinazione.

esaminare elementi probatori ed argomenti decisivi, quali la
contestazione del valore del cespite, la omessa valutazione delle
ragioni economiche sottese alla cessione, il rogito per l’importo di
€.360.000, la perizia asseverata, la relazione di coerenza del valore di
perizia rispetto a transazioni similari.
3.2. Il motivo è infondato.

decidendi

ratio

espressa dalla CTR, fondato sulla legittimità

dell’accertamento in ragione degli indizi gravi, precisi e concordanti
circa il prezzo effettivamente conseguito a seguito della cessione; ne
discende che tutte le argomentazioni volte a comprovare il valore
reale o il valore normale del bene (perizia asseverata, etc.) risultano
inidonee a contrastare l’accertamento e prive di decisività, oltre che
contraddittorie rispetto alla invocata inapplicabilità del valore
normale, valore che peraltro la CTR non ha applicato, avendo
confermato la rettifica sulla scorta del prezzo come presuntivamente
ricostruito.
4.1. Quarto motivo – Insufficiente motivazione circa un fatto
decisivo e controverso per il giudizio, sotto il profilo delle generiche
affermazioni e della insufficiente indicazione degli elementi di giudizio
dai quali i giudici hanno tratto il loro convincimento per accogliere la
tesi erariale in merito alla simulazione dell’operazione (art.360, primo
comma, n.5, cod. proc. civ.), corredato da un momento di sintesi.
4.2. Il motivo è infondato.
4.3. La CTR ha esplicitato gli elementi da cui ha tratto le sue
conclusioni attraverso un percorso logico-giuridico sufficientemente
articolato e convincente.
La ricorrente contesta alcuni elementi accertati in fatto (la
circostanza che la Center fosse in perdita e destinata alla liquidazione,
la sproporzione tra il primo ed il secondo prezzo di vendita) in
maniera apodittica e incidentale, poiché colloca tali deduzioni in
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3.3. Invero la ricorrente sostanzialmente non coglie la

parentesi, senza assolvere al suo onere di specificità in merito alla
prospettazione della doglianza ed alla sua tempestiva introduzione nel
giudizio.
5.1. Quinto motivo – Violazione e falsa applicazione degli artt.115
e 116 cod. proc. civ. (art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.),
connesso ai motivi terzo e quarto, corredato da un quesito di diritto.

6.1. Sesto motivo – Nullità della sentenza per violazione
dell’art.112 cod. proc. civ. per vizio di ultrapetizione (art.360, primo
comma, n.4, cod. proc. civ.), corredato da quesito dì diritto, sulla
considerazione che il rilievo mosso dall’Ufficio non conteneva
riferimenti alla simulazione o all’interposizione fittizia, ma aveva
contestato solo un’ipotesi di corrispettivo non veritiero e di
sottofatturazione di cessione.
6.2. Il motivo è infondato, poiché non si ravvisa alcuna violazione
della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
6.3. Va infatti considerato che la CTR ha confermato
l’accertamento, condividendo con specifiche considerazioni la
contestazione mossa dall’Agenzia, segnatamente rimarcando
l’elevata differenza tra i prezzi – in alcun modo giustificata dalla
società che, sostanzialmente, nel corso del giudizio ha inteso far
valere la bontà del primo, mediante una perizia attestata sui valori
più bassi, senza spiegare il successivo innalzamento del prezzo, e che
in sede di discussione, con una certa contraddittorietà, ha suggerito
l’ipotesi del negozio misto con donazione -, nonché la ristretta base
societaria caratterizzata dalla coincidenza dell’amministratore, oltre
che dalla rapida successione dei due contratti nel tempo, circostanze
di fatto rilevanti ed integranti gli indizi gravi, precisi e concordanti,
che vengono solo corroborate dalla prospettazione di una
simulazione.

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5.2. Il motivo è assorbito dal rigetto dei motivi terzo e quarto.

7.1. Settimo motivo – Omessa motivazione circa un fatto decisivo
e controverso, sotto il profilo dell’omesso esame di documenti e
valutazione di prove fornite dalla Società che, se esaminati,
avrebbero condotto a decisione diversa da quella adottata (art.360,
primo comma, n.5, cod. proc. civ.), corredato da un momento di
sintesi.

relativi allo stato delle rimanenze finali e la perizia estimativa resa
dalla società Gabetti SPA, depositata in giudizio, che avrebbero
potuto condurre ad una diversa decisione.
7.2. Il motivo è infondato.
7.3. Invero la ricorrente trascura di considerare la ratio decidendi,
collocata dalla CTR nell’applicazione della valorizzazione delle
rimanenze finali al costo (ar.93 T.U.I.R.): ne consegue che gli
elementi indicati, non pertinenti al costo delle rimanenze finali, ma
alla qualità delle stesse (stato delle rimanenze finali) ed alla loro
valutazione per la vendita (stima della Gabetti), sono privi di
decisività.
8.1. Ottavo motivo – Violazione e falsa applicazione dell’art.8 del
d.lgs. n.546/1992, dell’art.6, comma 2, del d.lgs. n.472/1997 e
dell’art.10, comma 3, della legge n.212/2000 in tema di
inapplicabilità delle sanzioni (art.360, primo comma, n.3, cod. civ.),
corredato da quesito di diritto.
8.2. Il motivo è inammissibile.
8.3. Invero la ricorrente sostiene in maniera del tutto assertiva e
generica che “la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza
sulla portata applicativa della normativa applicabile risulta evidente
dalle argomentazioni svolte ai precedenti paragrafi”, rinvio che,
attese le dimensioni del ricorso – oltre

pagine – e

l’articolazione in otto motivi, risulta del priva di specificità.

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Secondo la ricorrente, la CTR non ha considerato alcuni elementi

Inoltre tale domanda, alla stregua del motivo, risulta proposta
inammissibilmente/ per la prima volta, nel giudizio di legittimità (Cass.
n. 14402/2016).
9.1. In conclusione il ricorso va rigettato. Non si provvede sulle
spese in ragione dall’assenza di attività difensiva dell’intimata.

– Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2017.

P.Q.M.

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