Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30561 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 30/12/2011), n.30561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PROVINCIA VENEZIA in persona del Presidente, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EMILIA 88, presso lo studio dell’avvocato

VINTI STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DE BENETTI CRISTINA;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA

70, presso lo studio dell’avvocato LOTTI MASSIMO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ALBERTINI MAURO;

– controricorrente –

e contro

F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 134/2004 del TRIBUNALE di VENEZIA – SEDE

DISTACCATA DI PORTOGRUARO, depositata il 29/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2011 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato CORSINI Federica, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato VINTI Stefano, difensore del ricorrente che ha chiesto

di riportarsi agli atti;

udito l’Avvocato LOTTI Massimo, difensore del resistente che ha

chiesto di riportarsi anch’egli;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso e

condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La sentenza impugnata così riassume la vicenda processuale. Con ricorso L. n. 689 del 1981, ex art. 22 F.A. e B. M. proponevano opposizione alla ordinanza ingiunzione n. 23737 emessa dalla Provincia di Venezia – Settore Politiche Ambientali in data 27.04.2001 e notificata in data 03.05.2001.

Con tale provvedimento veniva contestato a B.M. quale trasgressore e a F.A. quale obbligato in solido l’illecito amministrativo consistente nel mancato aggiornamento tra la data del 04.06.1997 e 16.07.1997 del registro di carico e scarico dei rifiuti speciali di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 7, comma 3, lett. C) con omessa annotazione dei movimenti nel periodo indicato, in violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 12 e 52.

Tale violazione veniva accertata mediante accesso e ispezione presso la ditta Zignago Tessile s.p.a. sita in Fossalta di Portogruaro.

In via principale i ricorrenti chiedevano l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione opposta per carenza di competenza in capo al dirigente firmatario e comunque per violazione di legge, non essendo i fatti oggetto di contestazione attribuibili nè all’ing. B.M. nè all’ing. F.A. quale responsabile solido.

In via subordinata richiedevano la riforma dell’ordinanza ingiunzione riconducendo i fatti oggetto di contestazione al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 4, con irrogazione della sanzione amministrativa nella misura minima ivi prevista, ed in via ulteriormente subordinata la riforma dell’ordinanza ingiunzione, con irrogazione della sanzione amministrativa nella misura minima prevista dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 2.

2. – Il Tribunale di Venezia respingeva il primo motivo di opposizione ed accoglieva il secondo, affermando che dalla istruttoria svolta era emersa la completa estraneità ai fatti contestati del B., indicato come trasgressore, per non essere questi dipendente della società in questione e per non aver ricevuto alcun incarico al riguardo, nemmeno in via di fatto, per le incombenze relative. Il Tribunale riteneva poi che, esclusa la responsabilità della persona indicata come trasgressore materiale della violazione, veniva meno ogni collegamento con la responsabilità del F. in mancanza di elementi specifici di responsabilità.

3. – La Provincia formula un unico articolato motivo di ricorso.

Resiste con controricorso B.. Resta intimato il F.. La Provincia di Venezia ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 motivi del ricorso.

Con l’unico articolato motivo di ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 3, e art. 18 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 2 e art. 12 in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3 e 5..

Lamenta che il giudice di prime cure abbia mal valutato le risultanze processuali quanto alla esclusione del responsabilità del B. come autore materiale. Osserva che nell’individuazione del trasgressore il giudice si è attenuto ad un “criterio puramente formalistico, così consentendo che l’illecito in questione, pur accertato, rimanesse di fatto impunito”. A giudizio della ricorrente, comunque, “la responsabilità solidale dell’ente può essere fatta valere indipendentemente dall’identificazione, nel testo dell’ordinanza-ingiunzione, dell’autore materiale dell’illecito, trattandosi di requisito che, di per sè solo, non costituisce condizione di legittimità del provvedimento”. Conseguentemente la “mancata identificazione, o meglio, la presunta erroneità nell’indicazione dell’autore materiale dell’illecito, non solo non costituisce requisito di legittimità dell’ordinanza ingiunzione, ma soprattutto non fa venir meno la responsabilità della persona giuridica alla quale l’illecito sia sostanzialmente e formalmente riferibile”. In ogni caso la sentenza era erronea quanto alla ritenuta insussistente responsabilità del signor F., che al momento dell’accertamento dei fatti aveva agito come rappresentante legale della società stessa e che successivamente in tale qualità aveva presentato memoria difensiva nel procedimento amministrativo sanzionatolo.

Infine, e in subordine, la ricorrente Provincia lamenta, quanto al mancato accertamento della sussistenza della violazione contestata agli odierni intimati da parte dei Giudice di primo grado, un autonomo vizio di omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia.

2. Il ricorso è infondato e va respinto. 2.1 – Sulla responsabilità di B.M..

Occorre rilevare in primo luogo che il giudice di prime cure, all’esito dell’istruttoria svolta, è giunto all’argomentata conclusione dell’inesistenza di qualsiasi rapporto tra il B. e la società Zignago Tessile s.p.a., presso la quale erano stati svolti gli accertamenti che avevano poi portato alla contestazione e irrogazione della sanzione. Al riguardo il giudice così motiva: Il secondo motivo di opposizione per illegittimità dell’ordinanza ingiunzione per violazione della L. n. 9 del 1981, art. 6 e per carenza di motivazione con conseguente violazione risulta fondato.

Per quanto riguarda la posizione di B.M., è stato dimostrato che egli era alle dipendenze di altra ditta, la Zignago Vetro s.p.a., diversa da quella in cui è stata riscontata la non conformità dei registri di carico e scarico rifiuti, Zignago Tessile s.p.a. Inoltre, è stato dimostrato che in alcun momento il B. è stato investito dalla Zignago Tessile s.p.a. di alcun incarico in merito alla questione in oggetto. Pertanto è stata accertata la mancanza di qualsiasi titolo in capo al suddetto ricorrente perchè possa affermarsi la di lui responsabilità per l’illecito amministrativo contestato. Manca inoltre, sia nel verbale di contestazione dell’infrazione che nel provvedimento impugnato, l’indicazione dei motivi e le ragioni che hanno indotto l’autorità ispettiva ad individuare nel B.M. il trasgressore in via principale, quale la qualifica rivestita dallo stesso in relazione all’oggetto dell’infrazione (registro di carico e scarico rifiuti).

Sul punto specifico le argomentazioni della ricorrente si limitano a pure affermazioni e deduzioni, inidonee a contrastare adeguatamente le conclusioni appena trascritte. Il ricorso nei confronti del B. non coglie quindi nel segno, neanche sotto il profilo indicato in via subordinata con la deduzione di un vizio di motivazione o di omissione di pronuncia, in quanto, vertendosi in materia di sanzioni amministrative, occorre aver riguardo alla sola contestazione, nei limiti della quale va individuata e mantenuta la potestas iudicandi.

2.2 – sulla responsabilità di F.A..

Il giudice di prime cure ha osservato quanto segue: Quanto alla posizione di F.A., è stato dimostrato che all’epoca dei fatti egli risultava consigliere delegato e Vice presidente del consiglio di amministrazione della ditta Zignago Tessile s.p.a.

L’ordinanza ingiunzione opposta contesta al F.A. l’illecito amministrativo in qualità di obbligato in solido con il trasgressore principale, B.M., in ossequio alla L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 3, che prevede la responsabilità della persona giuridica per la violazione commessa dal rappresentante o da un suo dipendente nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze.

Tuttavia è stato dimostrato che B.M. non era alle dipendenze della Zignago Tessile S.p.a., e, pertanto, come non sussiste l’obbligazione principale alla quale quella del F. A. possa accedere come obbligazione solidale. Nel caso di specie non risulta, infatti, integrata la fattispecie normativa prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 3 che prevede per l’insorgenza della responsabilità solidale l’esistenza di un’infrazione amministrativa commessa dal soggetto dipendente nell’ esercizio delle proprie funzioni o incombenze. L’inesistenza dell’obbligazione principale comporta necessariamente l’inesistenza anche dell’obbligazione ad essa collegata, ovvero di quella accessoria solidale. Inoltre, la giurisprudenza ha affermato che le sanzioni amministrative rientrano tra quelle sanzioni repressive per le quali è richiesta, oltre alla capacità di intendere e volere la colpa o il dolo (L. n. 689 del 1981, artt. 2 e 3). Di conseguenza, una persona giuridica non può considerarsi autore della violazione alla quale la legge riconnetta dette sanzioni ma, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6 è solo obbligata in solido per le violazioni commesse, “nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze”, dal suo rappresentante o dai suoi dipendenti, con diritto di regresso nei confronti degli stessi; a tal fine non è sufficiente che l’attività di questi sia imputabile alla persona giuridica ma occorre anche che sia stata posta in essere nell’interesse della stessa.

Il giudice di prime cure ha quindi adottato due rationes decidendi nell’escludere la responsabilità del F.. La prima che esclude si possa affermare la responsabilità dell’Ente in assenza di individuazione dell’autore materiale del fatto; la seconda che rileva il mancato accertamento (e motivazione sul punto) nell’ordinanza- ingiunzione dei profili (autonomi) di responsabilità in capo al rappresentante legale dell’Ente.

Al riguardo è appena il caso di richiamare i principi più volte affermati nella giurisprudenza di legittimità secondo cui: a) in materia di sanzioni amministrative per il disposto della L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 3, la responsabilità dell’illecito amministrativo compiuto da soggetto che abbia la qualità di rappresentante legale della persona giuridica, grava sull’autore medesimo e non sull’Ente rappresentato e solo solidalmente obbligato al pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni irrogate. Ne consegue che legittimamente la sanzione viene applicata e notificata nei confronti del detto autore nella sua qualità di legale rappresentante della persona giuridica (sentenze 13/2/2004 n. 2836;

9/4/2002 n. 5061; 16/3/2001 n. 3838); b) in tema di sanzioni amministrative, l’identificazione e l’indicazione dell’autore materiale della violazione non costituiscono requisito di legittimità dell’ordinanza ingiunzione emessa nei confronti dell’obbligato solidale, in quanto la “ratio” della responsabilità di questi non è quella di far fronte a situazioni d’insolvenza dell’autore della trasgressione, bensì quella di evitare che l’illecito resti impunito quando sia impossibile identificare tale ultimo soggetto e sia, invece, facilmente identificabile il soggetto obbligato solidalmente a norma della L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 1, (sentenze 15/5/2007 n. 11115; 14/1/2000 n. 357; 10/1/1997 n. 172); c) la responsabilità solidale dell’ente può essere fatta valere indipendentemente dalla identificazione, nel testo dell’ordinanza – ingiunzione, dell’autore materiale dell’illecito (sentenze 2/12/2003 n. 18389; 30/5/2002 n. 7909). Va aggiunto che l’illecito amministrativo presuppone la configurabilità di una condotta dolosa o colposa per cui non è legittima l’applicazione di una sanzione amministrativa, nei confronti del legale rappresentante di una società, sulla base di una generica “culpa in vigilando” o “in eligendo”, in assenza di accertamenti specifici e senza valutare se le infrazioni fossero imputabili anche al comportamento omissivo del medesimo legale rappresentante.

Alla luce di tali principi, la decisione impugnata risulta illegittima quanto alla prima delle due rationes decidendo mentre non risulta impugnata per la seconda (l’assenza di indicazione e di motivazione dei profili soggettivi di responsabilità del legale rappresentante della società) con la conseguenza che il motivo sul punto risulta inammissibile, secondo il costante orientamento di questa Corte che ha ritenuto che deve affermarsi che, nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, il ricorso, per qualificarsi come ammissibile, deve rivolgersi contro ciascuna di queste, in quanto l’eventuale suo accoglimento non toccherebbe le ragioni non censurate e la decisione impugnata resterebbe ferma in base ad esse (Cass. 2007, n. 13070).

3. Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 1.500,00 (millecinquecento/00) Euro per onorari e 200,00 (duecento/00) per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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