Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30558 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 11/10/2011, dep. 30/12/2011), n.30558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FAREDIL SRL IN PERSONA DELL’AMM.RE UNICO ING. A.A. P.I.

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PORTA PIA

121, presso lo studio dell’avvocato NAVARRA GIANCARLO, rappresentata

e difesa dall’avvocato ALIQUO’ GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

PAB COSTR SRL IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE GEOM. A.

F. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

AURELIA N. 641 PAL. C INTERNO 18, presso lo studio dell’avvocato

SAMBATARO DELFO MARIA, rappresentata e difesa dall’avvocato PORTALE

SEBASTIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 343/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 20/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato Aliquò Giuseppe difensore della ricorrente che si

riporta agli atti e chiede l’accoglimento del ricors;

udito l’Avv. Portale Sebastiano difensore della controricorrente che

ha chiesto il rigetto del ricorso con condanna alle spese;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine,

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto di citazione notificato in data 17 febbraio 1997 A.F., nella qualità di legale rappresentante della PAB Costruzioni s.r.l., conveniva la FAREDIL s.r.l. davanti al Tribunale di Catania, chiedendo che venisse pronunciata la risoluzione per inadempimento della stessa della scrittura privata del 20 novembre 1995 avente ad oggetto la promessa di cessione di un contratto preliminare stipulato il 23 agosto 1995 tra la FAREDIL s.r.l., da un lato, e R., G. e P.B., dall’altro, con il quale questi ultimi si erano impegnati a vendere un terreno edificabile sito in (OMISSIS).

La FAREDIL s.r.l., costituitasi, contestava il fondamento della domanda, deducendo che inadempiente doveva considerarsi la società attrice, e chiedeva che venisse pronunciata la risoluzione di diritto del contratto ex art. 1454 c.c..

Con sentenza in data 29 agosto 2002 il Tribunale di Catania accoglieva la domanda principale e rigettava quella riconvenzionale.

2. – La FAREDIL s.r.l. proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Catania, con sentenza del 20 aprile 2006, la quale riteneva inefficace la diffida ad adempiere della FAREDIL s.r.l. nei confronti della PAB Costruzioni s.r.l., in considerazione del fatto che non era stato concesso un termine di almeno 15 giorni, nè, per la natura del contratto o secondo gli usi, appariva congruo un termine inferiore.

3. – Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la FAREDIL s.r.l., con due motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso la PAB Costruzioni s.r.l.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la società ricorrente denuncia motivazione insufficiente sul punto decisivo della controversia rappresentato dalla mancanza di pronuncia sulla domanda di risoluzione, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata pronuncia sulla risoluzione ex art. 1453 cod. civ.. Si deduce sostanzialmente che la Corte di merito, una volta ritenuta inefficace la diffida ad adempiere ai fini della risoluzione di diritto del contratto ai sensi dell’art. 1453 cod. civ., avrebbe dovuto di ufficio porsi il problema della sussistenza delle condizioni per la pronuncia della risoluzione del contratto in base alla regola generale di cui all’art. 1453 cod. civ..

La illustrazione del motivo si conclude con la enunciazione dei seguenti quesiti di diritto ex art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile nella specie ratione temporis: Se la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento proposta ex art. 1454 cod. civ. sia più ampia di quella formulata ex art, 1453 cod. civ.;

Se la sussistenza di tutti i requisiti utili ai fini dell’accertamento della risoluzione del contratto ex art. 1453 cod. civ. legittimi il giudice del merito alla cognizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, pur in mancanza dell’esplicito richiamo dell’art. 1453 cod. civ. e la presenza del solo richiamo dell’art. 1454 cod. civ.; Se, preso atto della risposta positiva ai precedenti quesiti, la mancata pronuncia sulla risoluzione ex art. 1453 cod. civ. concreti un’omessa pronuncia su un fatto decisivo da accertare nel giudizio di merito; la mancata pronuncia sulla risoluzione ex art. 1453 cod. civ. violi il disposto di cui all’art. 112 cod. proc. Civ.;

l’art. 1454 cod. civ. sia da considerare uno strumento per azionare il credito del contraente adempiente e sia strumento facoltativo, il cui utilizzo o cattivo utilizzo non possa comunque divenire in danno della parte che può comunque azionare la propria pretesa ai sensi dell’art. 1453.

2.1. – La doglianza non può trovare ingresso nel presente giudizio di legittimità.

2.2. – E’ pur vero che, secondo l’orientamento di questa Corte, ove vengano allegati fatti rilevanti ai fini sia di una pronuncia dichiarativa dell’avvenuta risoluzione automatica ai sensi dell’art. 1454 c.c., sia di una pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1453 c.c., la menzione esclusiva, nell’atto introduttivo del giudizio, dell’art. 1454 c.c. non preclude al giudice il potere-dovere di delibare la domanda ex art. 1453 c.c., trattandosi di domanda contenuta in quella più ampia ex art. 1454 c.c. ( cfr. sent. 28 agosto 2003 n. 12644; 16 novembre 2006 n. 24389).

Nella specie, tuttavia, il ricorso non chiarisce gli elementi sulla base dei quali la Corte di merito avrebbe dovuto pronunciarsi sulla risoluzione ex art. 1453 cod. civ. Esso, pertanto, difetta di autosufficienza.

3. – Con la seconda censura la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1454 cod. civ., nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata pronuncia sull’inadempimento della controparte. Si deduce nel ricorso che la Corte di appello non poteva ritenere non congruo il termine per adempiere assegnato dalla attuale società ricorrente alla controparte per il solo fatto che esso era inferiore a quindici giorni, ma avrebbe dovuto valutare se esso, alla stregua di quanto previsto dall’art. 1454 c.c., comma 2, non potesse ritenersi comunque congruo, anche in considerazione del fatto che la controparte aveva già manifestato comunque la sua intenzione di non adempiere con la lettera del 10 gennaio 1996.

La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto. Se l’assegnazione di un termine inferiore ex art. 1454 cod. civ. determini l’applicazione di una sanzione; Se in relazione alla congruità del termine il giudizio debba essere motivato; la prova della non congruità debba essere fornita al diffidato e non ricercata dal giudice; Se, in un contratto preliminare di vendita, il rifiuto di stipulare il definitivo equivalga ad inadempimento, ove non giustificato; In particolare, se la comunicazione di rifiuto della stipula del definitivo, intervenuta prima del decorso del termine assegnato con l’art. 1454 cod. civ. valga ad annullare gli effetti della diffida e consolidi l’inadempimento in capo al contraente che rifiuta.

4.1. – La censura è destituita di fondamento.

4.2. – La Corte territoriale – a differenza di quanto denunciato dalla ricorrente – non si è limitata a desumere automaticamente la non congruità del termine nella specie concesso per l’adempimento dalla circostanza che detto termine fosse inferiore a quindici giorni. Essa, si è, invece, posta il problema della congruità dello stesso, escludendola alla luce del rilievo che nè la natura del contratto nè gli usi inducevano a diversa conclusione. Ed ha altresì implicitamente negato ogni rilievo di rifiuto di adempiere al comportamento dell’attuale controricorrente, in particolare interpretando in modo differente rispetto a quanto vorrebbe la ricorrente il contenuto della citata lettera del legale rappresentante della PAB Costruzioni s.r.l., come risulta anche dalla parte narrativa della sentenza impugnata, in cui si riferisce che con la lettera medesima era stata contestata la ritualità, il contenuto e la legittimità dell’invito ad adempiere rivolto dalla Faredil a procedere alla stipula dell’atto, e nel contempo si era sottolineato che, conformemente agli accordi, l’acquisto de quo sarebbe stato effettuato nei confronti della Faredil o di società eventualmente indicata dalla stessa Faredil, e non dei P..

4.3.- Resta, in definitiva, escluso che la Corte etnea abbia ritenuto non congruo il termine per adempiere assegnato dalla attuale società ricorrente alla controparte per il solo fatto che esso era inferiore a quindici giorni.

5. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del principio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico della società ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di complessivi Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 11 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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