Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30557 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/11/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 22/11/2019), n.30557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12668/2015 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIANO 8,

presso lo studio dell’avvocato ORAZIO CASTELLANA, rappresentato e

difeso dall’avvocato TOMMASO SAVITO;

– ricorrente –

contro

ALLEANZA TORO S.P.A., già ALLENZA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA APRICALE 31, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

VITOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA GILARDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 160/2014 della CORTE D’APPELLO LECCE – SEZ.

DIST. DI TARANTO, depositata il 15/05/2014 R.G.N. 198/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza in data 15 maggio 2014, la Corte d’Appello di Lecce, ha confermato la statuizione di primo grado che aveva respinto la domanda proposta da C.F. nei confronti della Alleanza Assicurazioni S.p.A., volta ad ottenere la qualificazione del rapporto intercorso dall’agosto 1995 al settembre 2002 ed al pagamento della retribuzioni previste dal CCNL di categoria, rigettando la domanda riconvenzionale spiegata dalla resistente per la somma di Euro 1.602,86, quale residuo dell’anticipazione di provvigioni non interamente restituite dal C.;

– in particolare, la Corte ha confermato, sulla base dell’attività istruttoria esperita, l’esclusione della natura subordinata del rapporto e, conseguentemente, la riconducibilità delle mansioni asseritamente svolte nell’ambito della qualifica di ispettore di produzione di terzo livello;

– per la cassazione della sentenza propone ricorso C.F., affidandolo a due motivi;

– resiste, con controricorso, la Alleanza Assicurazioni S.p.A..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla mancanza di direttive, vincoli di orario e soggezione al potere disciplinare del datore di lavoro;

– premesso che con l’unico motivo si fanno valere due censure, la dedotta violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., è infondata;

– la Corte d’appello, infatti, in ossequio al disposto di cui all’art. 112 c.p.c., ha posto a base della decisione esclusivamente fatti oggetto di puntuale allegazione o contestazione negli scritti difensivi delle parti (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 30607 del 27/11/2018) rispettando, altresì, il principio di non contestazione (su cui, fra le più recenti, Cass. n. 3680 del 07/02/2019) di cui all’art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della “relevatio ad onere probandi”, spettando al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte;

– per quanto concerne l’attività istruttoria, deve escludersi qualsivoglia violazione, atteso che, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (sul punto, Cass. n. 1229 del 17/01/2019);

– con riferimento al dedotto omesso esame di un fatto decisivo è necessario precisare che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);

– ne consegue che, pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori, non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. n. 27415 del 29/10/2018);

– con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. e del CCNL aziendale;

– il motivo è inammissibile;

– va rilevato, al riguardo, che, per costante giurisprudenza di legittimità, (cfr., fra le più recenti, Cass. n. 20335 del 2017, con particolare riguardo alla duplice prospettazione del difetto di motivazione e della violazione di legge) il vizio relativo all’incongruità della motivazione di cui all’art. n. 360 c.p.c., n. 5, comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e sussiste solo quando il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione, o comunque, qualora si addebiti alla ricostruzione di essere stata effettuata in un sistema la cui incongruità emerge appunto dall’insufficiente, contraddittoria o omessa motivazione della sentenza;

– attiene, invece, alla violazione di legge la deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente una attività interpretativa della stessa;

– nel caso di specie, pur avendo la parte ricorrente fatto valere una violazione di legge, in realtà mira ad ottenere una rivisitazione del fatto inammissibile in sede di legittimità chiedendo una diversa valutazione delle risultanze istruttorie che, invece, è di esclusiva spettanza del giudice di merito;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso va respinto;

– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono i presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovutoper il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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