Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30553 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 30/12/2011), n.30553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P.G. NELLA QUALITA’ DI CURATORE DEL FALLIMENTO

SICILTRADING S.P.A. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CAPODISTRIA 18, presso lo studio dell’avvocato MICELI

SERENA, rappresentato e difeso dall’avvocato SIRAGUSA VINCENZO;

– ricorrente –

contro

ASSESS COOPERAZIONE COMMERCIO ARTIG PESCA REG SICILIANA IN PERSONA

DEL SUO LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE P.I. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO OPE LEGIS, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1308/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 4 febbraio 1999, il tribunale di Palermo revocava il decreto ingiuntivo n. 587, emesso il 21 maggio 1996 in favore del Fallimento Siciltrading spa, con il quale era stato intimato all’Assessorato Cooperazione Commercio Artigianato e Pesca della Regione Siciliana (di seguito Assessorato) il pagamento di circa L. 273 milioni, residuo dovuto per l’esecuzione di manifestazioni televisive per la promozione pubblicitaria del vino Marsala.

In parziale riforma di detta sentenza, la Corte d’appello di Palermo il 10 dicembre 2004 dichiarava improponibili le domande proposte dal curatore del Fallimento.

Disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Assessorato Regionale con il primo motivo di appello incidentale, la Corte territoriale reputava che il Fallimento non avrebbe potuto proporre la domanda di adempimento delle obbligazioni di controparte, perchè aveva in precedenza (con citazione del 5 dicembre 1992) domandato la risoluzione per inadempimento della Convenzione stipulata tra le parti il 12 maggio 1989, dalla quale era derivato l’incarico relativo alla attività promozionale anzidetta.

A tal fine la Corte d’appello contraddiceva la tesi del tribunale, il quale aveva affermato che la parte che aveva agito per la risoluzione e che aveva già eseguito la propria prestazione poteva chiedere il pagamento della controprestazione.

A questa tesi la Corte territoriale preferiva altra ricostruzione, secondo la quale l’effetto risolutivo non operava (ex art. 1458 c.c.) per le prestazioni già esaurite reciprocamente con adempimento di entrambe le parti. Pertanto negava che il creditore potesse pretendere l’adempimento di una prestazione ancora ineseguita, dopo aver agito giudizialmente per la risoluzione del rapporto obbligatorio.

Il Fallimento Siciltrading spa impugna questa pronuncia con tre motivi di ricorso, resistiti da controricorso dell’Assessorato Regionale siciliano, difeso dall’avvocatura erariale. Parte ricorrente denuncia tra l’altro la violazione del giudicato, perchè il tribunale di Palermo con sentenza 1599/04 e anche con la sentenza 2575/98, in altre controversie tra le stesse parti, relative ad altre somme dovute in dipendenza dalla medesima convenzione, avrebbe ritenuto infondata l’eccezione di improponibilità della domanda ex art. 1453 c.c., comma 2. E’ stata depositata memoria di parte ricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., nonchè dei principi di diritto in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata – Vizi di motivazione.

Deduce che il tribunale di Palermo con sentenza 1599/04 e anche con la sentenza 2575/98, rese in controversie tra le stesse parti relative ad altre somme dovute in dipendenza dalla medesima convenzione, ha ritenuto infondata l’eccezione di improponibilità della domanda ex art. 1453, comma 2.

Parte ricorrente riferisce che la sentenza n. 1599/04 venne depositata quando la sentenza d’appello oggi impugnata era già passata in decisione. Ritenuta la possibilità di produrre tale documentazione ex art. 372 c.p.c., ha versato in atti la citata sentenza, divenuta definitiva, come da attestazione di cancelleria, al pari di quella n. 2575/98, formata tuttavia quando il giudizio di merito di cui qui si tratta era ancora in corso. Il Fallimento Siciltrading spa sostiene che vi è giudicato esterno, documentato da tali sentenze, che contraddice la decisione impugnata, poichè l’eccezione – tratta dal disposto dell’art. 1453 c.c. – di improponibilità della domanda svolta, sarebbe vanificata dalle pronuncie invocate, che hanno sancito l’ammissibilità della domanda di adempimento, pur in presenza di azione di risoluzione del contratto posto a fondamento della pretesa.

La censura è fondata.

Superando la giurisprudenza invocata in controricorso, le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 13916/06 hanno stabilito che:

“Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo”.

La stessa sentenza ha anche precisato che nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. Tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive, non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 cod. proc. civ., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato; questi ultimi, d’altronde, comprovando la sopravvenuta formazione di una “regula iuris” alla quale il giudice ha il dovere di conformarsi in relazione al caso concreto, attengono ad una circostanza che incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione, e sono quindi riconducibili alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso. La produzione di tali documenti può aver luogo unitamente al ricorso per cassazione”.

La fattispecie odierna si attaglia pienamente al caso di specie, poichè la sentenza oggi impugnata, n. 1308/04 del 10 dicembre 2004, passò in decisione (come risulta dal verbale di causa e dalle annotazioni di cancelleria a margine della prima pagina della sentenza stessa) il 30 aprile 2004, cioè prima che fosse depositata la sentenza n. 1599/04 del tribunale di Palermo, che risulta depositata il 18 maggio 2004 e di cui è certificato in calce il passaggio in giudicato.

Quest’ultima sentenza, tempestivamente prodotta (a differenza dell’altra) è stata resa tra l’Assessorato e il Fallimento Siciltrading spa in controversia in tutto analoga a quella qui esaminata. Verteva infatti sull’adempimento di incarico progettazione esecutiva e concreta organizzazione di tre manifestazioni fieristiche – svolto in attuazione della Convenzione 12 maggio 1989.

Il tribunale di Palermo ha esaminato e respinto (cfr sentenza pag. 12 in fine e seguenti) l’eccezione di improponibilità ex art 1453 c.c. sollevata dall’Assessorato oppositore. A tal fine ha scrutinato le opposte interpretazioni di questa norma in relazione ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, giungendo alla conclusione, ormai divenuta definitiva per mancata impugnazione, che il Fallimento poteva agire per conseguire la controprestazione di pagamento correlata alle prestazioni rese, sebbene avesse già chiesto in altro giudizio la risoluzione della Convenzione 12 maggio 1989 posta a base del rapporto.

Ne consegue che si è formato il giudicato sulla questione decisiva oggetto del primo motivo, poichè la controversia odierna attiene al medesimo rapporto giuridico, cioè a un’ulteriore fase attuativa della Convenzione pattuita “per lo svolgimento di tutta la attività di sviluppo della propaganda dei prodotti siciliani in Italia e all’estero” (cfr. ricorso pag 2), con affidamento alla Siciltrading del compito di “eseguire i progetti di attuazione da essa stessa predisposti sulla base di programmi di promozione annuali formulati dall’Assessorato”.

Discende da quanto esposto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, concernente l’eccezione su cui si è fondata la sentenza impugnata, restando assorbiti gli altri.

La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo per lo svolgimento, sotto i residui profili, del giudizio di appello. La Corte territoriale liquiderà le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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