Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30550 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. II, 22/11/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 22/11/2019), n.30550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25498/2017 proposto da:

G.C., GA.CA., G.A., G.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TORNIELLI, 46 C/O ST. PROTA,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MALAFRONTE, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARVISIO, 2,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FARSETTI, rappresentato e

difeso dagli avvocati VALERIA VERDE, GIOVANNI VERDE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3151/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/04/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 5.7.2017, confermava la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, che aveva accolto la domanda proposta da P.G. di costituzione di servitù coattiva di passaggio pedonale e carrabile attraverso il fondo di proprietà di G.G.;

la corte territoriale riteneva che, nel caso di specie, vi fosse una interclusione assoluta del fondo del P., in quanto circondato da proprietà aliena e privo di altre vie d’accesso;

nel giudizio d’appello veniva dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum della Città Metropolitana di Napoli, perchè priva di diritto autonomo incompatibile con le statuizione della sentenza, in quanto la p.lla (OMISSIS), su cui era stata costituita la servitù coattiva era di proprietà esclusiva del G., mentre la p.lla (OMISSIS) coincideva con la via pubblica;

per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto ricorso G.C., Ca., A. e G. sulla base di quattro motivi;

ha resistito con controricorso P.G., che, in prossimità dell’udienza, ha depositato memorie illustrative.

Diritto

RITENUTO

che:

per priorità logica, occorre partire dall’esame del terzo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte territoriale disposto l’integrazione del contraddittorio della Provincia di Napoli, intestataria della p.lla (OMISSIS);

il motivo è infondato;

il contraddittorio è stato assicurato dall’intervento della Provincia di Napoli in appello, di cui ha dato atto la corte distrettuale a pag. 3 della sentenza; inoltre, a pag. 8 si è pronunciata nel merito, escludendo il coinvolgimento dell’ente e dichiarando comunque inammissibile l’intervento (pagg. 7-8 della sentenza impugnata);

– in particolare, la corte territoriale ha accertato che la servitù coattiva doveva essere costituita unicamente sulla p.lla (OMISSIS) di proprietà del G., mentre la p.lla (OMISSIS) era già parte della pubblica via, in quanto ceduta dal G. alla Provincia di Napoli;

– con il quarto motivo di ricorso, da esaminarsi con priorità rispetto ai primi due motivi, si deduce la violazione dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per illogicità della motivazione;

– il motivo è inammissibile per due ragioni: a) la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Sez. 2, Sentenza n. 3708 del 17/02/2014); b) il vizio di illogicità della motivazione non è più denunciabile in cassazione, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito – nella L. n. 134 del 2012, che ha limitato il sindacato di legittimità limitatamente all’omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. civ., SS.UU., Sent. n. 8053/2014);

– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 1051 e 1052 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale ritenuto che il fondo del P. fosse intercluso, non avendo un accesso alla via pubblica iure proprietaris o iure servitutis, mentre, nella specie esisterebbe un accesso alla via pubblica, che avrebbe dovuto essere ampliato perchè inadatto o insufficiente, indipendente dall’esistenza di un titolo comprovante un diritto reale di passaggio;

– il motivo è infondato;

le domande di cui agli artt. 1051 e 1052 c.c., hanno titolo diverso poichè i fatti ai quali le due disposizioni citate legano il diritto potestativo del proprietario del fondo assolutamente o relativamente intercluso o il diritto del proprietario del fondo non sufficientemente collegato sono rispettivamente individuabili, per il fondo assolutamente intercluso, nella totale assenza di una uscita sulla via pubblica (art. 1051 c.c., comma 1), per il fondo relativamente intercluso nella insufficiente ampiezza del passaggio esistente (art. 1051 c.c., comma 3), per il fondo non intercluso, nella inadeguatezza del passaggio sulla via pubblica rispetto alle esigenze dell’agricoltura e dell’industria e nell’impossibilità di ampliamento di detto passaggio (art. 1052 c.c.). Ne consegue che l’accoglimento di una domanda in luogo dell’altra “ab origine” proposta comporta un’inammissibile “mutatio libelli” (Cassazione civile sez. II, 18/12/2017, n. 30317; In senso conforme: n. 14788 del 2017, Cass. Civ., sez. 02, del 18/12/1997, n. 12814) nella specie, il P. aveva chiesto la costituzione della servitù coattiva, adducendo l’interclusione assoluta del fondo;

la corte di merito, sulla base della consulenza tecnica, le cui risultanze non sono state oggetto di contestazione, ha accertato che esisteva una interclusione assoluta del fondo dell’attore, circondato da terreno di proprietà aliena e privo di altre vie d’accesso (pag, 6 della sentenza) e, con accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto inadeguato l’altro percorso in quanto inidoneo al passaggio pedonale e non ampliabile;

correttamente la corte di merito ha ritenuto irrilevante l’esercizio di fatto di passaggio attraverso altra via, posto che l’ampliamento della servitù, ai sensi dell’art. 1052 c.c., ha come presupposto non l’esercizio di fatto del transito, avvenuto per tolleranza o all’insaputa dei proprietari dei terreni su cui veniva esercitato ma l’esistenza di un diritto reale di passaggio iure proprietatis o iure servitutis;

con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere correttamente valutato le prove da cui risultava che il fondo del P. avesse accesso dalla via pubblica ed esattamente da (OMISSIS);

– il motivo è infondato;

per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115, è necessario denunciare che il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892/2016; Cass. S.U. n. 16598/2016).

nella specie, il giudice di merito, sulla base delle risultanze della CTU, ha ritenuto che il percorso, anche pedonale, fosse privo di accesso alla via pubblica, e tale accertamento di fatto è insindacabile in sede di legittimità;

il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna solidale dei ricorrenti, risultata soccombenti, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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