Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30547 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. II, 22/11/2019, (ud. 04/12/2018, dep. 22/11/2019), n.30547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22125/2017 proposto da:

D.P.V., rappresentata e difesa dall’avvocato OLINDO DI

FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositate il

10/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/12/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

– con ricorso depositato il 24.6.2016, D.P.V., nella qualità di erede di T.R., adivà” la Corte d’Appello di Palermo per chiedere l’indennizzo per l’irragionevole durata di un processo civile, iniziato nel 1997 e dichiarato estinto il 6.4.2016;

– con decreto del 10.2.2017, la Corte d’appello, confermando il decreto del Consigliere Delegato, rigettava il ricorso; riteneva applicabile la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. c), poichè il giudizio si era estinto per inattività delle parti, e la ricorrente non aveva superato la presunzione di insussistenza del pregiudizio;

– per la cassazione del decreto, ha proposto ricorso D.P.V., nella qualità di erede di T.R. sulla base di due motivi;

– ha resistito con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

RITENUTO

che:

– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la corte territoriale avrebbe erroneamente applicato la disciplina introdotta con la L. n. 208 del 2015, che presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata in caso di estinzione del processo per inattività delle parti, mentre avrebbe dovuto applicare la previgente disciplina, in quanto la dichiarazione di interruzione era avvenuta il 7.2.2012, in data antecedente all’entrata in vigore della normativa; rilevava, inoltre, che, in relazione al medesimo giudizio presupposto, era già stato proposto ricorso per equa riparazione, dichiarato improponibile ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4;

– con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., L. n. 89 del 2001, art. 3 e 2, comma 2 sexies, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; si sostiene che, al momento dell’interruzione, fosse stato già superato il limite di ragionevole durata, e ci si duole dell’automatica esclusione della sussistenza del danno, nonostante fosse onere del Ministero fornire elementi idonei a dimostrare che non ricorreva il pregiudizio;

– i motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati;

– la corte territoriale ha fatto Corretta applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. c, in base al quale si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di estinzione del processo per rinunzia o inattività delle parti ex artt. 306 e 307 c.p.c.;

– la norma è applicabile, ai sensi della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 777, ai giudizi iniziati dopo l’entrata in vigore della L. n. 208 del 2015, e, quindi, al caso di specie, trattandosi di ricorso depositato il 24.6.2016;

– non assume rilievo la circostanza che, alla data di estinzione del giudizio fosse già maturato il termine di irragionevole durata, in quanto nessuna disposizione transitoria prevede espressamente l’applicabilità della normativa precedente ai procedimenti pendenti che, alla data di entrata in vigore della L. n. 208 del 2015, abbiano superato la ragionevole durata;

– non rileva, pertanto, ai fini dell’applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, la circostanza che la dichiarazione di estinzione del giudizio sia successiva rispetto al superamento del limite di durata ragionevole del processo;

– la L. n. 89 del 2001, art. 2 sexies, comma 3, prevede una presunzione iuris tantum di insussistenza del pregiudizio, superabile con la prova contraria da parte del ricorrente;

– il giudice di merito, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, ha accertato che tale prova contraria non fosse stata fornita, in quanto la ricorrente si era limitata a dedurre l’interesse alla rapida definizione del giudizio, nonostante risultasse dagli atti che per ben due volte non si era presentata all’udienza di comparizione personale delle parti, nè ad altre due udienze;

non vi è stata, pertanto, alcuna omissione di pronuncia in ordine alla sussistenza del pregiudizio, nè, un’errata valutazione della presunzione;

– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– essendo convenuta un’Amministrazione dello Stato, le spese vive devono essere limitate al rimborso delle spese prenotate a debito (Cass. 18.4.2000, n. 5028; Cass. 22.4.2002, n. 5859).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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