Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30543 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. II, 22/11/2019, (ud. 13/11/2018, dep. 22/11/2019), n.30543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18435-2014 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

VENEZIA 11, presso lo studio dell’avvocato LAMBERTO LAMBERTINI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ME.GI., T.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA MONTE AMIATA 33, presso lo studio dell’avvocato MICHELA FUSCO,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati DANIELE

REVERSI, ROBERTO MANCINI, ANDREA PAOLETTI con procura notarile rep.

(OMISSIS) del (OMISSIS); quest’ultima solo per T.M.;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 66/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/11/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TRONCONE FULVIO che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo e, in

subordine, l’accoglimento del terzo motivo, assorbiti i restanti

motivi del ricorso;

udito l’Avvocato Aquaro Giovanni con delega depositata in udienza

dall’Avvocato Lamberto Lambertini difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato Paoletti Andrea difensore del resistente

T.M. che si riporta agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 13 gennaio 2014 la corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da M.G. nei confronti di T.M. e Me.Gi., quali eredi di Me.Ro., confermando la sentenza depositata in data 31 gennaio 2006 con cui il tribunale di Verona:

– ha rigettato la domanda del signor M. di esecuzione in forma specifica di contratto preliminare di vendita di un immobile stipulato con Me.Ro., per essere esso ineseguibile in quanto nullo ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 40 e della L. n. 10 del 1977, art. 15 non risultando il promissario acquirente a conoscenza della mancanza di concessione per la realizzazione di due verande in ferro e in vetro rilevate a mezzo di c.t.u. e non sanate;

– ha rigettato le contrapposte domande risarcitorie fondate sull’inadempimento, non potendo trarsi l’effetto giuridico invocato da contratto nullo.

2. A supporto della decisione, la corte d’appello ha considerato che:

– fosse infondato il motivo d’appello con cui si era sostenuto che le opere abusive non facessero parte dell’immobile oggetto di trasferimento, ritenendo inequivocabili le risultanze di c.t.u. in senso contrario;

– fosse parimenti infondato il motivo d’appello con cui era stato dedotto che le opere contestate fossero antecedenti al 1967 o che esse fossero sanabili, ciò traendo dall’esame degli atti, della c.t.u. e del parere negativo della sovraintendenza preposta alla tutela del vincolo ex L. n. 1089 del 1939;

– fosse parimenti da respingere il motivo d’appello con cui era stato dedotto come erroneo il rigetto della domanda risarcitoria, confermando la corte d’appello la statuizione del tribunale per cui non potessero prodursi gli effetti giuridici invocati sulla base di un contratto nullo; ad abundantiam, la corte d’appello ha argomentato in ordine all’insussistenza di prova dei danni;

– fosse infine da rigettare il motivo d’appello con cui era stata contestata la declaratoria di nullità ai sensi della L. cit., art. 15 non risultando dal contratto la consapevolezza del promissario acquirente circa la mancata concessione e quindi ben potendo il giudice rilevare d’ufficio la nullità.

3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.G., articolando cinque motivi. Hanno resistito con controricorso T.M. e Me.Gi.. Sia il ricorrente sia i controricorrenti hanno depositato memorie.

4. Trattata la causa in camera di consiglio, essa con ordinanza in data 11/07/2018 è stata rimessa in pubblica udienza.

5. Con ordinanza n. 20061 deliberata il 9/01/2018 e depositata il 30/07/2018 questa sezione semplice ha rimesso al primo presidente, per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite, il diverso procedimento RG n. 6932 del 2014; alle pp. 8-12 di detta ordinanza erano sollevate questioni in tema di validità/nullità dei contratti preliminari.

6. In vista della trattazione in pubblica udienza in data odierna – alla quale è stata depositata procura notarile a favore di ulteriore difensore di un controricorrente – sia il ricorrente sia i controricorrenti hanno depositato memorie aggiuntive.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Alla luce della pronuncia a rendersi sul quarto motivo – il quale soltanto implica aspetti che, per quanto indirettamente, potrebbero essere oggetto di statuizione delle sezioni unite (v. sopra), alla data della deliberazione della presente sentenza peraltro non ancora emessa – non è necessario disporre in via interlocutoria alcun rinvio per attendere la deliberazione e il deposito di detto provvedimento.

2. E’ inammissibile il primo motivo di ricorso.

2.1. Con esso si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, peraltro ponendosi in relazione la doglianza alla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40 e agli artt. 112,115 e 116 c.p.c..

2.2. Al di là della peculiare formulazione del motivo, con esso nella sostanza la parte ricorrente contesta l’accertamento effettuato dalla corte d’appello, secondo cui le opere abusive fanno parte dell’oggetto del contratto preliminare di cui si invoca l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c..

2.3. Al riguardo, va richiamato che:

– il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata a questa corte dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65), mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione;

– tale diverso vizio, che è declinato nel presente procedimento ratione temporis secondo il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 successivo alla modifica di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, è stato limitato dal legislatore al minimo costituzionale dell'”omesso esame” di fatti storici; il controllo sulla motivazione non consente dunque più mere critiche alla motivazione, in assenza di indicazione di effettivi “fatti storici” del tutto trascurati;

l’avvenuta limitazione del controllo sulla motivazione non può essere ovviata, irritualmente, mediante la deduzione di vizi in ordine alla completezza della motivazione in riferimento alle norme del c.p.c. e relative disp. att., nè in ordine al riparto o alla valutazione in tema di prove in riferimento alle norme del predetto c.p.c. e del c.c..

2.4. Ciò posto, nel caso di specie, nessuna erronea applicazione della legge – nel senso dianzi chiarito relativo alle fattispecie astratte – la parte ricorrente ha posto in luce nell’ambito del mezzo di ricorso. Quanto poi alla censura di omesso esame, nessun fatto storico il mezzo indica come negletto dal giudice d’appello, limitandosi esso a censurare inammissibilmente la valutazione predetta secondo cui le opere abusive fanno parte dell’oggetto del contratto preliminare di cui si invoca l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.. Trattasi di accertamento di merito, non rivedibile in sede di legittimità, non sussistendo alcuna questione interpretativa, nè essendo predicabile in alcun modo un “omesso esame”, posto che appunto la corte ha esaminato i fatti storici sottostanti l’accertamento, senza che sia necessario che tutti gli elementi istruttori siano espressamente menzionati.

3. E’ inammissibile altresì il secondo motivo.

3.1. Con esso si afferma che “l’erronea identificazione, da parte dei giudici di merito, dei beni oggetto della domanda giudiziale rilev(i) anche ai fini del… vizio di ultra(petizione) ed extrapetizione”, per cui si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., peraltro in relazione all’art. 2932 c.c..

3.2. Anche in questo caso potendo prescindersi da considerazioni circa la peculiare modalità di formulazione del motivo, è evidente che la corte d’appello non ha travalicato in alcun modo da petitum e causa petendi, costituiti appunto dall’esecuzione in forma specifica di un dato contratto preliminare, afferendo invece la valutazione in ordine all’identificazione dell’oggetto del preliminare (cui la parte ricorrente ricollega la predetta extrapetizione o ultrapetizione) all’accertamento di merito istituzionalmente riservato alla corte territoriale.

3.3. Pertanto la doglianza non è congrua rispetto alle categorie giuridiche utilizzate, ciò da cui discende l’inammissibilità del mezzo.

4. E’ fondato il terzo motivo.

4.1. Con esso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., lamentandosi che la corte d’appello, pur essendo pacifica l’intervenuta rimozione dell’abuso edilizio, abbia affermato l’irrilevanza della medesima rimozione, “dovendo aversi riguardo al momento della proposizione della domanda”. Secondo il ricorrente ciò contrasterebbe altresì con il principio per cui ai fini della pronuncia costitutiva emessa ex art. 2932 c.c. si ha riguardo alla situazione esistente al momento della pronuncia e non a quella esistente al momento della domanda.

4.2. La rimozione dell’abuso edilizio – ferma l’applicazione di eventuali provvedimenti pubblicistici in ordine alla condotta costruttiva penalmente o amministrativamente rilevante ad altri fini ripristina sul piano civilistico la commercialità dell’immobile, facendo venir meno la situazione che rende applicabile il divieto di trasferimento. Poichè le caratteristiche di commerciabilità dell’immobile oggetto di preliminare attengono alle condizioni dell’azione, esse devono sussistere al momento della decisione, e non necessariamente anche al momento della domanda.

4.3. Essendosi i giudici del merito attenuti a principio di diritto difforme rispetto da quello di cui innanzi, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, essendo rimesso al giudice del rinvio – ferma la statuizione in diritto cui si adeguerà – accertare se effettivamente sussista la predetta incommerciabilità, sia in relazione ai presupposti normativi, alla consapevolezza delle parti e alla natura dell’abuso – se sussistente – o alla sua rimozione, se effettuata (ciò che il giudice di rinvio accerterà in fatto, posto che con la sentenza impugnata solo in via di obiter – p. 10 della sentenza – si è limitate a pronunciare un caveat: “ammesso che sia veritiera” la circostanza degli “interventi effettuati per eliminare gli abusi”).

5. E’ assorbito il quarto motivo.

5.1. Con esso si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40 in relazione agli artt. 1418 e 2932 c.c., nonchè della L. n. 10 del 1977, art. 15.

5.2. Come detto, la questione dovrà formare oggetto di riesame da parte del giudice del rinvio, nella misura in cui essa dovesse rilevare all’esito degli accertamenti in fatto a svolgersi.

6. Parimenti assorbito è il quinto motivo di ricorso, con cui M.G. lamenta violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo.

6.1. In effetti la sentenza di merito viene censurata quanto all’intervenuto rigetto della domanda risarcitoria; il ricorrente indica le ragioni per le quali lo stesso aveva invocato il danno da inadempimento contrattuale.

6.2. Anche tale questione è strettamente consequenziale rispetto al riesame demandato al giudice del rinvio.

7. In definitiva il ricorso va accolto nei limiti di cui innanzi, con rinvio alla corte d’appello in diversa sezione, che governerà anche le spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

la corte dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo e, assorbiti i motivi residui, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla corte d’appello di Venezia, in diversa sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto del non sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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