Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30542 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.D.B.F. ((OMISSIS)), in qualità di

erede universale del dott. B.D.B.P., (deceduto)

elettivamente domiciliato in ROMA, V.PIEMONTE 32, presso lo studio

dell’Avvocato SPADA GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

SALLEMI SEBASTIANO giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.D.V.F., C.D.V.C.,

C.D.V.A., quali eredi di CA.DE.

V.F., B.D.B.G., B.D.B.

M., O.B.O., BR.DI.BE.FE.,

B.D.B.M.D., tutti in qualità di eredi di P.

B.D.B. fu FE. e di soci della società di fatto

AMMINISTRAZIONE BRUNO DI BELMONTE (oggi Amministrazione P.

B.D.B. per le tonnare di Capo Passero s.a.s. di

Francesco Bruno di Belmonte & C.); CE.MA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 977/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, del

16/02/2009 depositata il 13/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO RORDORF;

è presente il P.G. in persona del Dott. LUCIO CAPASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato a norma dell’art. 377 c.p.c. ha depositato una relazione del seguente tenore:

“Con sentenza depositata il 13 luglio 2009 la Corte d’appello di Catania ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal sig. B.D.B.F. (originariamente nella qualità di procuratore del sig. B.D.B.P.) contro la decisione con cui il Tribunale di Modica aveva annullato la delibera di esclusione dei sigg.ri C., F. ed A. C.D.V. dalla società di fatto denominata Amministrazione Bruno di Belmonte per le Tonnare di (OMISSIS) (in prosieguo indicata solo come Tonnare), accertando inoltre l’avvenuto scioglimento di detta società per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale e nominandole un liquidatore. Con la medesima sentenza è stato altresì dichiarato inammissibile l’intervento in appello del sig. Ce.Ma..

In ordine a tale intervento, spiegato dal sig. Ce. nell’asserita qualità di socio accomandante della società Tonnare, che frattanto aveva assunto tale nuova veste, la corte catanese ha osservato che l’interesse dell’interveniente non era riconducibile alla previsione dell’art. 404 c.p.c. e che, comunque, l’intervento era stato proposto tardivamente, quando ormai le parti avevano già precisato le rispettive conclusioni.

L’inammissibilità dell’appello è stata invece affermata per essere stato il gravame proposto dal sig. B.D.B.P. (per il tramite del procuratore sig. B.D.B.F., poi succeduto mortis causa nella posizione stessa dell’appellante) in proprio e non nella veste di legale rappresentante della società Tonnare, nei cui confronti era stata pronunciata la sentenza impugnata. Alla medesima conclusione – ha aggiunto la corte d’appello – si dovrebbe pervenire anche ove si volesse ritenere il singolo socio legittimato personalmente a partecipare al giudizio in cui si discute dello scioglimento della società. La qualità di socio avrebbe potuto essere riconosciuta, infatti, al sig. B.P. D.B., ma non anche al suo erede, che nessuna prova aveva fornito del suo subingresso nella compagine sociale.

2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il sig. B.D.B.F., nella qualità di erede del sig. B.D.B.P., prospettando due motivi di doglianza.

Nessuno degli intimati ha svolto difese in queste sede.

3. Si prospetta l’eventualità che il ricorso possa essere accolto con ordinanza, per manifesta fondatezza, a norma dell’art. 375 c.p.c., n. 5, a condizione che sia tempestivamente adempiuto da parte del ricorrente l’onere di produrre la documentazione postale attestante la notifica del ricorso medesimo a tutti gli intimati.

Le due censure mosse alla sentenza impugnata si fondano, rispettivamente, sul rilievo che il sig. B.D.B.P. era stato convenuto (e condannato al pagamento delle spese processuali) anche in proprio nel giudizio di primo grado, e che la conseguente legittimazione a proporre l’appello non poteva esser messa in discussione, in capo al suo successore mortis causa, sig. B.D.B.F., ostandovi il disposto dell’art. 110 c.p.c..

Non si discute più invece, in questa sede, dell’inammissibilità dell’intervento in causa del sig. Ce..

3.1. Ciò premesso, occorre anzitutto considerare che la pronuncia impugnata ha concluso un iter processuale nel quale sono confluite due distinte cause, l’una avente ad oggetto l’accertamento dell’avvenuto scioglimento di una società di fatto della quale era socio, tra gli altri, il summenzionato sig. B.D.P. B., l’altra riguardante l’esclusione dalla società medesima dei soci C.D.V.. Non v’è dubbio, poichè la narrativa dell’impugnata sentenza lo riferisce con chiarezza, che in entrambi tali giudizi erano stati convenuti anche i soci in proprio, e tra essi quindi anche il menzionato sig. B.D.B. P..

Può forse con qualche ragione dubitarsi che la partecipazione di costui fosse davvero necessaria al giudizio riguardante l’esclusione di altri soci dalla società. E’ però invece difficile negare che lo fosse relativamente al giudizio in cui si discuteva dell’avvenuto scioglimento della società medesima.

In ogni caso, non essendo stato nel corso del giudizio di primo grado mai sollevata (neppure d’ufficio) la questione di un eventuale difetto di legittimazione passiva del predetto socio, ed essendo stato egli condannato (in solido) al pagamento delle spese processuali in conseguenza dell’accoglimento nel merito delle domande anche contro di lui proposte, si sarebbe tutt’al più potuto porre in appello il problema della rilevabilità d’ufficio del presunto difetto di legittimazione: ma con il risultato, semmai, di dichiarare inammissibili le domande proposte contro il socio non legittimato passivamente, non invece per dichiarare inammissibile il suo gravame, assumendo che egli non fosse destinatario della sentenza emessa dal tribunale all’esito di un giudizio in cui egli era stato convenuto, nel quale si era difeso e che lo aveva visto soccombente anche in punto di spese processuali.

3.2. La circostanza, poi, che nel corso del giudizio di secondo grado il predetto sig. B.D.B.P. sia deceduto, e che gli sia succeduto il sig. B.D.B.F., ugualmente non sembra tale da determinare la (sopravvenuta) inammissibilità dell’appello.

Non rileva, in questo contesto, la circostanza – pur sottolineata, invece, dal ricorrente – della asserita trasformazione della società di fatto Tonnare in un’accomandita semplice, trattandosi di un fatto sopravvenuto rispetto al verificarsi dell’ipotizzata causa di scioglimento della società, come riscontrata dal giudice di primo grado.

Dovendosi invece aver riguardo alla disciplina che regola la società in nome collettivo irregolare (e quindi la società di fatto), in caso di morte del socio risulta applicabile (ex art. 2293 c.c.) la disposizione dell’art. 2284 c.c., comma 1 in forza della quale, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, o salvo un diverso accordo che sopravvenga tra gli interessati, l’erede non entra a far parte della società di cui era socio il suo dante causa, ma ha solo diritto alla liquidazione della quota. Ove, tuttavia, la morte del socio si verifichi nel corso di un giudizio volto a far accertare che la società si è ormai sciolta, l’anzidetta disposizione del codice civile va ovviamente coordinata con la previsione dell’art. 110 c.p.c., che disciplina la successione nel processo.

Stando così le cose, se non può in assoluto escludersi che, in determinate circostanze, il decesso del socio influenzi l’interesse dell’erede all’esito della causa riguardante lo scioglimento di una società della quale egli non diviene a propria volta socio, è nondimeno impossibile affermare che ciò basta a far venire meno automaticamente il suo interesse a coltivare il giudizio nel quale il suo dante causa era parte: perchè altro è il diritto dell’erede alla liquidazione della quota di una società in attività altra è la sua posizione rispetto alla società in liquidazione; e perchè, in ogni caso, l’eventuale cessazione di un suo interesse attuale e concreto ad opporsi all’accertamento dello scioglimento della società potrebbe tutt’al più tradursi in un motivo di cessazione della materia del contendere, ma non farebbe venir meno il suo diritto alla verifica della c.d. soccombenza virtuale alfine di non dover sopportare l’onere delle spese processuali.

4. Ove il collegio condivida le suesposte considerazioni, il ricorso dovrebbe essere accolto e l’impugnata sentenza cassata con rinvio.

Il collegio condivide tali considerazioni, alle quali nessuna osservazione è stata mossa dalle parti, che non hanno depositato memorie nè hanno svolto difese orali.

Per le ragioni sopra indicate, quindi, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, demandandole di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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