Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30541 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.G. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61 SCALA D, presso lo studio dell’avvocato

PICCIANO MARIA GRAZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato DI NARDO

GIOVANNI giusta procura ad litem a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 83/2009 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

del 9/06/2009 depositato il 09/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO RORDORF;

è presente il P.G. in persona del Dott. LUCIO CAPASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato a norma dell’art. 377 c.p.c. ha depositato una relazione del seguente tenore:

“1. Il sig. D. ha proposto ricorso per cassazione avverso un decreto, emesso il 9 luglio 2009 dalla Corte d’appello di Campobasso, col quale è stata rigettata la domanda di equo indennizzo formulata dal ricorrente per l’eccessiva durata di un giudizio promosso il 24 febbraio 1998 dinanzi al Tar del Molise e non ancora definito.

Poichè il ricorso per cassazione era stato notificato all’amministrazione intimata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato in Campobasso, anzichè all’Avvocatura generale dello Stato in Roma, ne è stata disposta la rinnovazione con ordinanza emessa all’udienza del 24 novembre 2010.

Il ricorrente ha provveduto nei termini fissati con detta ordinanza e l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato un “atto di costituzione” preannunciando la propria eventuale partecipazione all’udienza camerale in cui il ricorso verrà discusso.

2. Il ricorso è suscettibile di essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., potendosene ipotizzare la manifesta fondatezza.

La corte d’appello, premesso che il giudizio della cui durata si discute era stato introdotto con un ricorso notificato il 24 febbraio 1998 e definito con sentenza del 28 settembre 2004, ha negato che sia configurabile una violazione del diritto della parte alla ragionevole durata del procedimento per l’unica ragione che solo in data 28 gennaio 2004 era stata sollecitata la definizione del procedimento medesimo mediante il deposito in cancelleria di apposita istanza di prelievo.

Il ricorrente però obietta – e parrebbe obiezione non priva di fondamento – che, per giurisprudenza ormai consolidata di questa corte, la lesione del diritto alla definizione del processo davanti al giudice amministrativo in un termine ragionevole è riscontrabile, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che la decorrenza del termine di ragionevole durata possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo o alla ritardata presentazione di essa (si vedano, tra le altre, Cass. n. 14753 del 2010 e Sez. un. n. 28507 del 2005).

D’altronde, l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda di equo indennizzo non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza di prelievo ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51 è inapplicabile ai procedimenti di equa riparazione aventi ad oggetto un giudizio amministrativo introdotto prima dell’entrata in vigore della predetta normativa (in tal senso Cass. n. 115 del 2011, Cass. n. 28428 del 2008 ed altre conformi). E, nel caso in esame, come già detto, si tratta di un giudizio non solo introdotto ma persino definito in epoca anteriore all’entrata in vigore della citata normativa.

3. Se si condividono tali rilievi, il ricorso potrebbe esser accolto, con conseguente cassazione del decreto impugnato.

Il collegio condivide tali considerazioni, alle quali nessuna osservazione è stata mossa nè da parte del ricorrente nè da parte dell’amministrazione intimata, che, dopo l’atto di costituzione sopra menzionato, non ha svolto difesa alcuna.

Pertanto l’impugnato decreto deve essere cassato.

Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto, tenuto conto che il processo amministrativo di cui si discute, è iniziato nel febbraio 1998, si è svolto in due gradi e non risultava ancora definito quando è stata proposta la domanda di equa riparazione (nel febbraio 2009), in applicazione dei parametri usualmente adoperati da questa corte in simili vertenze, si stima equo liquidare in favore del ricorrente, per ristoro del danno non patrimoniale, la somma di Euro 5.250,00,con interessi legali dal giorno della domanda.

L’amministrazione intimata dovrà altresì rifondere alla controparte le spese processuali, liquidate per il giudizio di merito in Euro 1.140,00 (di cui Euro 600,00 per onorari ed Euro 490,00 per diritti) e per il giudizio di legittimità in Euro 965,00 (di cui Euro 865,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’amministrazione intimata a corrispondere al ricorrente la somma di Euro 5.250,00, con interessi legali dalla domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimità, liquidate come in motivazione.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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