Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30532 del 26/11/2018

Cassazione civile sez. I, 26/11/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 26/11/2018), n.30532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1050/2016 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via di Val Gardena

n.3, presso lo studio dell’avvocato De Angelis Lucio, rappresentato

e difeso dall’avvocato Carboni Mauro, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., Procura della Repubblica presso il

Tribunale di Perugia, Procura Generale della Repubblica presso la

Corte di Appello di Perugia;

– intimati –

avverso la sentenza n. 688/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 01/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2018 dal cons. DI VIRGILIO ROSA MARIA.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

La Corte d’appello di Perugia, con sentenza depositata il 1/12/2015, ha respinto il reclamo proposto da C.M. avverso la sentenza del Tribunale di Perugia depositata il 4/6/2015, dichiarativa di fallimento della società (OMISSIS) srl, con denominazione (OMISSIS) srl.

Il fallimento era stato dichiarato a seguito dell’istanza presentata dal P.M., sulle premesse che il C., socio unico ed amministratore, aveva ceduto a febbraio 2013 le quote societarie a tale F.D., risultato un prestanome; che il trasferimento della sede da (OMISSIS) a (OMISSIS) era fittizio; che la società non aveva presentato la dichiarazione dei redditi negli anni 2012 e 2013 ed aveva posto in essere atti sintomatici dello stato di decozione(trasferimento sede e variazione della denominazione sociale);che risultavano ingenti debiti verso Equitalia.

Notificati alla società all’indirizzo pec la richiesta di fallimento ed il decreto di comparizione, all’udienza fissata la società non si costituiva nè compariva e veniva resa la dichiarazione di fallimento.

Proposto reclamo dal C., la Corte del merito, considerato il ricorrente legittimato alla proposizione del mezzo per essere stato ritenuto amministratore di fatto ma anche in ragione dell’ampia legittimazione prevista dalla L. Fall., art. 18, ha respinto l’impugnazione, ritenendo regolare la notificazione eseguita a mezzo pec, con esito positivo, all’indirizzo risultante dalla visura camerale, nel rispetto delle formalità previste dalla L. Fall., novellato art. 15, mentre era a riguardo irrilevante la circostanza dedotta dell’intervenuta scadenza del contratto di apertura della casella, anche ad ammetterne la veridicità; nel resto, la Corte d’appello ha ritenuto estraneo al thema decidendum il vaglio della effettiva qualità di amministratore di fatto o meno del ricorrente, ed ha concluso nel senso che non era stata sollevata alcuna contestazione sulla fallibilità soggettiva ed oggettiva, in ogni caso sussistenti.

Ricorre avverso detta pronuncia il C., facendo valere tre motivi di ricorso, illustrati con memoria.

Gli intimati non hanno svolto difese.

Considerato che:

1) Col primo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza e del procedimento, sostenendo che la Corte del merito, nel ritenere la regolarità della notifica eseguita a mezzo pec con la notificazione di ritorno della ricevuta di avvenuta consegna, ha omesso di valutare la circostanza che, anche nel ricorso per fallimento del P.M., vi era il riferimento alla cessazione di fatto dell’attività della società, e l’avvenuta scadenza del contratto per la fornitura del servizio di Pec già a novembre 2012, per cui si sarebbe dovuto fare ricorso alle forme alternative di notificazione, previste dalla L. Fall., art. 15, novellato, e comunque ritenere l’incolpevole comportamento del C., cessato dalla carica di amministratore, che aveva ceduto la sua partecipazione sociale.

Col secondo mezzo, il ricorrente si duole della mancata trattazione da parte della Corte del merito della questione alla stessa sottoposta, attinente alla natura fittizia della cessione delle quote ed alla qualifica di amministratore di fatto, contrastata dalla documentazione prodotta; nè la Corte territoriale ha considerato la trasformazione della (OMISSIS) in (OMISSIS), con la conseguente cessazione di attività da oltre un anno, da cui la violazione della L. Fall., art. 10.

Col terzo, il C. denuncia l’omessa considerazione del fatto che la società era inattiva, la sede di fatto chiusa e cessato il contratto di servizio della pec., circostanza da considerarsi assistita anche dalla non contestazione, che la Corte del merito ha valutato in via meramente incidentale.

Considerato che:

I tre motivi di ricorso, da valutarsi unitariamente in quanto collegati, presentano profili di inammissibilità ed infondatezza.

E’ infondato il vizio ex art. 360 c.p.c., n. 4, come prospettato dal ricorrente, dato che correttamente la Corte del merito ha ritenuto instaurato il contraddittorio essendo stata regolarmente effettuata la notificazione del ricorso e del decreto alla società L. Fall., ex art. 15, come modificato dal d.l. 179/2012, convertito nella L. n. 221 del 2012, applicabile ratione temporis.

Nè a riguardo rilevano la cessazione di fatto dell’attività, nè la deduzione dell’avvenuta scadenza del contratto di fornitura del servizio di pec (valutata in via di ipotesi dalla Corte d’appello e nemmeno provata in fatto), dato che risultano la ricevuta telematica e quella di avvenuta consegna, generate dal sistema, all’indirizzo pec risultante dal registro delle imprese (nè invero il ricorrente ha dedotto che non fosse pervenuta la notifica a detto indirizzo).

A riguardo, giova rilevare, nei termini riportati nella recente pronuncia 21/6/2018, n. 16365, “che ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata, D.L. n. 185 del 2008, ex art. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2 del 2009 (come novellata dalla L. n. 35 del 2012. Per gli imprenditori individuali analogo obbligo è stato introdotto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012), e che, come già chiarito da questa Corte, tale indirizzo costituisce l’indirizzo pubblico informatico che i predetti hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese (per il periodo successivo alla entrata in vigore delle disposizioni da ultimo citate), – e finanche per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso – la cui responsabilità, sia nella fase di iscrizione che successivamente, grava sul legale rappresentante della società, non avendo a riguardo alcun compito di verifica l’Ufficio camerale (cfr. Cass. n. 31 del 2017).

3.4. E’ noto, infine, che la L. Fall., art. 15, comma 3, (come sostituito dall’art. 17, comma 1, lett. a), del già menzionato D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, qui applicabile ratione temporis) stabilisce che il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore (risultante dal registro delle imprese o dall’indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti). Solo quando, per qualsiasi ragione, la notificazione via PEC non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica andrà eseguita dall’Ufficiale Giudiziario che, a tal fine, dovrà accedere di persona presso la sede legale del debitore risultante dal registro predetto, oppure, qualora neppure questa modalità sia attuabile a causa dell’irreperibilità del destinatario, depositerà l’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro.

3.4.1. La norma, di cui la Corte costituzionale ha sancito la legittimità (cfr. C. Cost. n. 146 del 2016; C. Cost. n. 162 del 2017), ha, dunque, introdotto uno speciale procedimento per la notificazione del ricorso di fallimento – che fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto dei già descritti obblighi di dotarsi di indirizzo PEC e di tenerlo operativo – così intendendo codificare e rafforzare il principio secondo cui il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorchè la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza e/o ad una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico (cfr. Cass. n. 602 del 2017; Cass. n. 23728 del 2017; Cass. n. 6836 del 2018).

3.5. Da ultimo, va evidenziato che, in tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili, compresi quelli fallimentari, la ricevuta di avvenuta consegna (cd. RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario medesimo. E’ vero che tale documento non assurge alla certezza pubblica propria degli atti facenti fede fino a querela di falso (come sottolineato da Cass. n. 15035 del 2016), tuttavia la circostanza che, a seguito delle modifiche al processo civile apportate dall’art. 16, comma 4, del già citato D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si debbano effettuare tutte per via telematica, all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, suppone che la trasmissione del documento in tale forma, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data ed all’ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 68 del 2005, il cui art. 6, stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire giustappunto al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la semplice ricevuta di avvenuta consegna (RAC). Ciò conferma che codesta ricevuta (la RAC) costituisce il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario (cfr. Cass. n. 9368 del 2018; Cass. n. 26773 del 2016)”.

Nè potrebbe il ricorrente invocare la causa non imputabile, visto che non ha neppure allegato che la notifica non fosse pervenuta all’indirizzo pec in oggetto o di avere un diverso indirizzo.

Inammissibili sono le doglianze relative alla mancata considerazione della questione della natura fittizia della cessione e della qualifica di amministratore di fatto, dato che detti profili sono stati ritenuti dal Giudice del merito fuori del thema decidendum nè il ricorrente ha spiegato perchè dovrebbero invece essere considerati; v’è pertanto incongruenza tra le doglianze e la statuzione della Corte d’appello.

Infondato è il riferimento alla L. Fall., art. 10, atteso che la parte ha dedotto la mera cessazione d’attività e non l’avvenuta cancellazione dal registro delle imprese.

Conclusivamente, va respinto il ricorso; non v’è luogo alla pronuncia sulle spese, non essendosi costituiti gli intimati.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2018

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