Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30529 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 20/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30529

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M.A. (c.f. (OMISSIS)), L.

G. (C.F. (OMISSIS)), LA.SA. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANDREA

DORIA 48, presso l’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO, che li

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

21/10/2008, n. 58444/06, R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato RODA RANIERI, con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con tre distinti ricorsi, poi riuniti, M.M.A., L.G. e La.Sa. adivano la Corte di appello di Roma chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848. Con decreto del 26.05- 21.10.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare a ciascuno degli istanti la somma di Euro 4.800,00, con interessi legali dalla domanda, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.500,00 (di cui Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 100,00 per spese), spese distratte in favore dei difensori antistatari. La Corte osservava e riteneva:

– che la M., il L. ed il La., dipendenti del Ministero della Giustizia, avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di rivalutazione monetaria ed interessi legali su emolumenti retributivi corrisposti in ritardo, processo da loro introdotto, dinanzi al TAR Lazio, con ricorso dell’aprile del 1996, favorevolmente definito in primo grado con sentenza del 24.05.2002, e seguito dal giudizio di ottemperanza ancora pendente;

– che la durata ragionevole di detto processo amministrativo, poteva essere fissata in anni quattro, mentre invece era ancora pendente a distanza di oltre 10 anni dal suo inizio;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato in Euro 800,00 ad anno di ritardo, considerando la modestia della pretesa fatta valere nel processo presupposto in rapporto ai parametri CEDU. Avverso questo decreto la M., il L. ed il La.

hanno proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi, notificato il 4.12.2009 al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che si è limitato a depositare un c.d. atto di costituzione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso la M., il L. ed il La.

denunziano:

1. Violazione e/o falsa applicazione di legge: L. n. 89 del 2001, art. 2 art. 6, 13 e 41 cedu, interpretazione del giudice europeo in casi analoghi – violazione principio di sussidiarietà – art. 35 cedu – omessa, contraddittoria e/o insufficiente motivazione.

Conclusivamente formulano il seguente principio di diritto Il Giudice del merito, chiamato a determinare il danno ex L. n. 89 del 2001, deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili, e di pari natura, dalla Corte di Strasburgo, ed agli standards medi (da Euro 1.000,00 ad Euro 1.500,00 per ogni anno riconosciuto di ritardo) dalla stessa elaborati – che ne costituiscono la prima e più importante guida ermeneutica motivando espressamente, in relazione alla fattispecie concreta, eventuali scostamenti, che, comunque, non debbono essere irragionevoli: in particolare, l’entità della posta in gioco, nel giudizio presupposto, deve essere valutata dal Giudice del merito non sulla base di parametri astratti, ma comparandola con la concreta condizione socio – economica del richiedente, e tenendosi conto, in relazione alla specifica fattispecie, della natura e dell’oggetto della controversia.

2. Violazione e/o falsa applicazione di legge – art. 91 cod. proc civ.; D.M. n. 127 del 2004, artt. 4 e 5, – mancata liquidazione competenze – omessa pronuncia”. Conclusivamente formulano il seguente principio di diritto In tema di procedimenti ex L. n. 89 del 2001, Il Giudice del merito, nel determinare le spese le spese giudiziali poste a carico del soccombente non può limitarsi a liquidare soltanto gli onorari e le spese vive, ma deve procedere alla liquidazione anche dei diritti di avvocato (da calcolarsi secondo le voci di cui alla Tab. B, punto 1^, D.M. n. 127 del 2004)? Il primo motivo del ricorso non merita favorevole apprezzamento, giacchè l’attuato discostamento peggiorativo dal parametro indennitario minimo CEDU si rivela congruamente motivato, ragionevole e solo genericamente avversato.

Il secondo motivo è invece palesemente fondato, essendo la statuizione sulle spese processuali, in effetti mancante dei dovuti diritti.

Conclusivamente va respinto il primo motivo del ricorso ed accolto il secondo, con conseguente cassazione del decreto impugnato limitatamente alla liquidazione delle spese processuali poste a carico del Ministero della Giustizia, spese che con pronuncia di merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., ben possono essere riliquidate in questa sede, secondo gli importi indicati in dispositivo.

L’amministrazione soccombente va condannata anche al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo motivo, cassa il decreto impugnato limitatamente alla statuizione sulle spese processuali, che, decidendo nel merito, riliquida in complessivi Euro 1.880,00 (di cui Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 100,00 per spese), da distrarsi in favore degli Avv.ti Ferriolo ed Abbate. Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 600,00 di cui 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e da distrarsi in favore dell’Avv.to F.E.Abbate.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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