Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30525 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. III, 22/11/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 22/11/2019), n.30525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27193/2018 proposto da:

BASE SPEDIZIONI INTERNAZIONALI SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore Presidente del CdA, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MARESCIALLO PILSUDSKI 118, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO PAOLETTI, rappresentata e difesa dagli

avvocati DOMENICO BECHINI, SARITA DE LUCA, ROBERTO RIGHI;

– ricorrente –

contro

TRADEMARE SRL, in persona del legale rappresentante e Amministratore

Unico Dott. D.L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI VILLA SEVERINI, 54, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

TINELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA DE LUCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 363/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che

1. Base Spedizioni Internazionali Spa (da ora Base) ricorre, affidandosi a sette motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze che, riformando la pronuncia del Tribunale di Livorno, aveva annullato parzialmente la scrittura privata sottoscritta dalla odierna ricorrente e dalle società a suo tempo controllate Trademare Srl (Trademare) e Tiemme Service Srl per dolo diretto, riferito ai rapporti fra le prime due, ed aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso a favore di Base e contro la Trademare, respingendo invece la domanda restitutoria e risarcitoria avanzata, in via riconvenzionale, da tale ultima società.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, la scrittura annullata aveva per oggetto la quantificazione del debito residuo rispetto alla contabilizzazione dei rapporti di dare – avere fra le società, originariamente coinvolte in un ampio progetto imprenditoriale nel settore doganale; l’applicazione dell’art. 1444 c.c., è stata fondata dalla Corte territoriale sulla accertata falsificazione della documentazione contabile in base alla quale il conteggio finale era stato formulato, posto che esso consentiva di rilevare evidenti indebiti aumenti fra il costo assicurativo addebitato alla Trademare dalla Base e quello effettivamente sostenuto dalla medesima.

2. La parte intimata ha resistito.

2.1. La ricorrente ha altresì depositato l’atto d’appello avverso la sentenza del Tribunale Penale di Livorno, pubblicata in data successiva alla proposizione del giudizio di legittimità con la quale l’amministratore della società M.B. era stata condannata per truffa aggravata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 “la nullità della sentenza in ragione del c.d. litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., per non avere il giudice a quo disposto l’integrazione del contraddittorio con la società TIEMME Service srl la cui partecipazione al presente giudizio sarebbe risultata determinante al fine di comprovare la consapevolezza della Trademare srl, alla luce del comune interesse delle parti, circa la scrittura in questione ex art. 1446 c.c.”.

1.1. Assume che la mancata integrazione del contraddittorio si poneva in contrasto con la scrittura privata del 10.2.2012 che doveva considerarsi un contratto plurilaterale, posto che con la stesura di esso le parti avevano inteso perseguire il medesimo scopo comune con adempimenti interdipendenti e che, pertanto, era necessaria la presenza in giudizio della società quale litisconsorte necessaria.

1.2. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha avuto modo di distinguere, nell’ambito dei contratti plurilaterali, la differente posizione delle parti in relazione alle pretese vantate: è stato, al riguardo, affermato che la cessione del contratto ex artt. 1406 c.c. e segg., configura un negozio plurilaterale, per il cui perfezionamento è necessaria la partecipazione di tutti e tre i soggetti interessati, cioè del cedente, del cessionario e del contraente ceduto, e che quando il giudizio abbia ad oggetto l’accertamento con efficacia di giudicato di detto negozio sussiste fra tali soggetti litisconsorzio necessario. Tuttavia, “allorquando, invece, il giudice, in un giudizio instaurato dal cessionario contro il contraente ceduto per l’adempimento della prestazione avente titolo nel contratto, debba accertare in via meramente incidentale e con effetto di giudicato limitato alle parti in giudizio la conclusione del suddetto negozio, il litisconsorzio necessario non sussiste” (cfr. Cass. 5439/2006; Cass. 22278/2007).

1.3. Nel caso in esame, come ha correttamente argomentato la Corte territoriale (cfr. pag. 11 terzo cpv), la posizione della Tiemme – pur parte del contratto plurilaterale – era del tutto autonoma rispetto a quella delle altre società, tanto da aver concordato due distinti riconoscimenti di debito, rispetto ai quali quello della TIEMME, già incassato, rimaneva indifferente alla vicenda in esame, con la conseguenza che la decisione è stata legittimamente pronunciata soltanto fra le parti protagoniste della res litigiosa, non ricorrendo, nel caso di specie, i presupposti di cui all’art. 102 c.p.c..

2. Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1439 c.c., per avere la Corte ritenuto raggiunta la prova del dolo determinante senza che alcuno dei presupposti fondanti fosse emerso in causa.

2.1. Assume che, premessa la ratio della norma secondo cui i raggiri usati dovevano essere tali che senza di essi l’altra parte non avrebbe contrattato, la Corte non aveva considerato che mancava del tutto un raggiro perpetrato dalla Base ai danni della Trademare che fosse stato oggetto di specifica verifica e di adeguata motivazione.

2.2. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, pur riconducendo la critica al vizio di violazione di legge, prospetta questioni di merito sulle quali la Corte territoriale ha reso una motivazione congrua, logica (cfr. pag. 10 secondo e terzo cpv.)e costituzionalmente sufficiente che resiste alla mera contrapposizione di una diversa interpretazione delle emergenze processuali.

3. Con il terzo, quarto, quinto e settimo motivo – da trattarsi congiuntamente in ragione del medesimo vizio denunciato – deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame dei seguenti fatti decisivi per il giudizio:

a. il fatto che la società Trademare avrebbe ugualmente concluso il contratto seppur a condizioni diverse (terzo motivo);

b. la comprovata dimostrazione del volume di affari intercorso fra le parti nel triennio 2008-2011 (quarto motivo);

c. la circostanza che ad ogni fattura emessa dalla Base era allegato il prospetto dei costi assicurativi pretesi dalla Groupama Ass.ni Spa che non consentiva di ritenere che la controparte potesse essere stata raggirata (quinto motivo);

d. l’avvenuto riconoscimento del giudice di primo grado della ricorrenza dei presupposti per la convalida del negozio (settimo motivo).

3.1. Tutte le censure sono inammissibili.

3.2.Quanto alla terza, essa non può trovare ingresso in questa sede, in primo luogo, per la conformazione del motivo attraverso un evidente assemblaggio (cfr. ex multis Cass. SU 5698/2012; Cass. 10244/2013, Cass. 26277/2013); in secondo luogo per l’omessa indicazione del fatto storico praetermesso (cfr. ex multis Cass. SU 8053/2014); in terzo luogo, perche prospetta una sostanziale richiesta di rivalutazione di merito della complessiva vicenda societaria, non consentita in questa sede.

3.3. Quanto alla quarta, la censura è inammissibile perchè il fatto di cui sarebbe stato omesso l’esame non è decisivo ai fini della statuizione. Il dolo, infatti, non è smentito dal volume di affari esistente e la circostanza è stata correttamente affrontata dalla Corte territoriale (cfr. pag. 9 u. cpv. e 10 primo cpv.).

3.4. Circa la quinta, il Collegio rileva che vengono prospettate questioni di merito già affrontate dai giudici d’appello (“le maggiorazioni addebitate non erano rese palesi al destinatario dell’inganno”) con motivazione logica dalla quale emerge che la presentazione del prospetto è un dato neutro se non accompagnato dalla prova di dettagli evidenti che avrebbe dovuto fornire la parte opposta onerata in quanto rivestiva la parte di attore sostanziale.

3.3. Il settimo motivo, oltre ad essere stato predisposto mediante un evidente assemblaggio, manca della indicazione del fatto storico che non sarebbe stato discusso.

Questa Corte, al riguardo, ha avuto modo di affermare che “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (cfr. ex multis Cass. 27415/2018).

3.4. Nel caso di specie, il fatto storico dedotto consisterebbe nella valutazione del giudice di primo grado della ricorrenza dei presupposti per la convalida del negozio ed il diverso convincimento dei giudice d’appello: è di tutta evidenza che ciò non configura il fatto storico, principale o secondario, richiesto dalla norma e dai principi consolidati che su di essa si sono formati, per consentire l’apprezzamento della censura.

4. Con il sesto motivo, infine, ex art. 360, comma 1, n. 4, si deduce la nullità della sentenza per aver premesso al proprio ragionamento logico giuridico l’avvenuto riconoscimento da parte del giudice di primo grado del dolo determinante a carico della ricorrente, laddove invece, la Corte territoriale lo aveva poi espressamente escluso.

4.1. Anche tale motivo è inammissibile.

Il ricorrente, infatti, prospetta tutte questioni di merito già affrontate nella sentenza impugnata (cfr. pag. 8 e 9 della sentenza impugnata) che, criticando l’impostazione logica del Tribunale, ha esaminato il secondo motivo di gravame valutando la documentazione prodotta e dando conto della evidente discrepanza di prezzo in maggiorazione fra il costo addebitato alla Trademare e quello effettivamnete sostenuto: la valutazione di merito argomentata dalla Corte non presenta alcuna illogicità ed apparenza e la censura maschera una richiesta di rivalutazione di merito delle emergenze processuali, non consentita in questa sede (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018).

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte d”ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori e rimborso spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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