Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30524 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. III, 22/11/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 22/11/2019), n.30524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23064/2018 proposto da:

QBE INSURANCE (EUROPE) LIMITED, in persona della Rappresentante

Generale per l’Italia Dott.ssa R.M.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. PAISIELLO 40, presso lo studio

dell’avvocato DAVID MORGANTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona

del procuratore speciale Dott. B.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA MENDOLA 198, presso lo studio

dell’avvocato MARIO MATTICOLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AZIENDA USL DELLA VALLE D’AOSTA, G.A., RA.DE.;

– intimati –

nonchè da:

AZIENDA USL DELLA VALLE D’AOSTA, in persona del Commissario e legale

rappresentante pro tempore Dott. P.A.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 58, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO COSSU, rappresentata e difesa dagli

avvocati MARINO BIN, SARA VISCA;

– ricorrente incidentale –

contro

QBE INSURANCE (EUROPE) LIMITED in persona della Rappresentante

Generale per l’Italia Dott.ssa R.M.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. PAISIELLO 40, presso lo studio

dell’avvocato DAVID MORGANTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 149/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. La QBE Insurance Europe Limited (da qui QBE) ricorre, affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva rigettato l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Aosta la quale, per ciò che qui interessa, dopo aver riconosciuto la responsabilità professionale della Azienda USL Valle D’Aosta per i danni subiti da G.A. e Re.De., nonchè dalla figlia G.C., derivanti da setticemia sopraggiunta a seguito del parto, aveva dichiarato che la QBE era tenuta a rimborsare alla AUSL quanto pagato ai danneggiati, oltre alle spese di lite, compensando quelle di CTU, senza alcun riconoscimento della dedotta franchigia.

2. Hanno resistito le parti intimate e la AUSL ha proposto altresì ricorso incidentale sulla scorta di due motivi illustrati anche da memoria rispetto al quale la QBE si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Sul ricorso principale.

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, error in procedendo per violazione dell’art. 345 c.p.c..

Lamenta il vizio di motivazione in quanto era stato affermato, da una parte, che incombeva sull’assicurato l’onere di provare il superamento della franchigia poichè rappresentava un fatto costitutivo della domanda e, dall’altra, che la questione inerente alla prova della erosione di essa era un argomento nuovo ed inammissibile in appello.

1.1. Assume, al riguardo, che fin dalla costituzione in giudizio in primo grado, conseguente alla chiamata in causa, la QBE aveva concluso chiedendo che la condanna tenesse conto della franchigia prevista, producendo la polizza assicurativa stipulata dalle parti: da ciò non poteva certo desumersi che, come erroneamente affermato dalla Corte, la questione rappresentasse un argomento nuovo, in quanto la precisazione in sede di conclusioni riguardante la questione configurava una mera difesa che poteva essere proposta senza preclusioni e reiterata anche in grado d’appello.

1.2. Contesta, infine, la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui aveva affermato che incombeva alla assicurata ASL di provare il superamento della soglia fissata, trattandosi di un elemento costitutivo della domanda; e che era stato omessa ogni verifica sull’adempimento dell’onere probatorio attribuito all’azienda sanitaria, in quanto la decisione era fondata sulla inesistenza di una tempestiva contestazione, con contraddittoria applicazione dell’art. 115 c.p.c..

1.3. Con il secondo motivo, sempre ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente deduce, ancora, la violazione dell’art. 115,116 e 183 c.p.c..

2. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente, in quanto sono intrinsecamente connessi: essi sono entrambi fondati.

Preliminarmente, sulla qualificazione delle censure proposte – che, ad avviso della controricorrente, dovrebbero essere ricondotte ad un inammissibile vizio di contraddittorietà della motivazione – il Collegio ritiene che le critiche formulate, incentrate sulla logicità delle statuizioni della Corte territoriale e quindi sulla apparenza della motivazione, abbiano colto il segno nel richiamare l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.1. Le censure, pertanto, sono ammissibili.

2.2. Nel merito, si osserva che risulta corretta la premessa argomentativa della Corte territoriale secondo cui il superamento della franchigia è un fatto costitutivo della domanda, perchè la circostanza attiene agli elementi che consentono alla parte assicurata (nel caso di specie ASL) di giovarsi della manleva pattuita, esclusa contrattualmnete al di sotto di un certo importo. Ove le conclusioni della compagnia chiamata in causa indichino,come nel caso di specie (sia pur in via subordinata), che la eventuale condanna tenga conto dei limiti della franchigia, la corretta dialettica processuale impone che venga data prova di tale elemento costitutivo dalla parte onerata, al più tardi, entro il secondo termine di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, con facoltà della controparte di offrire prova contraria con la memoria di cui al terzo termine di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6.

2.3. Nel caso in esame, il Collegio ritiene che la Corte territoriale, pur essendosi correttamente pronunciata in punto di ripartizione dell’onere di allegazione e prova fra le parti, non abbia dato corretto seguito a tale enunciazione di principio, avendo articolato una motivazione fondata sul reciproco “rilancio” del principio di non contestazione che, invece, in presenza di un documento tempestivamente prodotto (nel caso di specie il doc. 39 dalla ASL) ne avrebbe imposto l’esame senza rimettere alle parti il compito, riservato al giudice, di interpretare e valutare un’evidenza processuale corrispondente alle già palesate posizioni sostanziali.

2.4. Il percorso argomentativo della Corte risulta, pertanto, apparente in quanto, attraverso il formalistico richiamo all’art. 115 c.p.c., non consente di apprezzare l’effettiva valutazione del documento prodotto dal quale risultavano i sinistri già rimborsati e, quindi, idonei o meno ad essere ricompresi nella soglia della franchigia pattuita.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, error in procedendo, per violazione dell’art. 345 c.p.c.: assume che la decisione della Corte risultava viziata per una erronea applicazione delle norme in tema di preclusioni processuali nel giudizio d’appello.

3.1. Il motivo è infondato.

La nuova formulazione dell’art. 345 c.p.c., ratione temporis applicabile al caso in esame, che ha circoscritto le ipotesi in cui possono essere prodotti in appello nuovi documenti alla “l’impossibilità di produrli prima” è stata ben interpretata dalla Corte territoriale e, con motivazione corretta e logica, sono stati esclusi i documenti a formazione successiva comprovanti fatti che potevano essere documentati tempestivamente.

3.2. E, del resto, il precedente richiamato come “contrario” a tale interpretazione (cfr. Cass. 12086/2018 rievocata a pag. 21 del ricorso), ne costituisce, invece, conferma in quanto è precisato, da una parte che la deroga è collegata all’impossibilità di produrli prima (e non è questo il caso, visto che le fatture risultano essere relative a sinistri già liquidati all’epoca della domanda) e, dall’altra, che in quel caso si trattava di “documenti di cui non si contestava la formazione successiva alla costituzione in giudizio degli appellati” (cfr. Cass. 12086/2018 in motivazione).

Sul ricorso incidentale.

4. Con il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente, si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1917 c.c..

4.1. In particolare, si lamenta che la decisione della Corte di compensare le spese di CTU era erronea in quanto:

a. tale esborso doveva essere ricompreso interamente nella posta risarcitoria complessiva oggetto di manleva così come le spese di lite, anche in relazione all’art. 19 del testo di polizza, conforme alle previsioni dell’art. 1917 c.c.;

b. mostrava l’omesso esame del testo di polizza prodotto con particolare riferimento all’art. 19 che era stato ignorato.

4.2. Entrambe le censure sono fondate.

Questa Corte ha affermato, con orientamento ormai consolidato che “in tema di assicurazione della responsabilità civile, le spese giudiziali al cui pagamento l’assicurato venga condannato in favore del danneggiato vittorioso costituiscono un accessorio dell’obbligazione risarcitoria e, ai sensi dell’art. 1917 c.c., gravano sull’assicuratore se e nei limiti in cui non comportino superamento del massimale di polizza” (cfr. Cass. 24159/2018; Cass. 10595/2018 di cui si richiama la motivazione).

4.3. Premesso che la decisione sulle spese del giudizio ricomprende implicitamente quelle di consulenza (cfr. ex multis Cass. 25817/2017), si osserva che nel caso in esame, oltre alla non corretta applicazione dell’art. 1917 c.c., nella parte in cui è stato ritenuto che non vi fosse copertura di polizza per le spese di CTU e le spese di lite, risulta non esaminato l’art. 19 della polizza assicurativa prodotta che prevedeva la copertura del risarcimento per “capitale, interessi e spese” (doc. 3 richiamato a pag. 25 del ricorso incidentale e prodotto in questa sede), con ciò prevedendo la garanzia anche per tale ultima voce che, erroneamente, è stata disconosciuta.

5. La sentenza, pertanto, deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione per il riesame della controversia in relazione ai motivi accolti ed alla luce del principio di diritto sopra evidenziato.

La Corte di rinvio dovrà decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

rigetta il terzo motivo di ricorso principale; accoglie il secondo ed il terzo nonchè il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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