Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30521 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 20/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P.V. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA OTTAVIANO 66, presso l’avvocato CARRIERO

MARCELLO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2524/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato CARRIERO MARCELLO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI PASQUALE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In relazione all’occupazione abusiva, perdurante dal 1960, di terreno demaniale sito nei pressi di piazzale (OMISSIS), e decidendo sulle cause riunite introdotte l’una il 12 gennaio 1993, nei confronti dell’Ufficio del Registro e del Ministero delle Finanze dagli occupanti D.P.V. e B.C., madre del primo, deceduta nel corso del giudizio, e l’altra il 3 febbraio 1995, dal Ministero delle finanze e dall’Agenzia del Demanio nei confronti del D.P. e della B., il Tribunale di Roma,con sentenza n. 6658 del 29.01-27.02.2004, in accoglimento della domanda svolta dalle Amministrazioni, condannava il D.P. al rilascio dell’area occupata, al pagamento dell’indennità di occupazione, determinata in Euro 36.401,00 oltre all’importo di Euro 15.393,59 per interessi legali sino al 31 dicembre 1992, oltre ulteriori interessi dal 1 gennaio 1993, nonchè al rilascio di un’area di terreno demaniale sito in via (OMISSIS) ed alla rifusione delle spese processuali.

Con sentenza del 28.04-16.06.2008, la Corte di appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, rigettava l’impugnazione proposta dal D.P. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia del Demanio, condannando l’appellante al chiesto pagamento anche dell’indennità di occupazione e relativi accessori, così come calcolata dal giudice di primo grado, maturata nel periodo successivo alla sentenza appellata nonchè a rifondere alle controparti le spese processuali.

La Corte territoriale osservava e riteneva:

– che a fondamento del suo gravame il D.P. aveva dedotto la carenza di elementi probatori in ordine all’effettivo ammontare delle somme dovute a titolo di indennità, nonchè ribadito l’eccezione di intervenuta prescrizione, sollecitando la sospensione dell’esecutività della statuizione di condanna al rilascio, con istanza respinta;

che doveva essere disatteso per genericità il motivo di appello inerente al rigetto dell’eccezione di prescrizione;

che relativamente all’unica questione dibattuta nell’atto di appello, concernente l’unilateralità della determinazione delle somme dovute a titolo di indennità di occupazione, sebbene il giudice di primo grado avesse fatto riferimento ad atti provenienti dalla pubblica amministrazione, tuttavia la richiesta avanzata dall’amministrazione finanziaria si fondava sulle indicazioni fornite dall’Ufficio Tecnico Erariale (al riguardo la documentazione in atti), che non erano mai state oggetto di contestazione da parte del privato;

che, in particolare, l’appellante aveva espresso doglianze assolutamente generiche, non addotto alcun elemento da cui fosse consentito desumere l’eccessività della pretesa creditoria dell’amministrazione rispetto al reale valore i fa di occupazione del bene, non aveva sollecitato eventuali indagini di mercato ma soltanto chiesto che l’indennità fosse accertata “secondo equità”;

che del resto, appariva corretto ritenere che costituisse fatto notorio che l’occupazione di un’area di 1100 mq., sita in una zona centrale di (OMISSIS) e che era stata sede di insediamenti industriali, avesse un valore di mercato ben superiore alle somme poste a base della pretesa dell’amministrazione (che partivano dall’importo di L. 66.000 annue per i primi anni 60, per arrivare a meno di cinque milioni annui alla fine degli anni 80 ed a poco più di un milione mensile per tutto il periodo successivo fino all’attualità);

che sembrava altresì chiaro che, stanti le condizioni patrimoniali del D.P., quali descritte dal medesimo nell’atto di appello, l’eventuale prolungamento dell’istruttoria con l’espletamento di accertamenti peritali (peraltro non sollecitati dall’appellante) si sarebbe tradotto soltanto in un aggravamento del pregiudizio destinato a ripercuotersi nella sfera dell’amministrazione.

Avverso questa sentenza il D.P. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e notificato il 16.09.2009 al Ministero dell’Economia e delle Finanze e all’Agenzia del Demanio, che ha resistito con controricorso notificato il 7.10.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il D.P. denunzia “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.” e conclusivamente formula il seguente quesito Dica la Suprema Corte di Cassazione se costituisca violazione dell’art. 2697 c.c. in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c., se il giudice, nello stabilire il quantum debeatur in ordine alla indennità di occupazione di un suolo demaniale, abbia omesso di nominare un consulente tecnico di ufficio in considerazione del fatto che la stima allegata dalla pubblica amministrazione, sebbene contestata e priva dei requisiti di certezza, esigibilità e liquidità, non sarebbe mai stata oggetto di contestazione da parte di un privato, o più correttamente il giudice avrebbe dovuto considerare che, processualmente, anche la pubblica amministrazione dovendo provare i fatti che sono alla base delle sue pretese, gode delle stesse prerogative concesse alle altre parti processuali in applicazione delle norme di diritto privato.

Il motivo non ha pregio.

Dal tenore dell’impugnata sentenza si evince che la Corte distrettuale non ha ricondotto l’avversato convincimento a prerogative attribuite alla P.A. e segnatamente alla presunzione di legittimità degli atti amministrativi, ma al complesso delle emerse risultanze istruttorie, ivi compreso il contegno tenuto nel processo dal D.P., così ineccepibilmente ritenendo pure assolto l’onere probatorio gravante sulle amministrazioni ex art. 2697 c.c. La congruità della stima redatta dall’UTE, organo dotato anche di competenze valutative e consultive tecnico-economiche nell’interesse delle amministrazioni statali e relativamente ai beni dello Stato (in tema, tra le altre, cfr cass, n. 26364 del 2010), risulta, infatti, verificata non solo in base al notorio ma anche all’assenza di specifiche allegazioni contrarie da parte dell’attuale ricorrente, il quale non aveva nemmeno instato per l’ammissione di una CTU, a differenza della controparte, per la quale l’espletamento del mezzo si sarebbe pure risolto in ulteriore dispendio economico.

Pertanto il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente a pagare all’Agenzia controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il D.P. a rimborsare all’Agenzia del Demanio le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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