Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30518 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. III, 22/11/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 22/11/2019), n.30518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14142-2018 proposto da:

G.L., G.C., F.V.,

G.F., elettivamente domiciliati in ROMA, LARGO TORRE ARGENTINA N 11,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE LI PUMA, che li rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LUIGI BORLONE;

– ricorrenti –

contro

P.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA, 135, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA COSENZ,

rappresentata e difesa dall’avvocato MATTEO NOTARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1146/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 02/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I ricorrenti hanno acquistato un immobile, con atto notaio P., nel quale era prevista una servitù di passaggio a favore del venditore.

La costituzione della servitù era stata pattuita durante le trattative e trasfusa nel contratto preliminare di vendita.

I ricorrenti sostengono che, tuttavia, grazie alla allegazione di una planimetria non corrispondente allo stato dei luoghi, la servitù è risultata diversa da quella pattuita tra le parti, e con un contenuto anche più ampio e gravoso per la parte acquirente.

I ricorrenti hanno attribuito la responsabilità del danno subito (il maggior peso sull’immobile acquistato) oltre che ai venditori, che con raggiri avrebbero consegnato al notaio una planimetria diversa, anche al notaio stesso che, non avvedendosi della diversità della planimetria rispetto ai luoghi, ha redatto un atto sfavorevole per i ricorrenti.

L’azione di risarcimento verso il notaio è stata rigettata con l’argomento di essere tardiva.

Sia secondo i giudici di primo grado, che secondo quelli di appello, la prescrizione ha iniziato a decorrere dalla stipula dell’atto, poichè era facilmente verificabile, sin da quel momento, il danno derivato dall’errore. Inoltre, le lettere scritte al notaio non sono state sufficienti ad interrompere la prescrizione

Gli acquirenti ricorrono con due motivi. V’è costituzione dell’intimato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata è nella affermazione che la prescrizione decorre, si, dal prodursi del danno, ma che, nella concreta fattispecie, tale danno era percepibile sin dalla stipula; inoltre le lettere inviate al notaio non contenevano l’espressa richiesta di risarcimento e dunque non potevano ritenersi valide ad interrompere la prescrizione.

2.- Con il primo motivo i ricorrenti fanno valere violazione dell’art. 2935 c.c.. Ritengono che la corte di appello ha erroneamente applicato la fattispecie al caso concreto. Pur assumendo correttamente che la prescrizione decorre da quando il danno è percepibile da parte del danneggiato, ha tuttavia ritenuto che nel caso concreto non decorresse dalla citazione in giudizio, bensì dalla stipula dell’atto.

Infatti, secondo la corte di merito la difformità tra la mappa allegata e lo stato reale dei luoghi era immediatamente percepibile, sin dalla stipula, ed era infatti stata sottoscritta.

Inoltre, i ricorrenti avevano avuto più volte accesso ai luoghi anche mediante tecnico di fiducia.

Il motivo è infondato.

Resta fermo che nel caso di azione di risarcimento verso un professionista la prescrizione decorre da quando il danno si sia manifestato all’esterno come percepibile al danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile (Cass. n. 22059/2017; Cass. 8703/2016).

Questa regola è stata adottata dalla corte di appello come criterio di decisione del caso.

La corte, però, nel merito, ha ritenuto che il danno fosse percepibile sin dalla stipula dell’atto, in quanto la planimetria era allegata, in quanto le parti l’hanno firmata, in quanto i ricorrenti conoscevano lo stato dei luoghi ed erano altresì assistiti da tecnico di fiducia.

Si tratta di un accertamento in fatto, che attiene alla conoscibilità in concreto del danno subito, che la corte di merito ha motivato e basato su elementi indicativi, e che non è sindacabile in sede di legittimità.

3.- Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 2943 c.c., comma 4. Secondo i ricorrenti la corte avrebbe erroneamente negato alle lettere scritte al notaio l’efficacia di interrompere la prescrizione, con ciò ritenendo che difettasse l’espressa richiesta di risarcimento.

Anche questo motivo è infondato.

Risulta che le due lettere della cui efficacia si discute, contenevano, l’una, espressioni di tal tipo: “I miei clienti mi hanno pregato di farLe presente che si riservano, qualora fosse configurabile una Sua responsabilità professionale, di agire anche nei suoi confronti” e la seconda di tale altro: “le ribadisco l’invito a volermi fornire, senza alcun indugio tutti i chiarimenti del caso.. riservandomi sin d’ora di assumere ogni opportuna iniziativa a tutela degli interessi dei miei assistiti”.

Fermo restando il fatto che per produrre l’effetto interruttivo della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che – sebbene non richieda l’uso di formule solenni nè l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. (Cass. 15714/2018; Cass. 24054/2015; Cass. 3371/2010).

Fermo ciò restando, la questione se, in concreto, sia stata espressa o meno una tale volontà, ossia se essa sia ravvisabile negli atti invocati dalla parte come atti interruttivi, è questione di interpretazione della volontà delle parti, ed in questo caso del dichiarante, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito (Cass. 18515/2007), censurabile solo ove non sufficientemente motivata, al punto da comportare nullità della sentenza.

Il ricorso va pertanto rigettato, ma le spese compensate per la peculiarità della fattispecie.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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