Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30514 del 19/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30514 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DORONZO ADRIANA

ORDINANZA
sul ricorso 21952-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E
DELLA RICERCA 80185250588, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

VERGARA ROSANNA, elettivamente domiciliata in ROMA,
LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato
LUCIA ZACCAGNINI, che la rappresenta e difende unitamente agli
avvocati AMEDEO PIO OLCESE, CARLO OLCESE, MARCO
BRUNO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 19/12/2017

avverso la sentenza n. 292/2014 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA, depositata il 16/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/12/2017 dal Presidente Consigliere Dott.
ADRIANA DORONZO.

Il Tribunale di Genova, in accoglimento della domanda proposta dalla
odierna intimata, assunta con reiterati contratti a tempo determinato
alle dipendenze del MIUR, ha condannato il Ministero al pagamento in
favore della suddetta delle differenze tra le retribuzioni spettanti al
dipendente a tempo indeterminato e quelle effettivamente corrisposte,
siccome dipendente a tempo determinato;
la Corte d’appello di Genova ha rigettato l’appello del Ministero;
la Corte territoriale ha ritenuto che la domanda fosse fondata alla luce
dell’art. 4 dell’Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE
(oltre che con l’art. 6 del d.lgs. n. 368/2001), il quale consente un
trattamento differenziato tra lavoratori a tempo determinato e
lavoratori a tempo indeterminato sulla base di ragioni oggettive, che
non possono essere ravvisate nella mera circostanza che un impiego sia
qualificato di ruolo in base all’ordinamento interno e presenti alcuni
aspetti caratterizzanti il pubblico impiego; ha poi rigettato l’eccezione
di prescrizione sollevata dal Ministero;
per la cassazione ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca sulla base di un unico motivo;
l’intimata ha resistito con controricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
in camera di consiglio non partecipata;
non sono state depositate memorie;
Ric. 2014 n. 21952 sez. ML – ud. 05-12-2017
-2-

Rilevato che.

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Considerato che:
1. il MIUR denuncia la violazione dell’art. 6 e 10 del d.lgs. 6/9/2001, n.
368; dell’art. 9, comma 18, D. L. n. 70/2011, come convertito dalla L.
n. 106/2011; dell’art. 4 della L. 3/5/1999 n. 124; dell’art. 526 del D.lgs.

29/11/2007; dell’art. 36 del D.Lgs. 30/3/2001, n. 165, della direttiva
99-70-CE, nonché dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato
ivi allegato;
1.1. sostiene, in sintesi, il Ministero ricorrente che le supplenze
stipulate per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo
sulla base della normativa di settore non violano la direttiva
comunitaria, che ha come finalità solo quella di coniugare le esigenze
di flessibilità del lavoro e di sicurezza dei lavoratori, per cui attribuisce
rilievo alle esigenze di specifici settori, che giustificano il ricorso alla
tipologia contrattuale e le differenziazioni fra lavoratori a tempo
determinato ed indeterminato;
1.2. il ricorso – che deve ritenersi ammissibile in quanto, all’epoca della
pubblicazione del provvedimento impugnato (16/7/2014), l’art. 366 bis
cod.proc.civ., che imponeva la formulazione di un quesito di diritto a
conclusione di ciascun motivo di ricorso, era stato già abrogato dall’art.
47, comma primo, lettera d), della L. 18/6/2009, n. 69 – è
manifestamente infondato;
1.3. il motivo, nella parte in cui insiste sulla legittimità dei contratti a
termine, sulla specialità del sistema di reclutamento scolastico, sulla
esistenza di ragioni oggettive legate alla necessità di assicurare la
continuità didattica, sovrappone e confonde il principio di non
discriminazione, previsto dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato (concluso il 18 marzo 1999 fra le
Ric. 2014 n. 21952 sez. ML – ud. 05-12-2017
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16/4/1994, n. 297; dell’art. 79 del C.C.N.L. comparto scuola del

organizzazioni intercategoriali a carattere generale – CES, CEEP e
UNICE – e recepito dalla Direttiva 99/70/CE), con il divieto di
abusare della reiterazione del contratto a termine, oggetto della
disciplina dettata dalla clausola 5 dello stesso Accordo;
1.4. il motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata, nel

il principio di diritto recentemente affermato da questa Corte con le
sentenze nn. 22558 e 23868 del 2016, con le quali si è statuito che «nel
settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a
tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta
applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al
personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini
della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per
i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo,
sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che,
prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la
retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento
economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato»;
2. a dette conclusioni, ribadite da ultimo da Cass. ord. 12/7/2017, n.
17168, la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla
Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4
dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico
degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato
“condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a
quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”,
sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;
3. il ricorso del MIUR non prospetta argomenti che possano indurre a
disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poiché le
ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi
Ric. 2014 n. 21952 sez. ML – ud. 05-12-2017
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riconoscere l’anzianità di servizio ai fini retributivi, si pone in linea con

qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise
dal Collegio;
4. in conclusione, il ricorso va respinto;
5. ta novità e la complessità della questione, solo di recente composta
dall’intervento di questa Corte, giustificano la compensazione delle

attività difensiva;
6. non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni
dello Stato l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel
testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228,
atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a
debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano
sul processo (cfr. Cass. n. 1778/2016).
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5/12/2017

spese del presente giudizio nei riguardi delle parti che hanno svolto

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