Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30510 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. I, 23/11/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 23/11/2018), n.30510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27025/2014 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliata in Roma, Viale B. Buozzi n.

99, presso lo studio dell’avvocato D’alessia Antonio che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Squassabia Giuseppe,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Caseificio Achille S.n.c. di D.V.E. & C., in

persona dei legale rappresentante pro tempore, e V.D.,

elettivamente domiciliati in Roma, via Monte Asolone, n. 8, presso

lo studio dell’avvocato Liuzzi Milena, rappresentata e difesa

dall’avvocato Carcereri Franco, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1479/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2018 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

la Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. n. 1479/2014, pronunciata in un giudizio promosso da T.S. nei confronti dei Caseificio Achille snc di D.V.E. & C. e di V.D., ai fini dell’accertamento dell’obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c.(nell’ambito di un pignoramento presso terzi avviato dalla T. nei confronti del coniuge separato V., obbligato, in forza di procedimento presidenziale, al versamento in suo favore di una somma mensile a titolo di mantenimento, e proseguito, a seguito di notifica senza esito del precetto, nei confronti del terzo Caseificio Achille, che la T. assumeva essere debitore verso l’impresa edile del V. a titolo di compenso dovuto, per effetto di un contratto e appalto, per la costruzione di opere edili), ha, in riforma della decisione di primo grado, favorevole alla parte attrice, respinto tutte le domande proposte.

In particolare, la Corte d’appello, accogliendo il gravame proposto con medesimo atto e difensore dal Caseificio Achille e dal V., ha evidenziato che, mentre era stata offerta dal terzo pignorato prova documentale (con fattura quietanzata e copia dell’assegno bancario versato) e testimoniale in ordine al pagamento, in data ante,ore al pignoramento, del saldo dei avori all’appaltatore V. quale titolare di impresa individuale, l’assunto contrario della T. (in ordine al valore superiore dei lavori eseguiti dal V. ed alla prosecuzione dei lavori da parte del V., successivamente al pagamento del saldo da parte del Caseificio) era rimasto sfornito di prova (anche perchè la presenza del debitore esecutato nel cantiere, successivamente al giugno 2005, non provava il credito del medesimo nei confronti del Caseificio, essendo risultato che il V., quale artigiano, aveva continuato a lavorare nel cantiere alle dipendenze di altra impresa, subentrata quale appaltatrice).

Avverso la suddetta sentenza, T.S. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi (l’ultimo dei quali articolato in vari sub motivi), nei confronti del Caseificio Achille snc di D.V.E. & C. e di V.D. (che resistono con controricorso). Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, artt. 24 e 111 Cost., artt. 83 e 84 c.p.c. e art. 1394 c.c., stante il non rilevato conflitto di interessi dell’unico difensore del debitore esecutato e dei terzo pignorato, con conseguente nullità della procura dell’appello, dell’atto dell’appello, e, per l’effetto, della sentenza;2) con il secondo motivo, la violazione “ed omessa” applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, art. 184(vecchio testo), art. 345 c.p.c., comma 3 e degli artt. 2917 e 2704 c.c., in relazione alla non rilevata tardiva produzione (effettuata il 25/6/2009, oltre i termini assegnati per le memorie istruttorie, con una memoria conseguente ad un ordine di esibizione documentale) dell’assegno posto all’incasso e al conseguente difetto di data certa anteriore al pignoramento della pretesa estinzione del debito del terzo pignorato verso il debitore esecutato; 3) con il terzo motivo, la violazione, falsa “ed omessa” applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4″, art. 210 c.p.c., art. 118 c.p.c., comma 2 e art. 116 c.p.c., comma 2, per effetto dell’inosservanza, del pari non rilevata dalla corte distrettuale, dell’ordine di esibizione del giudice; 4) con il quarto motivo, sia la violazione, falsa “ed omessa” applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, artt. 2697,2727 e 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 61 e 191 c.p.c., sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5 (anche l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in base alla vecchia formulazione, previa declaratoria dell’incostituzionalità del nuovo testo dell’articolo), circa fatti decisivi rappresentati dall’entità dei lavori eseguiti dal V., su incarico del Caseificio.

2. Preliminarmente, non ricorrono i presupposti per la declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, secondo quanto eccepito dai controricorrenti in memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., persistendo l’interesse della T. ad una decisione sul giudizio da essa intrapreso in forza di titolo esecutivo giudiziale, sia pure provvisorio; peraltro, i fatti sinteticamente allegati non integrano neppure circostanze sopravvenute in questa fase di legittimità.

3. Tanto premesso, la prima censura è infondata.

In tema di procedimento civile, se è vero che la costituzione in giudizio di più parti, per mezzo di uno stesso procuratore, cui sia stato conferito mandato con unico atto dalle medesime parti sottoscritto, è valida solo quando fra le stesse non vi sia conflitto di interessi (che può essere non solo attuale ma anche virtuale), è altrettanto vero che la potenzialità del conflitto medesimo va ricostruita non come mera eventualità, bensì in correlazione stretta con il concreto rapporto esistente fra le parti, i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione (Cass. 12741/2005; Cass. 1550/2011; Cass. 15884/2013).

Questa Corte (Cass. 20950/2017; Cass. 1530/2018) ha poi, di recente, ribadito che “ove più parti abbiano conferito il mandato difensivo ai medesimo professionista, la situazione di conflitto d’interessi idonea a provocare l’invalidità del mandato può essere non solo attuale, ma anche potenziale; tale potenzialità, tuttavia, va intesa non come astratta eventualità, bensì in stretta correlazione con il concreto rapporto esistente tra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione” (nella specie, relativa a mandato conferito allo stesso difensore dal progettista e dal direttore dei lavori convenuti dal committente nel giudizio di responsabilità per danni strutturali ad un edificio, è stata esclusa la ricorrenza di detto conflitto, essendo in contestazione non già il riparto di responsabilità tra i due professionisti ma, con difese comuni ad entrambi, la fondatezza della pretesa attorea).

Sulla necessità che il conflitto di interessi potenziale, da valutare in concreto e non in astratto, sia anche attuale, questa Corte (Cass. 21350/2005) ha affermato che “nel caso in cui tra due o più parti sussista conflitto di interessi – attuale, ovvero anche virtuale, nel senso che appaia potenzialmente insito nel rapporto tra le medesime, i cui interessi risultino, in astratto, suscettibili di contrapposizione inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore, al quale sia stato conferito mandato con un unico atto, e ciò anche in ipotesi di “simultaneus processus”, dato che il difensore non può svolgere contemporaneamente attività difensiva in favore di soggetti portatori di istanze confliggenti, essendo siffatta violazione rilevabile di ufficio, anche in sede di appello, in quanto investe il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti”, precisando che “peraltro, il carattere dell’attualità del conflitto può anche venire meno, ma a detto fine è necessario che dalle risultanze processuali emerga che la contrapposizione di interessi è stata effettivamente superata, come accade nel caso in cui una delle parti abbia rinunciato alle proprie pretese, in conflitto con quelle vantate dalla parte rappresentata dallo stesso difensore”.

Ora, nella specie, il terzo pignorato aveva reso una dichiarazione negativa in ordine all’esistenza di un proprio debito verso l’esecutato, avendo già provveduto a saldare il corrispettivo dovuto e, nel successivo giudizio per l’accertamento dell’obbligo del terzo, incardinato dal creditore procedente ex art. 548 c.p.c. (nel testo vigente anteriormente alle Riforme del 2012 e del 2015, nei quale il terzo è divenuto parte del procedimento, incombendo sullo stesso l’onere di provare di avere estinto la sua obbligazione prima dei pignoramento), la Caseificio Achille aveva dedotto di avere interamente saldato l’impresa edile del V. per la costruzione delle opere edili del nuovo caseificio in (OMISSIS), con pagamento del 27/6/2005 e tali circostanze erano state confermate dalla difesa dei debitore esecutato V..

A fronte della decisione di primo grado, che aveva accertato esistenza di un debito della Caseificio Achille nei confronti dei V., il V. e la Caseificio Achille avevano proposto un unico gravame, atteso che le posizioni delle due parti erano risultate non contrapposte ma de tutto convergenti, avendo il terzo allegato (ed il debitore confermato) di avere pagato il debitore in epoca anteriore al pignoramento.

Ora, l’affermazione, presente in ricorso, secondo la quale la divergenza di interessi tra posizione del debitore esecutato e posizione del terzo pignorato non può essere mai ricomposta, assurge ad una mera petizione di principio.

Non ricorreva pertanto il conflitto di interessi necessario per rendere invalida la procura alle liti conferita dalle due parti appellanti ai medesimo difensore.

4. Anche il secondo ed il terzo motivo sono infondati.

Invero, il documento in contestazione (copia del fronte-retro dell’assegno attestante il pagamento al V. nei 2005) è stato prodotto dalla Caseificio Achille in ottemperanza di un ordine di esibizione del giudice, ex art. 210 c.p.c., con il quale era stata ordinata la produzione dei contratti di appalto tra la Caseificio Achille ed il V. e tra la prima e la Ditta C. (subentrata al debitore esecutato nel contratto di appalto) e delle scritture contabili attestanti l’avvenuto pagamento. La Caseificio Achille, nella memoria depositata nel giugno 2005, aveva dedotto che non esisteva alcun contratto scritto tra le parti ma solo verbale, avente ad oggetto la realizzazione delle fondamenta in cemento armato e dei plinti.

Ora, per orientamento consolidato di questa Corte, la funzione di strumento istruttorio residuale assegnata dall’ordinamento all’ordine di esibizione predetto implica che esso può pertanto essere utilizzato solo se la prova del fatto non è acquisibile “aliunde” e se l’iniziativa non ha finalità meramente esplorative; la valutazione concernente la ricorrenza di tali presupposti è rimessa al giudice di merito e il mancato esercizio da parte di costui del relativo potere discrezionale non è sindaca bile in sede di legittimità. Da tali principi consegue che, integrando l’inosservanza dell’ordine di esibizione di documenti un comportamento dal quale il giudice può, nell’esercizio di poteri discrezionali, desumere argomenti di prova a norma dell’art. 116 c.p.c., comma 2, non è censurabile in sede di legittimità, neanche per difetto di motivazione, la mancata valorizzazione dell’inosservanza dell’ordine ai fini della decisione di merito (Cass. 15768/2004; Cass. 2148/2017).

In ogni caso, la decisività di tale documento non è dimostrata, essendo il giudizio della Corte distrettuale basato anche sulla fattura in data 27/6/2005, quietanzata, e sull’istruttoria orale espletata.

5. Il quarto motivo è inammissibile, in ordine ai vizi di violazione di legge, perchè quanto dedotto dalla ricorrente non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicchè il riferimento alle norme civili risulta palesemente inconferente, giacchè quel che viene in discussione è unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si è trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della corte territoriale, che il riferimento alla documentazione prodotta rende adeguatamente motivata (Cass. 21486/2011).

Il motivo è del pari inammissibile, in relazione alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non risultando che vi sia stato il lamentato omesso esame di fatto storico decisivo.

6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.500,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonchè rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, par a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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