Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30506 del 22/11/2019

Cassazione civile sez. III, 22/11/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 22/11/2019), n.30506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11054/2018 proposto da:

D.G.D., D.G.U., elettivamente domiciliati

in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio

dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SIMONE MARIA POTTINO;

– ricorrenti –

contro

D.A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PINCIANA 25, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SCIAUDONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI ANICHINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 589/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 5 aprile 2018 D.G.D. e D.G.U. ricorrono avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze numero 589/2017, pubblicata in data 17 marzo 2017, per censurare la violazione dell’art. 112 c.p.c., l’illegittima inversione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 e all’art. 2729 c.c., nonchè la violazione degli artt. 115,116 e 122 c.p.c., in relazione alla valutazione delle prove acquisite in un giudizio di rendiconto avviato dai ricorrenti nei confronti di D.A.A.. Nel caso specifico la Corte d’appello, pronunciandosi sull’azione di rendiconto instaurata avverso il cugino cui era stata affidata la gestione dei rapporti di conto corrente e di investimento con una banca svizzera, ove confluivano i proventi di un immobile in comproprietà sito in (OMISSIS), oggetto di comunione familiare, accoglieva in parte l’appello del mandatario che nel giudizio di secondo grado aveva dimostrato di avere in parte adempiuto all’obbligo di rendere il conto e, in relazione ai calcoli effettuati da una CTU integratrice disposta dal collegio giudicante, rideterminava gli importi di dare e avere tra mandatario e mandanti rispetto a quanto erroneamente quantificato dal primo giudice (Tribunale di Firenze), ritenendo che in base ai versamenti effettuati in esecuzione della sentenza di primo grado, il mandatario risultava creditore di Euro 100.348,00 nei confronti di D.G.D., mentre nei confronti di D.G.U. risultava debitore di Euro 33.540,00.

2. Il ricorso è affidato a tre motivi e la parte resistente ha notificato controricorso. Le parti ricorrenti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti deducono che la Corte d’appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., sia andata oltre i limiti delle domande delle parti, in quanto il resistente si sarebbe difeso chiedendo solo la reiezione della domanda principale e la condanna in via riconvenzionale al pagamento del compenso per l’attività prestata a favore dei ricorrenti, suoi cugini, mentre non avrebbe proposto alcuna domanda relativa alle restituzioni per anticipazioni finanziarie andate a favore dei cugini per il pagamento di tasse e onorari di professionisti tedeschi, se non nel giudizio di secondo grado, allorchè ha depositato il rendiconto.

1.1. Il motivo è innanzitutto generico perchè non riporta il contenuto della comparsa di risposta del mandatario tenuto al rendiconto, il quale invece assume di avere dichiarato di avere personalmente anticipato Euro 64.195,00 per conto dei mandanti e a causa del mandato ricevuto. Lo stesso CTU ha preso atto di tale deduzione nel controllare il conto presentato dal mandatario nella fase di appello. La Corte, pertanto, ha tenuto conto di tali circostanze, con argomentazioni in fatto del tutto incensurabili, e comunque non qualificabili come vizio di extra petita.

1.2. Inoltre, si osserva che la Corte di merito ha accolto un’eccezione di compensazione relativo alle contrapposte poste di debito contenute nel rendiconto per la quale è sufficiente che dalla deduzione della parte risulti la volontà univoca di vedere riconosciuta la compensazione legale del debito con quanto a lei dovuto in ragione dell’incarico per anticipazione delle spese, tasse e compensi versati a terzi. Unico limite sussistente, in quanto esercizio di un diritto potestativo, consiste nel rilievo di parte, e non d’ufficio, che deve essere espletato da chi intenda avvalersene, senza necessità che la relativa manifestazione di volontà sia espressa mediante l’uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che dal comportamento della parte risulti univocamente la volontà di ottenere la dichiarazione dell’estinzione del debito mediante la compensazione con altre poste contrapposte (Sez. 3, Sentenza n. 10335 del 13/05/2014; Sez. 1 -, Sentenza n. 23948 del 02/10/2018). Pertanto, il vizio di extra petita non può ravvisarsi con riguardo all’eccezione di compensazione accolta dal giudice su richiesta della parte in un’azione di rendiconto, posto che detta eccezione, ove la parte è tenuta a rendere il conto, non richiede un’apposita domanda giudiziale per il suo accoglimento, ove sia dimostrato che la parte deducente abbia contrastato con specifiche argomentazioni e allegazioni la maggiore pretesa della controparte, come nel caso in questione. Difatti la compensazione legale estingue “ope legis” i debiti contrapposti, esposti nelle poste del rendiconto, in virtù del solo fatto oggettivo della loro contemporanea sussistenza, sicchè la pronuncia del giudice, che accolga la deduzione di parte, si risolve in un accertamento dell’avvenuta estinzione dei reciproci debiti delle parti dal momento in cui sono venuti a coesistenza (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 12016 del 07/05/2019; Cass. Sez. U -, Sentenza n. 23225 del 15/11/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22324 del 22/10/2014; Cass.Sez. 3, Sentenza n. 10297 del 07/05/2007).

2. Con il secondo motivo si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione delle regole sulla ripartizione dell’onere della prova e, segnatamente, dell’art. 1713 c.c., in tema di rendiconto, dell’art. 2729 c.c., sulle presunzioni e dell’art. 2697 c.c., sugli oneri di prova, in quanto la Corte d’appello avrebbe recepito per intero le risultanze della CTU nonostante la CTU avesse ammesso irritualmente l’ingresso di argomentazioni sulle anticipazioni fatte nella gestione della comunione in Germania non solo non dedotte ritualmente, ma di cui non è stata fornita piena prova.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Il regime probatorio nel giudizio di rendiconto è nel senso che

colui che è tenuto alla presentazione del conto ha l’onere di fornire tutti gli elementi utili per la ricostruzione della gestione stessa; in tal caso spetta a chi contrasti le affermazioni documentate dimostrarne l’erroneità, mentre alla lacunosità o incompletezza delle prove fornite dalle parti può sopperire comunque l’istruttoria disposta dal giudice di merito, con la consulenza tecnica o con il giuramento decisorio ex art. 256 c.p.c., o suppletorio (Sez. 1, Sentenza n. 21090 del 03/11/2004; Sez. L, Sentenza n. 1551 del 26/01/2006). La Corte di merito, nell’ambito del suo potere discrezionale, applicando i principi sopra riferiti, ha ritenuto di conferire incarico al CTU al fine di accertare i rapporti di dare e avere tra mandanti e mandatario, e la correttezza delle poste contabili indicate dal mandatario, in relazione ai documenti giustificativi forniti, ritenendo di dovere includere ogni attività svolta dal mandatario a favore dei mandanti per la gestione del conto, collegato alla gestione del bene familiare, assumendo che sia il tenore della CTU disposta, che le deduzioni del mandatario erano tutte nel senso che il giudizio di rendiconto non fosse limitato all’esame dei soli movimenti dei conti svizzeri, bensì rivolto a verificare la rendicontazione dell’attività svolta dal mandatario nell’interesse dei mandanti relativamente alla gestione dei loro interessi all’estero, i proventi dei quali erano confluiti nei conti svizzeri su cui il mandatario aveva avuto la delega ad operare.

2.3. L’unico aspetto non rientrante nel quesito, e nell’oggetto di causa, era infatti la quantificazione del compenso spettante al mandatario, essendo stato questo del tutto escluso dalle parti in sede di conferimento del mandato, di cui il CTU ha tenuto conto. Inoltre, attesa la esaustività della CTU, la Corte di merito ha ritenuto di rigettare l’istanza di rinnovo della CTU.

2.4. Si tratta pertanto di un’attività compiuta dalla Corte di merito nell’esercizio del potere discrezionale suo proprio in ordine alla ricostruzione dei fatti di causa, esercitata nel perimetro delle domande ed eccezioni svolte dalle parti. Pertanto) nel delimitare l’obbligo di rendiconto, la Corte ha ritenuto che vi rientrasse anche la rendicontazione dell’acquisto di titoli conferiti da clienti del mandatario, di cui i mandanti si sono limitati a contestare l’assenza di prova sulla riferibilità al mandatario di tali conferimenti, accertata invece dal CTU, come anche il pagamento dei tributi e dei professionisti in Germania, nonchè le spese per le trasferte a (OMISSIS), ripartite tra i ricorrenti pro quota.

3. Con il terzo motivo si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 115,116 e 122 c.p.c., nonchè del principio del contraddittorio in sede di CTU, riportandosi anche alle conclusioni istruttorie indicate nella sentenza nel punto, ove si fa riferimento all’istanza di stralcio dei documenti allegati dal mandatario non in lingua italiana e privi di valore probatorio. Sul punto la parte resistente controdeduce che i documenti in lingua tedesca sono stati tradotti in lingua italiana.

3.1. Il motivo è inammissibile perchè, nel merito, intende censurare sotto il velo di errori processuali valutazioni di merito sui fatti di causa, e non tanto la violazione dei criteri di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c., in materia di disponibilità della prova e di libera valutazione delle prove, posto che si limita a dedurre che il CTU abbia utilizzato documenti depositati nel primo grado, la cui utilizzabilità non era stata valutata dal giudice, ancorchè fosse stata ritualmente contestata dalla difesa dei ricorrenti, nonchè che il CTU abbia aderito acriticamente alla narrazione fornita dal consulente di parte, senza dar prova dell’esistenza di un mandato di gestione della comunione berlinese. La censura, prima di tutto, non si dimostra comunque formulata conformemente al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., n. 6, poichè nel motivo non viene riferito “come e dove” sia stata dedotta ritualmente l’inutilizzabilità di alcune prove allegate nel giudizio di primo grado.

4. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore della parte resistente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 13.000,00, oltre a Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge a favore della parte ricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019

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