Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30503 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. I, 23/11/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 23/11/2018), n.30503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12210/2013 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Lancellotti

n.18, presso lo studio dell’avvocato Mariano Rosamaria, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Costanza Maria, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Filatura di Gozzano – F.d.G. S.p.a., in Liquidazione e in

Amministrazione Straordinaria, già Bemberg S.p.a., in persona del

Commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via della Balduina n.120/5, presso lo studio dell’avvocato

Auletta Ferruccio, che la rappresenta e difende, giusta procura a

margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

E sul ricorso:

D.M., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico

n.92, presso lo studio dell’avvocato De Santis Marco, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Stradella Umberto,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente successivo –

contro

Filatura di Gozzano – F.d.G. S.p.a. in Liquidazione e in

Amministrazione Straordinaria, già Bemberg S.p.a., in persona del

Commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via della Balduina n.120/5, presso lo studio dell’avvocato

Auletta Ferruccio, che la rappresenta e difende, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente successivo –

avverso la sentenza n. 2019/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/07/2018 dal cons. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

Il commissario straordinario della Filatura di Gozzano s.p.a. in liquidazione citò innanzi al Tribunale di Novara D.M. e T.G., esponendo che: il 19.11.04 la società era stata posta in liquidazione, nominando liquidatore il D.; con sentenza emessa il 3.5.05 il Tribunale aveva dichiarato lo stato d’insolvenza della società, mentre il 4.7.05 la stessa era stata posta in amministrazione straordinaria ex D.Lgs. n. 270 del 1999, con nomina del T. quale commissario straordinario; successivamente alla sentenza, tra giugno e luglio 2005, il convenuto D. aveva percepito il complessivo importo di Euro 102.360,00 a titolo di compenso per l’attività di liquidatore; tale pagamento, avvenuto successivamente all’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, era inefficace a norma del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 18, comma 2, e della L. Fall., artt. 45,52 e 54, in quanto relativi a crediti sorti in data anteriore all’apertura della procedura; che alla restituzione delle somme era obbligato anche il T., quale commissario straordinario (poi revocato) per aver omesso ogni controllo.

Si costituì il D., eccependo che: il compenso al liquidatore era stato deliberato dall’assemblea dei soci il 17.2.05 e gli era stato pagato prima della presentazione del ricorso per l’ammissione alla procedura concorsuale, posto che il Tribunale aveva stabilito che i liquidatori dovessero continuare nella gestione della liquidazione ordinaria sino all’emissione del decreto di ammissione alla amministrazione straordinaria; il 28.6.05 l’assemblea dei soci aveva riconosciuto ai liquidatori un compenso complessivo lordo di Euro 45.000,00 da pagare mensilmente dal maggio 2005; tali somme costituivano pagamento di emolumenti maturati per l’attività di liquidatore svolta dopo la sentenza dichiarativa dello stato d’insolvenza nonchè il rimborso delle spese sostenute, trattandosi dunque di pagamenti prededucibili, con esclusione dell’inefficacia di cui al citato art. 18.

Si costituì anche il T. resistendo alla domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda. Il commissario straordinario propose appello, deducendo che i pagamenti impugnati riguardavano i compensi liquidati dopo la dichiarazione d’insolvenza e riguardanti tutte le attività anteriori, mancando altresì un atto autorizzativo degli stessi pagamenti.

Si costituirono il D. e il T.; quest’ultimo propose appello incidentale.

La Corte d’appello di Torino ha accolto l’appello principale, argomentando che: dagli atti di causa si desumeva che parte attrice aveva fatto valere l’inefficacia dei pagamenti effettuati dal commissario giudiziale T. a favore del liquidatore D. nel periodo tra la dichiarazione dello stato d’insolvenza e l’ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria; tali pagamenti erano stati eseguiti dal T. sulla base della delibera assembleare del 28.6.05 attributiva di compenso ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la delibera del 17.2.05; l’attività dei liquidatori trovava compenso, anche per il periodo successivo alla dichiarazione dello stato di insolvenza, già nella precedente delibera di febbraio (che aveva stabilito che il compenso ai liquidatori fosse loro attribuito per il periodo tra la nomina e l’ammissione alla procedura concorsuale); non era condivisibile la decisione del Tribunale che aveva rigettato la domanda perchè fondata sul solo art. 18 del d.lgs. n.270/99, in quanto i pagamenti impugnati potevano essere diversamente qualificati nella cornice della L. Fall., art. 167, quali atti (o fatti) di straordinaria amministrazione richiedenti l’autorizzazione del giudice delegato, tenuto conto dell’ingente somma e del fatto che il compenso deliberato nel giugno 2005 costituiva una duplicazione del compenso già riconosciuto con la delibera di febbraio 2005, conseguendone l’infondatezza dell’eccezione relativa alla mancanza di danno per la massa dei creditori, emergendo piuttosto un vero e proprio indebito oggettivo in pregiudizio della stessa massa.

Pertanto, la Corte distrettuale ha ritenuto che l’accoglimento dell’appello principale non implicasse violazione dell’art. 112 c.p.c., venendo in rilievo una diversa qualificazione giuridica dei pagamenti impugnati dalla parte attrice (in ordine alla L. Fall., art. 167) sul duplice presupposto della mancata autorizzazione del giudice delegato e del fatto che il compenso deliberato nel giugno 2005 costituiva una vera e propria duplicazione del compenso già riconosciuto e pagato per il periodo dalla dichiarazione dello stato di insolvenza all’apertura della procedura di amministrazione straordinaria.

Ciò posto, la Corte del merito ha conseguentemente concluso per l’accoglimento della domanda rivolta nei confronti del T., per avere questi dato causa all’indebito, pagando le somme in questione in assenza di titolo opponibile alla massa, ritenendo la responsabilità solidale del T. con il D., ex art.2055 cod. civ., per avere pagato le somme in questione in assenza di titolo opponibile alla massa.

T.G. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a tre motivi – nei confronti della procedura di amministrazione straordinaria e del D.; D.M. ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale per cassazione affidato a due motivi, e detto ricorso, notificato successivamente a quello proposto dal T., deve ritenersi incidentale.

Il Commissario straordinario ha depositato controricorso e ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso del T., affidato ad un unico motivo.

Le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO CHE:

Con il primo motivo del ricorso, il T. denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte d’appello avrebbe pronunciato ultra petita nell’affermare che il Commissario straordinario alla procedura di amministrazione straordinaria aveva proposto la domanda risarcitoria anche nei suoi confronti, avendo invece chiesto la sola restituzione delle somme indebitamente pagate, e non avendo peraltro dedotto alcuna fattispecie di omesso controllo nei confronti del liquidatore D. quale fonte di responsabilità. Secondo il T., la Corte d’appello avrebbe omesso di decidere sulla domanda restitutoria, peraltro priva di fondamento nei suoi confronti non avendo percepito alcun compenso.

Con il secondo motivo, il ricorrente principale denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,2043 e 2697 c.c., L. Fall., art. 167; sostiene di essere stato erroneamente ritenuto responsabile, atteso che non occorreva per i pagamenti in oggetto alcuna autorizzazione del G.D., trattandosi di atti di ordinaria amministrazione, e che la Corte del merito avrebbe quantificato un danno supposto e non provato.

Con il terzo motivo, il T. denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c., avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto il concorso nella condotta illecita tra il commissario giudiziale e il liquidatore D., non sussistendo solidarietà tra loro.

D.M. ha formulato due motivi di ricorso.

Con il primo ha denunziato violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 183 c.p.c., D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 18,commi 1 e 2, lamentando che la Corte d’appello ha erroneamente applicato la L. Fall., art. 167, e il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 18, sul presupposto contestato che entrambe le norme afferiscano ai medesimi fatti costitutivi, venendo invece in rilievo fattispecie diverse, tanto che l’art. 167, viene richiamato dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 18, comma 1, e non dal comma 2.

Inoltre, il ricorrente lamenta che il giudice di merito avrebbe pronunciato ultra petita in quanto ha fondato la decisione sull’inammissibile ampliamento della domanda dell’attrice estesa con la memoria ex art. 183 c.p.c., anche ai pagamenti effettuati per prestazioni svolte prima della dichiarazione d’insolvenza, mentre la domanda introduttiva del giudizio riguardava solo i pagamenti eseguiti nei mesi di maggio e giugno 2005 (cioè nel periodo intercorrente tra la suddetta dichiarazione e l’ammissione all’amministrazione straordinaria) ma per prestazioni effettuate precedentemente; secondo il ricorrente, inoltre, la Corte del merito, in violazione dell’art. 112 c.p.c., avrebbe pronunciato persino l’inefficacia della delibera del 28/6/2005.

Con il secondo motivo è stata denunziata violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 167, e D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 18, comma 1, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto che i pagamenti oggetto della domanda fossero atti di straordinaria amministrazione, richiedenti l’autorizzazione del giudice delegato, e che gli stessi costituissero una indebita duplicazione dei compensi già riconosciuti dalla delibera assembleare del febbraio 2005, atteso che la delibera di giugno aveva riguardato i soli pagamenti avvenuti tra maggio e giugno, mentre la precedente era riferita ai pagamenti eseguiti nel periodo precedente l’ammissione alla procedura.

Il Commissario giudiziale della Filatura di Gozzano s.p.a. ha formulato un unico motivo di ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale, in ordine all’error in procedendo oggetto del primo motivo del ricorso del T., chiedendo che, ove ritenuta l’omessa pronuncia sulla domanda di restituzione dell’indebito, il T. venga condannato, a titolo d’indebito, al pagamento della stessa somma oggetto della sentenza impugnata in favore della procedura di amministrazione straordinaria.

Il ricorso principale del T. è infondato.

Con il primo motivo il ricorrente si duole che la Corte d’appello lo avrebbe condannato al risarcimento dei danni pronunciando su una domanda risarcitoria, fondata sull’omessa vigilanza nei confronti del liquidatore D., esecutore dei pagamenti in questione, che non era stata proposta, avendo il commissario giudiziale esercitato la sola azione di restituzione d’indebito; la Corte di merito non avrebbe deciso sull’eccezione d’inammissibilità della domanda di ripetizione d’indebito proposta nei suoi confronti.

Il motivo non ha pregio. Superato il profilo di inammissibilità fatto valere dalla Procedura, attesa la chiara denuncia del vizio processuale, va evidenziato che sin dall’atto di citazione di primo grado (v.pag.2, rigo 21), e poi ribadito in appello (pag. 10 dell’atto d’appello), la Procedura aveva fondato la domanda nei confronti del T. anche sull’omesso controllo in ordine ai pagamenti eseguiti senza un valido titolo autorizzativo.

Pertanto, è destituita di fondamento la doglianza secondo cui sarebbe estranea alla causa petendi la deduzione dell’omessa diligenza del T., che è invece stata posta a base della domanda risarcitoria, sia pure quantificata nell’ammontare del pagamento indebito eseguito nei confronti del solo D..

Il secondo motivo è infondato.

Invero, posta la natura esemplificativa e non tassativa dell’elencazione degli atti di cui alla L. Fall., art. 167, comma 1, come è dimostrato dal richiamo residuale alla categoria generale degli “atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”, la Corte del merito ha seguito il principio espresso nella pronuncia 20291/2005, secondo cui “la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, ai fini della eventuale dichiarazione di inefficacia dell’atto stesso ai sensi della L. Fall., art. 167, deve essere compiuta dal giudice di merito tenendo conto che il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneità ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti su questi ultimi”.

Nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto trattarsi di atto di straordinaria amministrazione, oltre che per l’entità della somma, per costituire vera e propria duplicazione dei compensi, già riconosciuti e pagati, in base alla delibera del febbraio 2005.

Inoltre, il motivo è inammissibile in ordine alla doglianza sul nesso causale, che non tiene conto dell’argomentazione addotta dalla Corte di merito, che costituisce accertamento di fatto (sul principio, si richiamano le pronunce Cass. 21684/05; 9754/05).

Il terzo motivo non ha pregio poichè la fattispecie di cui all’art. 2055 c.c., sul concorso nel fatto illecito, può anche fondarsi su due diversi titoli di responsabilità aventi fonte in diverse condotte, entrambe con efficacia causale sull’evento dannoso. Invero, occorre richiamare il costante orientamento di questa Corte secondo cui “quando il fatto lesivo è imputabile a più persone, la solidarietà ex art. 2055 c.c., non è impedita dalla diversità delle condotte lesive nè dalla diversità dei titoli, allorquando tra di essi sussista uno stretto vincolo di interdipendenza” (Cass. n. 5024/02 e 18939/2007,tra le tante).

Il ricorso incidentale del D. è parimenti infondato.

Con il primo motivo, il ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia dichiarato l’inefficacia dei pagamenti in suo favore sulla base di due fatti costitutivi tra loro diversi e contrapposti, fondati sulle diverse fattispecie, di cui al D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 18, e L. Fall., art. 167, e che essa sia incorsa in ultrapetizione nell’aver dichiarato l’inefficacia dei pagamenti eseguiti per prestazioni svolte successivamente alla dichiarazione d’insolvenza, sulla scorta di un inammissibile mutamento di domanda realizzato attraverso la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6.

Ciò posto, si deve rilevare che, nella sostanza, al di là del preteso mutamento dei fatti costitutivi, il ricorrente si duole della qualificazione della domanda operata dalla Corte del merito, o, anocora più precisamente, della individuazione nella domanda delle due fattispecie alternative di inefficacia, poste a base della azionata domanda di ripetizione di indebito, tra l’estinzione di un debito anteriore alla dichiarazione di insolvenza, D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 18, comma 2, e l’estinzione di un debito successivo L. Fall., ex art. 167, comma 2.

Ora, nell’effettuare detta valutazione, la Corte del merito si è mossa nell’ambito dei poteri propri di interpretazione/qualificazione della domanda, avendo cura di evidenziare altresì come detta alternativa fosse stata ben chiara sin dall’introduzione del giudizio, tanto che le parti avevano avuto modo di interloquire sui presupposti delle due domande, senza patire in alcun modo la violazione del contraddittorio e del diritto di difesa.

E, come affermato nelle pronunce 15802/2005 e 75/2010, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda il giudice di merito, da un lato, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte, dall’altro, ha il potere-dovere di accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non solo dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni dalla medesima fornite nel corso del giudizio, nonchè dal provvedimento concreto dalla stessa richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di non sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella esercitata.

Inammissibile è infine la doglianza di violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla ritenuta dichiarazione di inefficacia della delibera del giugno 2005, dato che la Corte del merito non ha in alcun modo reso tale declaratoria, limitandosi a fare riferimento a detta delibera, argomentando nel senso che l’inefficacia dei pagamenti non trovava ostacolo nella mancata impugnativa della stessa, dato che la Procedura aveva inteso far valere l’inefficacia nei confronti della massa della esecuzione di detta delibera.

Il secondo motivo è inammissibile.

Il ricorrente, col motivo proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, vorrebbe censurare la qualificazione della natura di straordinaria amministrazione dei pagamenti contestati, e quindi la valutazione di fatto operata dalla Corte del merito, valutazione che ha anche tenuto conto della circostanza che il Tribunale aveva affidato la gestione provvisoria ai liquidatori già in carica, concludendo nel senso che detta circostanza non escludeva che il compenso dovesse essere sottoposto all’autorizzazione giudiziale.

Resta assorbito il ricorso incidentale della Procedura.

Le spese seguono la soccombenza; i ricorrenti T. e D. vanno condannati in solido al relativo pagamento a favore della Procedura.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale di T.G. e il ricorso incidentale di D.M., assorbito il ricorso incidentale condizionato della Filatura di Gozzano s.p.a. in liquidazione ed in amministrazione straordinaria.

Condanna il T. e il D., in solido, al pagamento, in favore del Commissario straordinario della Filatura di Gozzano s.p.a. in liquidazione, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 10.200,00 oltre la maggiorazione del 15% per il rimborso forfettario delle spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia del ricorrente principale T. che del ricorrente incidentale D.M., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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