Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30500 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 21/11/2019), n.30500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 19940 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

BANCA DEL FUCINO S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente

del consiglio di amministrazione, legale rappresentante pro tempore,

P.M.A.F. rappresentato e difeso dagli

avvocati Carmine Punzi (C.F.: PNZ CMN 33H20 A509G) e Luca Vianello

(C.F.: VNL LCU 62P02 H501E);

– ricorrente –

nei confronti di:

R.A. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso

dall’avvocato Pino D’Alberto (C.F.: DLB PNI 51R06 B427X);

– controricorrente –

nonchè

CONSORZIO SINE.CO. – SINERGIE CONSORTILI Soc. Coop. a r.l. (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma n.

2622/2018, pubblicata in data 19 aprile 2018 (e notificata in data

28 maggio 2018);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 11 luglio 2019 dal consigliere Tatangelo Augusto.

Fatto

RILEVATO

che:

R.A. ha pignorato, in danno del Consorzio Sine.Co. S.c.r.l., i crediti vantati da quest’ultimo nei confronti della Banca del Fucino S.p.A.. A seguito della dichiarazione di quantità resa da quest’ultima in senso negativo, ha promosso il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, ai sensi dell’art. 548 c.p.c..

La sua domanda è stata accolta dal Tribunale di Roma.

La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre la Banca del Fucino S.p.A., sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso il R..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato. E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

La banca ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 524,547,548 e 550 c.p.c., rilevante ex art. 360 c.p.c., n. 4”.

Come emerge dallo stesso ricorso, il R. ha instaurato nei confronti del Consorzio Sine.Co. S.c.r.l., tra il 2010 ed il 2011, tre successive distinte procedure esecutive, pignorando in tutti e tre i casi le somme depositate dal consorzio debitore presso la Banca del Fucino S.p.A.. I tre pignoramenti hanno dato luogo a tre distinti processi esecutivi, che non risultano oggetto di alcun provvedimento di riunione (procedimenti rispettivamente iscritti al n. 42370/2010, al n. 22864/2011 ed al n. 31148/2011 del R.G.E. del Tribunale di Roma).

La banca terza pignorata ha reso dichiarazione di quantità positiva in relazione alla prima procedura (quella iscritta al n. 42370/2010 R.G.E.) e “negativa” in relazione alla seconda (quella iscritta al n. 22864/2011). Dopo che aveva ricevuto la notificazione dell’atto di pignoramento relativo alla terza procedura (quella iscritta al n. 31148/2011 R.G.E.), ma prima di aver provveduto a rendere l’ulteriore dichiarazione di quantità, ha ricevuto la notifica di un atto di rinuncia agli atti esecutivi da parte del creditore, relativo alla prima procedura (quella iscritta al n. 42370/2010 R.G.E.), corredato di un provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione (atti che si sono successivamente rivelati falsi). Avendo ritenuto possibile lo svincolo delle somme pignorate, in base a tali atti, ed avendole concretamente restituite al debitore esecutato, non ha reso dichiarazione di quantità positiva nella terza procedura esecutiva (quella iscritta al n. 31148/2011 R.G.E.).

Chiesto dal creditore l’accertamento del suo obbligo, i giudici di merito hanno accolto la domanda, ritenendo assorbente il rilievo che al momento della notificazione del terzo pignoramento (n. 31148/2011 R.G.E.) la banca era certamente ancora debitrice del consorzio (il che è invero pacifico), mentre la successiva ricezione della falsa rinuncia agli atti del creditore, in quanto relativa alla sola prima procedura (n. 42370/2010 R.G.E.), non avrebbe in nessun caso giustificato lo svincolo delle somme depositate, oggetto dell’ulteriore vincolo derivante dall’ultimo pignoramento.

Secondo la banca ricorrente (che ribadisce la sua tesi nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2), poichè gli artt. 524,547,548 e 550 c.p.c., impongono di procedere, anche di ufficio, a riunire al primo gli eventuali successivi pignoramenti aventi ad oggetto il medesimo credito, essa avrebbe legittimamente ritenuto la rinuncia del creditore e la conseguente dichiarazione di estinzione del primo procedimento (n. 42370/2010 R.G.E.) come riferibile anche ai successivi pignoramenti notificati dal R., che avrebbero dovuto a questo essere riuniti e, quindi, avrebbe legittimamente proceduto allo svincolo delle somme pignorate, comunque in perfetta buona fede, essendosi la rinuncia e l’estinzione solo successivamente rivelate false, buona fede di cui erroneamente la decisione impugnata non avrebbe tenuto conto.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Pur sussistendo effettivamente l’obbligo di riunione dei fascicoli formatisi a seguito di distinti successivi pignoramenti aventi ad oggetto il medesimo credito (e, più in generale, i medesimi beni), i singoli pignoramenti conservano comunque ciascuno i propri effetti. Di conseguenza, il provvedimento di estinzione relativo ad uno solo di essi, in particolar modo là dove la riunione dei distinti fascicoli non abbia avuto ancora formalmente luogo, non può ritenersi riferibile anche agli altri, diversamente da quanto infondatamente assume la banca ricorrente.

A seguito della ricezione di un atto di pignoramento di un credito, il terzo resta soggetto agli obblighi di custodia di cui all’art. 546 c.p.c. e gli atti estintivi del suo debito successivi a tale notificazione non hanno effetti nei confronti del creditore procedente, ai sensi dell’art. 2917 c.c.. In caso di successivi distinti pignoramenti, il vincolo gravante sul terzo è ricollegabile a ciascuno di essi, di modo che se uno dei pignoramenti perde effetti, restano fermi quelli degli altri. Perchè vengano meno gli obblighi di custodia del terzo e gli effetti di cui all’art. 2917 c.c. è dunque necessario che perdano effetti tutti i pignoramenti e ciò può avvenire esclusivamente laddove sia pronunciato uno specifico provvedimento di estinzione in relazione a ciascuno di essi.

In ogni caso si osserva, anche per completezza, che l’avvenuta violazione degli obblighi di custodia derivanti dall’art. 546 c.p.c. da parte del terzo in buona fede, in conseguenza dell’erronea supposizione dell’avvenuta estinzione della procedura esecutiva non può comunque pregiudicare in nessun caso i diritti del creditore procedente (specie se incolpevole). In tale situazione, infatti, restano fermi tutti gli effetti del pignoramento, ivi inclusi quelli previsti dall’art. 2917 c.c., che rendono inefficace il pagamento effettuato dal terzo dopo la notifica del pignoramento, salvi gli eventuali diritti risarcitori del terzo stesso nei confronti del soggetto che, inducendolo colposamente in errore, gli abbia provocato l’eventuale danno (costituito dall’obbligo di procedere nuovamente al pagamento del medesimo debito in favore del creditore pignorante, senza eventualmente poter recuperare l’importo corrisposto al debitore).

La decisione impugnata è in definitiva conforme ai seguenti principi di diritto, che devono ritenersi regolare la fattispecie: “la dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva originata da un singolo atto di pignoramento non fa venir meno gli effetti degli eventuali successivi distinti e autonomi pignoramenti aventi ad oggetto i medesimi beni; la violazione in buona fede da parte del terzo degli obblighi di custodia di cui all’art. 546 c.p.c. non fa venir meno gli effetti conservativi del pignoramento e non pregiudica i diritti del creditore procedente, salvo il diritto del terzo ad ottenere il risarcimento del danno dal responsabile del suo errore”.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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