Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30499 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 21/11/2019), n.30499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 6013 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

A.A. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avvocato

Francesco Lagonigro (C.F.: LGN FNC 701317 A6620);

– ricorrente –

nei confronti di:

GENERALI ITALIA S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

rappresentante per procura C.F. rappresentato e difeso

dall’avvocato Domenico Vizzone (C.F.: VZZ DNC 69L27 F839W);

– controricorrente –

nonchè

I.D. (C.F.: (OMISSIS));

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Lecce –

Sezione distaccata di Taranto n. 215/2017, pubblicata in data 19

giugno 2017;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 11 luglio 2019 dal consigliere Tatangelo Augusto.

Fatto

RILEVATO

che:

A.A. ha agito in giudizio nei confronti di I.D. e della sua compagnia assicuratrice della responsabilità civile Assicurazioni Generali S.p.A. (oggi Generali Italia S.p.A.) per ottenere il risarcimento dei danni riportati, in qualità di trasportata su una autovettura condotta dallo lezzi, in occasione di un sinistro stradale determinato da responsabilità di quest’ultimo.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Taranto.

La Corte di Appello di Taranto ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre la A., sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso Generali Italia S.p.A..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato. E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e/o manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

La società controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. E’ infondata l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di nullità della procura conferita dalla ricorrente al suo difensore, in quanto non notificata in separato file.

Ricorso e allegata procura risultano infatti redatti, in originale, in modalità analogica ed entrambi sono muniti di sottoscrizioni autografe (del difensore, per quanto attiene al ricorso; della parte e dello stesso difensore, per autentica, per quanto attiene alla procura); essi, quindi, sono del tutto regolari. Ricorso e procura, in copia, sono stati poi notificati, a mezzo P.E.C., alla società controricorrente.

In altri termini, l’originale del ricorso (analogico) risulta regolarmente sottoscritto dal difensore e la procura (anch’essa analogica) al difensore è altrettanto regolare; di conseguenza, non ha alcun rilievo la circostanza che sia stata notificata all’intimata (anche se a mezzo P.E.C.) una copia di entrambi gli atti, essendo ciò sufficiente ad evidenziare la provenienza del ricorso dal difensore munito di mandato speciale (arg. ex: Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 1981 del 26/01/2018, Rv. 646701 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 13524 del 13/06/2014, Rv. 631377 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 5932 del 11/03/2010, Rv. 612035 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 636 del 15/01/2007, Rv. 594423 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 4619 del 29/03/2002, Rv. 553387 – 01).

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

La ricorrente deduce di avere chiesto una consulenza tecnica medico legale che accertasse le lesioni da lei riportate e la compatibilità delle stesse con la dinamica dell’incidente prospettata nella sua domanda; sostiene che l’ammissione del mezzo istruttorio sarebbe stata negata dai giudici di merito senza alcuna motivazione, con conseguente nullità della decisione di merito.

Il motivo è manifestamente infondato.

Secondo il costante indirizzo di questa Corte “il principio secondo cui il provvedimento che disponga o meno la consulenza tecnica, rientrando nel potere discrezionale del giudice del merito, è incensurabile in sede di legittimità va contemperato con quello secondo il quale il giudice stesso deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata in merito ad una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, in relazione alla quale la consulenza può profilarsi come lo strumento più funzionale ed efficiente di indagine, con la conseguenza che, ove egli abbia ritenuto di non avvalersi di tale strumento, deve fornire adeguata dimostrazione di aver potuto risolvere, sulla base di corretti criteri e di cognizione proprie, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potere, per converso, disattendere l’istanza di ammissione della consulenza medesima “sic et simpliciter”, ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe, invece, verosimilmente accertato” (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 15136 del 23/11/2000, Rv. 542091 – 01; Sez. L, Sentenza n. 2787 del 26/02/2001, Rv. 544201 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 71 del 04/01/2002, Rv. 551392 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 88 del 08/01/2004, Rv. 569316 – 01; Sez. L, Sentenza n. 10784 del 07/06/2004, Rv. 573417 – 01; nel medesimo senso, sostanzialmente: Sez. 1, Sentenza n. 10007 del 16/04/2008, Rv. 603465 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 25569 del 17/12/2010, Rv. 615850 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 17399 del 01/09/2015, Rv. 636775 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 7472 del 23/03/2017, Rv. 644826 – 02, ove si chiarisce che “il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo; ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extra testuale, da cui essi risultino, il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività”; Sez. 2, Sentenza n. 30733 del 21/12/2017, Rv. 646659 – 01).

Nella specie, la decisione impugnata contiene più che adeguata motivazione, non apparente, nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede, in ordine alle ragioni per le quali i giudici di merito non solo hanno ritenuto che l’attrice non avesse dimostrato di trovarsi nella vettura dello lezzi in qualità di trasportata, ma, nella sostanza, hanno accertato in fatto che ella stessa era alla guida al momento dell’incidente (proprio in base a tale accertamento hanno del resto escluso la risarcibilità dei danni riportati). Di conseguenza, la mancata ammissione della consulenza tecnica di ufficio richiesta dalla ricorrente non determina alcuna nullità della sentenza.

Tale consulenza, di carattere medico, peraltro, avrebbe potuto avere eventuale rilievo (consistendo in caso contrario in un accertamento meramente esplorativo) solo là dove le lesioni subite da quest’ultima fossero state tali da dimostrare con certezza che ella non si trovava alla guida, ma fosse semplicemente trasportata al momento dell’incidente, il che non risulta in alcun modo allegato e tanto meno dimostrato. La ricorrente non ha in verità neanche dedotto, sul punto, un vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, limitandosi a denunciare una insussistente assenza di motivazione della decisione, conseguente alla mancata ammissione della richiesta consulenza tecnica di ufficio.

3. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. art. 118disp. att. c.p.c., nonchè degli artt. 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Il motivo (che ha ad oggetto la valutazione di attendibilità dei testimoni escussi e delle prove in generale) è in parte manifestamente infondato ed in parte inammissibile.

In primo luogo, la censura di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non risulta prospettata con la necessaria specificità, in conformità ai canoni a tal fine individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, Rv. 640829 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192 – 01, 640193 – 01 e 640194 01).

D’altra parte, secondo il costante indirizzo di questa Corte, “la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attività selettiva si estende all’effettiva idoneità del teste a riferire la verità, in quanto determinante a fornire il convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte-mezzo di prova” (cfr., ex multis: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812 – 01; Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 – 01; Sez. L, Sentenza n. 16499 del 15/07/2009, Rv. 609712 – 01; Sez. L, Sentenza n. 42 del 07/01/2009, Rv. 606413 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12747 del 01/09/2003, Rv. 566437 – 01).

Le censure espresse con il motivo di ricorso in esame si risolvono di fatto nella contestazione della valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese da alcuni testimoni e della valutazione delle prove in generale, operata dalla corte di appello.

La corte ha tra l’altro ravvisato contraddizioni tra le dichiarazioni rese da alcuni dei testi escussi e non completa coincidenza tra quelle rese nell’immediatezza dei fatti e quelle rese successivamente da alcuni di loro; ha considerato altresì la sussistenza di un rapporto di convivenza tra lo lezzi e la A., quanto meno all’epoca dei fatti, e valutato, in generale, la compatibilità tra le prove orali acquisite e le emergenze di fatto accertate dagli agenti di polizia e dai sanitari intervenuti sul luogo dell’incidente.

La complessiva ampia motivazione in base alla quale ha infine espresso il proprio giudizio sull’attendibilità dei testi escussi, ha interpretato le risultanze delle prove acquisite ed ha effettuato la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la decisione, non può di certo ritenersi – a parere di questa Corte – meramente apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico; come tale essa non è censurabile nella presente sede.

4. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c” nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″.

Anche questo motivo (relativo alla valutazione delle emergenze del verbale redatto dagli agenti di polizia giudiziari intervenuti sul luogo dell’incidente) è in parte manifestamente infondato ed in parte inammissibile.

Anche in questo caso, la censura di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non risulta prospettata con la necessaria specificità, in conformità ai canoni a tal fine individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, Rv. 640829 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192 – 01, 640193 – 01 e 640194 – 01).

Anche in questo caso risulta del tutto adeguata (in quanto non apparente, nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede) la motivazione in base alla quale la corte di appello ha ritenuto che l’indicazione contenuta nel verbale redatto dai Carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro, relativa alla individuazione del conducente dell’autovettura in cui viaggiava l’attrice, non costituisse un fatto dagli stessi accertato in quanto avvenuto in loro presenza (come è del resto ovvio, essendo essi giunti sul posto solo dopo l’incidente) e quindi che, con riguardo a tale circostanza, il verbale stesso non potesse costituire piena prova fino a querela di falso.

Va di conseguenza esclusa sia la dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., sia quella dell’art. 2700 c.c..

5. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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