Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30490 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 30/12/2011), n.30490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.V., domiciliato in Roma presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Marra

Alfonso Luigi ((OMISSIS)), giusta procura a margine del

ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– intimato –

avverso il decreto della Corte di Appello di Napoli, 2011 sezione 3^

civile, emesso il 26 novembre 2008, depositato l’11 dicembre 2008,

R.G.V.G. n. 3291/08;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 27 settembre

2011 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per il rigetto del ricorso;

rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la motivazione

semplificata della decisione.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. C.V. propone ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi di impugnazione, avverso il decreto della Corte di appello di Napoli menzionato in epigrafe sostenendo che, nell’accogliere parzialmente la sua domanda di equa riparazione per la irragionevole durata del giudizio, avente ad oggetto il risarcimento del danno psico-fisico derivante dalla mancata fruizione del riposo settimanale, ha illegittimamente limitato al solo periodo di durata irragionevole del processo il suo diritto all’indennizzo, ha omesso di pronunciare sulla richiesta di riconoscimento del bonus di Euro 2.000 previsto ratione materiae per le cause di lavoro, ha liquidato l’equa riparazione violando i parametri minimi fissati dalla giurisprudenza Europea, ha compensato senza motivazione le spese del giudizio.

2. Non svolge difese il Ministero intimato.

Diritto

RITENUTO

Che:

3. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione logico-giuridica e le ripetizioni che li caratterizzano.

4. Per ciò che concerne la determinazione del periodo indennizzabile la giurisprudenza di legittimità (si veda ordinanza Cass. civ. sez. 10, n. 2388 del 1 dicembre 2011) ha ritenuto che è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’equa riparazione, rileva soltanto il danno riferibile al periodo eccedente il termine di ragionevole durata, non essendo ravvisabile alcuna violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in riferimento alla compatibilità con gli impegni internazionali assunti dall’Italia mediante la ratifica della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Infatti, qualora sia sostanzialmente osservato il parametro fissato dalla Corte EDU ai fini della liquidazione dell’indennizzo, la modalità di calcolo imposta dalla norma nazionale non incide sulla complessiva attitudine della legislazione interna ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto in argomento, non comportando una riduzione dell’indennizzo in misura superiore a quella ritenuta ammissibile dal giudice Europeo; diversamente opinando, poichè le norme CEDU integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello subcostituzionale, dovrebbe valutarsi la conformità del criterio di computo desunto dalle norme convenzionali, che attribuisce rilievo all’intera durata del processo, rispetto al novellato art. 111 Cost., comma 2, in base al quale il processo ha un tempo di svolgimento o di durata ragionevole, potendo profilarsi, quindi, un contrasto dell’interpretazione delle norme CEDU con altri diritti costituzionalmente tutelati. Nè a conclusioni diverse perviene la stessa giurisprudenza della predetta Corte internazionale che – nei precedenti Martinetti e Cavazzuti c. Italia del 20 aprile 2010, Delle Cave e Corrado c. Italia del 5 giugno 2007 e Simaldone c. Italia del 31 marzo 2009 – ha osservato che il solo indennizzo, come previsto dalla Legge italiana n. 89 del 2001, del pregiudizio connesso alla durata eccedente il ritardo non ragionevole, si correla ad un margine di apprezzamento di cui dispone ciascuno Stato aderente alla CEDU, che può istituire una tutela per via giudiziaria coerente con il proprio ordinamento giuridico e le sue tradizioni, in conformità al livello di vita del Paese, conseguendone che il citato metodo di calcolo previsto dalla legge italiana, pur non corrispondendo in modo esatto ai parametri enunciati dalla Corte EDU, non è in sè decisivo, purchè i giudici italiani concedano un indennizzo per somme che non siano irragionevoli rispetto a quelle disposte dalla CEDU per casi simili.

5. Per ciò che concerne l’attribuzione di una somma ulteriore (cosiddetto “bonus”) diretta a indennizzare il maggior pregiudizio determinato da particolari circostanze la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sezione 1, n. 2388 del 1 febbraio 2011) ritiene che essa postula la ricorrenza in concreto di tal maggior pregiudizio e la sua prova, a differenza di quanto avviene per la incidenza della durata della ingiustificata protrazione del processo che costituisce di per sè un elemento obiettivo che comporta un pregiudizio sempre presente ed uguale. Pertanto, nel caso di processo presupposto consistente in controversia di lavoro o previdenziale, per la quale il giudice di merito abbia negato il riconoscimento di tale “bonus”, la critica della relativa pronuncia non può fondarsi sulla mancata motivazione di detta decisione negativa, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, circa la ricorrenza di un pregiudizio maggiore, non potendo questo essere riconosciuto in via automatica ratione materiae.

6. Per ciò che concerne l’applicazione degli standards Europei nella liquidazione i motivi di ricorso sono infondati perchè la Corte di appello ha fatto applicazione di quei parametri nella liquidazione dell’equa riparazione;

7. Per quanto riguarda infine la compensazione, peraltro solo parziale, delle spese del giudizio di merito la Corte di appello ha motivato la ragione che ha giustificato tale provvedimento e cioè i limiti in cui è stata ristretta la liquidazione rispetto alla richiesta del ricorrente e la complessa elaborazione giurisprudenziale che caratterizza la materia;

8. Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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