Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30483 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. II, 21/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 21/11/2019), n.30483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27084/2017 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S.

TOMMASO D’AQUINO 108, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

OREFICE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIAMPAOLO PECCI;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI RIMINI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 930/2017 del TRIBUNALE di RIMINI, depositata

il 19/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/09/2019 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.G. ebbe a proporre ricorso al Giudice di Pace di Rimini chiedendo l’annullamento di due distinte ordinanze-ingiunzione emesse dalla Prefettura di Rimini per infrazione alla disciplina relativa alle zone a traffico limitato – ingresso non autorizzato -.

Resistette la Prefettura di Rimini ed il Giudice di Pace accolse il ricorso con relazione ad una sola delle infrazioni riducendo la sanzione inflitta.

L’ A. provvide a proporre gravame avanti il Tribunale di Rimini ed anche l’Amministrazione propose impugnazione incidentale.

Ad esito della trattazione della questione il Giudice romagnolo rigettò l’impugnazione principale dell’ A. ed accolse quella incidentale, riconoscendo la fondatezza anche della contestazione ritenuta insussistente dal Giudice di Pace.

Osservava il Giudice d’appello come,effettivamente,il permesso invalidi,abilitante l’ A. all’accesso alla zona a traffico limitato,era scaduto nel periodo in cui furono elevate le contravvenzioni poichè non rinnovato, sicchè non concorreva alcuna buona fede, bensì colpa individuata nella negligenza rispetto all’onere del tempestivo rinnovo del permesso, in capo al ricorrente.

L’ A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

La Prefettura di Rimini è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’impugnazione esposta dall’ A. s’appalesa siccome infondata e va rigettata.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione del disposto ex artt. 112 e 345 c.p.c., nonchè omessa motivazione a sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e perchè il Giudice riminese non ebbe a pronunziare sulla sua eccezione afferente i nova introdotti nel giudizio d’appello dall’Amministrazione con il gravame incidentale e perchè non ritenne che l’Amministrazione,con la condotta tenuta e le richieste fatte al primo Giudice, avesse aderito alla sua domanda.

In buona sostanza la censura appare fondata sull’asserto che l’affermazione della Prefettura fatta avanti il Giudice di pace di “rimettersi a giustizia” lumeggiava adesione all’opposizione anche perchè, per dovere di lealtà, le parti hanno l’obbligo d’evitare di tenere condotte processali ambigue.

Tuttavia al riguardo il Giudice romagnolo ha puntualmente evocato arresti di questo Supremo Collegio circa il valore processuale della posizione assunta in questo giudizio dalla Prefettura avanti il Giudice di Pace e,così,ha ritenuto che l’Amministrazione ben potesse gravare la sentenza resa dal primo Giudice se ritenuta non conforme a diritto,come poi effettivamente stabilito dal Tribunale. Dunque l’Amministrazione non ha introdotto in appello elementi fattuali nuovi, bensì ha contestato la fondatezza giuridica della tesi esposta dal Giudice di Pace che le due violazioni,avvenute in momenti diversi,fossero espressione dell’unica condotta colpevole ossia il mancato rinnovo dell’autorizzazione all’accesso alla zona a traffico limitato.

L’argomento critico svolto in ricorso – corroborato con l’evocazione di arresti di legittimità – in buona sostanza si compendia nella proposizione di tesi alternativa rispetto a quella esposta dal Giudice romagnolo, fondata su una diversa valutazione degli elementi in atti afferenti la qualificazione della condotta processuale tenuta dall’Amministrazione.

Con la seconda ragione di doglianza l’ A. rileva nullità della sentenza per violazione della norma ex art. 2697 c.c. e travisamento dei fatti, in quanto il Giudice riminese non ha ritenuto di accogliere la sua tesi circa la nullità dell’ordinanze ingiunzione, emesse a suo carico, per difetto della delega da parte del Prefetto al funzionario firmatario le stesse.

In buona sostanza l’ A., sotto il profilo della violazione di legge ovvero del vizio di nullità – per altro non ancorato ad alcuna norma che lo preveda – svolge una contestazione circa il merito della valutazione del materiale probatorio a tal fine indotto in causa siccome operata da parte del Tribunale. Dunque la censura – sotto tale profilo – appare inammissibile poichè richiede a questa Corte di legittimità una valutazione di merito inibita dalla sua funzione. Quanto al travisamento dei fatti su un punto decisivo fondato sul richiamo alla norma ex art. 360 c.p.c., n. 5, non solo la disposizione legislativa evocata non consente la deduzione di vizio siffatto – travisamento – bensì il solo omesso esame di un fatto,ma in concreto l’argomento critico svolto si sostanzia nella contrapposizione della propria valutazione, circa la valenza processuale della condotta tenuta dall’Amministrazione, a quella illustrata dal Giudice romagnolo. Con la terza censura il ricorrente deduce violazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, poichè il Tribunale ha ritenuto non sussistente l’errore scusabile da lui dedotto in causa.

Anche in relazione a detta doglianza il ricorrente propone mera valutazione alternativa del tessuto probatorio – specie documentale – in atti rispetto alla motivazione espressa al riguardo al Giudice del gravame.

Difatti l’essersi attivato non appena resosi conto che il permesso di accesso era scaduto,ed un tanto dopo gli accessi di causa, è questione che il Tribunale ha esaminato e ritenuto non rilevante ai fini dell’esimente, sottolineando come configurava negligenza il non essersi attivato prima della scadenza del permesso per il suo rinnovo e tale ricostruzione non appare scalfita dalla diversa tesi illustrata con il ricorso.

Al rigetto dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del A. al pagamento delle spese di lite di questo procedimento di legittimità, poichè la Prefettura non risulta costituita.

Concorrono le condizioni di legge perchè l’ A. sia tenuto a pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla per le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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