Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30482 del 19/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30482 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 22379-2016 proposto da:
LAZZARO MARIA GRAZIA, LAZZARO ANGELA MARIA
IMMACOLATA, domiciliate in ROMA presso la Cancelleria della
Corte di Cassazione, rappresentate e difese dall’avvocato
CATERINA PALUMBO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti contro

LUCARELLI GIUSEPPE, LUCARELLI LORENZO, domiciliati in
ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI, NARDELLI giusta
procura in calce al controricorso;
– con troricorrenti nonchè contro

AURISICCHIO IMMACOLATA, CIOLA

yrro

CLAUDIO;

Data pubblicazione: 19/12/2017

- intimati g,34C
avverso l’ordinanz de la CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI
TARANTO, depositata il 24/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 16/11/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Taranto con la sentenza n. 3820 del 17 dicembre
2014 rigettava l’opposizione proposta da Aurisicchio
Immacolata e Ciola Vito Claudio avverso il decreto ingiuntivo
che aveva disposto il pagamento in favore di Lucarelli Giuseppe
e Lucarelli Lorenzo della somma di C 78.430,00 quale saldo
del prezzo di vendita di attrezzature della società Centro
Benessere S.a.s. di Lucarelli Giuseppe e Lorenzo, in favore
della Aurisicchio e di Lazzaro Maria Grazia, pagamento che era
stato a suo tempo garantito dal rilascio di due effetti cambiari a
firma delle acquirenti e con firma di avallo di Ciola Vito Claudio
e Lazzaro Angela Maria.
Avverso tale sentenza proponevano appello Aurisicchio
Immacolata e Ciola Vito Claudio, sostenendo che avevano
adempiuto la prestazione di pagamento e che a seguito della
cancellazione della società i Lucarelli non potevano pretendere
alcun pagamento.
Nella resistenza dei Lucarelli, si costituivano anche Lazzaro
Angela Maria e Lazzaro Maria Grazia che contestavano la
validità della notifica dell’atto di citazione ed introducevano
anche una domanda di risoluzione della compravendita per
inadempimento dei venditori.
La Corte d’Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto con
ordinanza del 24 febbraio 2016 ha dichiarato inammissibile
l’appello principale, osservando che in primo luogo era

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Lette le memorie depositate dalle ricorrenti;

inammissibile la domanda di risoluzione avanzata dalle
Lazzaro, essendo stata fornita la prova della notifica del
decreto ingiuntivo nei loro confronti, mentre quanto al merito
dell’appello principale, rilevava che l’opposizione a suo tempo
proposta non aveva investito la questione della risoluzione

intervenuto il pagamento del prezzo da parte delle compratrici.
Ancora i danni derivanti da attività concorrenziale svolta da
terzi esulavano dall’oggetto della controversia, e pertanto i
Lucarelli ben potevano azionare i titoli di credito offerti in
garanzia, nonostante l’avvenuta cancellazione della società dal
registro delle imprese.
Ne scaturiva pertanto che l’appello non aveva ragionevole
probabilità di essere accolto.
Lazzaro Maria Grazia e Lazzaro Angela Maria Immacolata
hanno proposto ricorso per la cassazione dell’ordinanza della
Corte d’Appello e conseguentemente della sentenza del
Tribunale sulla base di quattro motivi.
Lucarelli Giuseppe e Lucarelli Lorenzo hanno resistito con
controricorso.
Aurisicchio Immacolata e Ciola Vito Claudio non hanno svolto
difese in questa fase.
Il ricorso è inammissibile per tardività.
Infatti, ai sensi dell’art. 348-ter cod. proc. civ., il termine per il
ricorso per cassazione decorre dalla comunicazione (o
notificazione, se anteriore) dell’ordinanza dichiarativa
dell’inammissibilità dell’appello.
A tal fine rileva la circostanza che in data 11 marzo 2016 è
stata comunicata l’ordinanza impugnata ai difensori delle parti
a cura della cancelleria (e quindi anche all’avv. Caterina
Palumbo difensore delle odierne ricorrenti in grado di appello),

Ric. 2016 n. 22379 sez. M2 – ud. 16-11-2017 -3-

della compravendita, e che non risultava che fosse mai

e che a fronte di tale comunicazione il ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza di inammissibilità è stato proposto soltanto
il 26 settembre 2016, una volta scaduto il termine di sessanta
giorni decorrente dalla comunicazione.
Va poi aggiunto che il termine previsto dall’art. 348-ter cod.

autonoma dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello, nei casi
in cui questa risulti consentita (Cass. n. 3067/2017; Cass. n.
20662/2016), con la conseguenza che il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile.
Infine, e contrariamente a quanto dedotto nella memoria, su
tale conclusione non può incidere la circostanza che con uno
dei motivi di ricorso si sia dedotta la violazione del principio del
contraddittorio per l’omessa comunicazione dell’ordinanza c Dn
la quale era stata differita la data dell’udienza dinanzi al
giudice di appello, posto che, una volta intervenuta la
comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità ex art. 348 ter
c.p.c., dalla stessa decorreva il termine per la proposizione del
ricorso in cassazione, anche al fine di denunciare il preteso
error in procedendo commesso in epoca anteriore alla
celebrazione dell’udienza al cui esito la causa era stata definita
in grado di appello.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
Nulla per le spese per gli intimati che non hanno svolto attività
difensiva.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30
gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le
condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di

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proc. civ. è da ritenersi applicabile anche all’impugnazione

stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13
del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della
sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti, in
solido tra loro, al rimborso delle spese in favore dei
controricorrenti che liquida in complessivi C 5.200,00 di cui C
200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 °A) sui
compensi, ed accessori come per legge;
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002,
inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti del
contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma
dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio del 16 novembre 2017
Il Presidente
• /

PQM

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