Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3048 del 17/02/2016


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Civile Sent. Sez. U Num. 3048 Anno 2016
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

Data pubblicazione: 17/02/2016

SENTENZA

sul ricorso 24923-2014 proposto da:
DE PALMA GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA COSSERIA

2,

presso lo studio del dott. ALFREDO

PLACIDI, rappresentato e difeso dagli avvocati GABRIELE
BAVARO, GIUSEPPE DE ZIO, per delega in calce al
ricorso;
– ricorrente –

1

contro

.-

PROVINCIA DI BARI, in persona del Presidente pro
t

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PREFETTI 17, presso lo studio dell’avvocato CARLO
PANDISCIA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSA
DIPIERRO, per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1431/2014 del CONSIGLIO DI
STATO, depositata il 24/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
uditi gli Avvocati Gabriele BAVARO, Carlo PANDISCIA per
delega dell’avvocato Rosa Dipierro;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

,

IN FATTO E IN DIRITTO
Giuseppe De Palma presentò, per quanto ancora di rilevo nel presente
giudizio di Cassazione, a cinque anni dalla scadenza del termine previsto,
una domanda di ammissione alle agevolazioni di cui all’art. 3 comma 2 lett.
e) della legge n. 185 del 1992.
A seguito della decisione della competente Provincia di esaminare anche le
domande tardive, egli ricevette il nulla-osta all’approvazione del progetto

contributo, peraltro inferiore a quello da lui richiesto, pari ad E. 217.962.
Il provvedimento fu impugnato dal De Palma, mediante la proposizione di
motivi aggiunti, nel corso del procedimento giurisdizionale già proposto
mediante ricorso dinanzi al Tar al fine di ottenere l’annullamento di una nota
della Provincia di Bari assunta nel corso dell’istruttoria relativa alla domanda
di accesso alle dette agevolazioni.
Il ricorso principale venne dichiarato improcedibile dal Tar adito, che
accolse, viceversa, i motivi aggiunti relativi alla lamentata decurtazione della
somma richiesta.
Investito dell’impugnazione dell’ente territoriale, il Consiglio di Stato la
accolse, rigettando i motivi aggiunti ritenuti di converso fondati in primo
grado dal Tribunale amministrativo.
La sentenza del C.d.S. è stata impugnata dal De Palma con ricorso per
cassazione sorretto da un unico motivo di gravame illustrato da memoria.
Resiste la Provincia con controricorso anch’esso illustrato da memoria.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Con il primo ed unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione

degli artt. 360 n. 1, 362 c.p.c., 34 e 134 C.p.A. in relazione ai limiti esterni
della giurisdizione del giudice amministrativo. Violazione dell’art. 111
comma 8 Cost. e del principio generale del giusto processo. Violazione dei
principi generali dell’ordinamento e del diritto sostanziale.
Il motivo è privo di pregio.
Sotto la apparente veste della censura di eccesso di potere giurisdizionale,
difatti, esso si risolve, nella sua più intima sostanza, nella denuncia di un
vizio processuale della sentenza impugnata, asseritamente affetta da
ultrapetizione, così negandosi, peraltro, ipso facto, la predicabilità stessa

tecnico, con conseguente riconoscimento, in suo favore, del diritto ad un

della fattispecie astratta dell’eccesso di potere per sconfinamento
dell’attività giurisdizionale del Consiglio di Stato nel merito amministrativo
riservato alla P.A., e rappresentandosi invece a questa Corte, al di là delle
argomentazioni usate nell’illustrazione del motivo stesso, un mero vizio
procedurale, come tale incensurabile in questa sede al pari di qualsivoglia
error in procedendo in cui sia ipoteticamente incorso il massimo organo di
giustizia amministrativa.
ad abundantiam,

che, nella specie, tale vizio

procedurale di presunta extrapetizione non risulta in alcun modo predicabile,
essendosi il Consiglio di Stato limitato, statuendo sulla rituale impugnazione
proposta dall’odierna contro ricorrente, a rigettare i motivi aggiunti accolti in
primo grado.
Deve ritenersi ormai

ius receptum

presso questa Corte regolatrice il

principio secondo il quale l’eccesso di potere giurisdizionale denunziabile ai
sensi dell’art. 111 comma 3 Cost., sub specie dello sconfinamento delle
decisioni del giudice amministrativo nella sfera del merito dell’azione della
P.A., sia configurabile soltanto quando l’indagine svolta dal C.d.S. non resti
circoscritta entro i rigorosi limiti del controllo di legittimità del
provvedimento impugnato, ma risulti strumentale ad una diretta e concreta
ingerenza valutativa dell’opportunità e della convenziona dell’atto
amministrativo (cd. discrezionalità amministrativa

stricto sensu), ovvero

quando la decisione finale, pur nel formale rispetto della formula
del’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante destinata a
sostituirsi

tout court a quella dell’Amministrazione – nel senso che,

procedendo ad un sindacato di merito, si estrinsechi in una pronunzia di
contenuto sostanziale ed esecutorio assimilabile a quello del provvedimento
caducato.
Esulandosi del tutto, nel caso di specie, da tali, ipotesi di sconfinamento dal
proprio potere giurisdizionale da parte del G.A., il ricorso deve essere
rigettato.
La disciplina delle spese segue il principio della soccombenza.
Liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.

Non senza considerare,

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi euro 5200, di cui
200 per spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, li 1.12.2015

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