Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30470 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/12/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 30/12/2011), n.30470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16145/2010 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LANZETTA Elisabetta, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.V., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ISONZO

PALAZZINA 42/A, presso lo studio dell’avvocato DI GREGORIO LUCA,

rappresentati e difesi dall’avvocato TORNAMBE’ Patrizia giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

U.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 465/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

27/05/09, depositata il 04/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato Lanzetta Elisabetta, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Tornambè Patrizia, difensore dei controricorrenti

che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che ha

concluso come da relazione.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 4.6.2009, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda proposta da A.A.E. ed altri dipendenti dell’Inps, contro questo istituto, diretta all’accertamento dell’illegittimità dell’imposizione da parte del medesimo, di un contributo di solidarietà del 2% sull’ammontare della retribuzione loro corrisposta, in riferimento alla L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, e alla condanna dell’Istituto a rimborsare le somme illegittimamente trattenute.

La Corte di merito si richiamava all’orientamento interpretativo in materia della Corte di cassazione.

2. L’Inps ricorre per cassazione deducendo la violazione della L. n. 144, art. 64, commi 3 e 5. L’ A. e altri litisconsorti resistono con controricorso.

Memorie di entrambe le parti contrapposte.

3. Nella sua memoria l’INPS ha richiamato, a conforto della opzione ermeneutica proposta in ricorso, la norma di interpretazione autentica della L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, contenuta nel D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 19, convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111.

Nella memoria dei controricorrenti si sostiene che il richiamato ius superveniens si riferisce esclusivamente a quei dipendenti che alla data del 30.9.1999 avevano già maturato i requisiti per ottenere la pensione e tuttavia erano rimasti in servizio e, in relazione all’ipotesi di ritenuta più ampia applicabilità della norma intepretativa, si solleva questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 53, 24 e 102 Cost..

4. Il ricorso, di cui nella relazione preliminare ex art. 380-bis c.p.c., era stata ipotizzata la manifesta infondatezza, risulta invece qualificabile come manifestamente fondato tenuta presente la sopravvenuta norma di interpretazione autentica, sulla base delle seguenti condivisibili considerazioni, formulate in occasione di altre recenti decisioni di questa Corte.

5. La legge n. 144 del 17 maggio 1999, all’art. 64, comma 2, ha disposto, a decorrere dal 1 ottobre 1999, la soppressione dei Fondi per la previdenza integrativa dell’assicurazione generale obbligatoria per i dipendenti degli enti di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 ( ossia gli enti pubblici come Inps ed Inail, facenti parte del c.d. parastato), con contestuale cessazione delle corrispondenti aliquote contributive previste per il finanziamento dei fondi medesimi;

6. Il successivo comma 3 ha poi riconosciuto agli iscritti ai Fondi soppressi “il diritto all’importo del trattamento pensionistico calcolato sulla base delle normative regolamentari in vigore presso i predetti fondi che restano a tal fine confermate anche ai fini di quiescenza e delle anzianità’ contributive maturate alla data del 1.10.1999”;

Attraverso questa disposizione, anche coloro che – alla data della soppressione (1 ottobre 1999) – non avevano ancora conseguito i requisiti prescritti dalla normativa del Fondo e quindi non avrebbero avuto alcun diritto nei suoi confronti, finiscono con l’acquisire comunque la prestazione integrativa; in altri termini “tutti” i dipendenti di questi enti “maturano” la pensione integrativa nella misura conseguita al primo ottobre 1999, ancorchè la sua concreta erogazione competa poi solo al momento dell’acquisizione della pensione obbligatoria, secondo la regola, ormai generalizzata, L. 27 dicembre 1997, n. 449, ex art. 59, comma 3, per cui la pensione integrativa si consegue solo in presenza dei requisiti e con la decorrenza previsti per l’assicurazione generale obbligatoria di appartenenza; inoltre – parte finale del comma 3 – gli importi maturati al 1 ottobre 1999, vengono rivalutati annualmente sulla base degli indici Istat, di talchè, al momento del conseguimento della pensione obbligatoria, i dipendenti in servizio avranno diritto alla pensione integrativa nel maturato al 1 ottobre 1999, incrementato della rivalutazione per ciascuno degli anni che li separano dalla pensione.

7. Infine, il comma 5, dell’art. 64 introduce, dalla medesima data del 1 ottobre 1999, un contributo di solidarietà del 2% su dette pensioni integrative, precisando che lo stesso è dovuto “sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria erogate o maturate presso i fondi…”;

8. La questione che si pone è la seguente: se detto contributo di solidarietà del 2% debba gravare solo su coloro che percepiscono la pensione integrativa, oppure anche (attraverso ritenute sulla retribuzione) sui dipendenti in servizio, i quali, pur non ricevendola concretamente, la abbiano già maturata.

9. Il combinato disposto di queste norme aveva indotto alcuni giudici di merito ad accogliere la tesi dell’Inps, ritenendo che la formula legislativa “prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria erogate o maturate presso i fondi…” doveva essere intesa con riferimento non solo ai trattamenti integrativi in atto, ma anche con riferimento alla somma maturata, (sempre a titolo di trattamento pensionistico integrativo) dai dipendenti in servizio sulla base degli accantonamenti effettuati fino al 30.9.1999, dovendo, quindi, il contributo di solidarietà essere versato anche da tali dipendenti (su quel “maturato”) attraverso trattenuta sulle retribuzioni. Si privilegiava, in tal senso, il riferimento fatto dalla legge al “maturato”, e si considerava anche la peculiarità del sistema per cui anche le pensioni “maturate” al 1 ottobre 1999 dai dipendenti i servizio, ma non liquidate, si rivalutavano annualmente in base agli indici Istat, (in deroga al principio generale per cui si rivaluta solo la pensione liquidata), di talchè costoro avrebbero percepito il maturato all’ottobre 1999 incrementato dalla rivalutazione annuale a partire da quella data fino al pensionamento (decorrente anche molti anni dopo) senza pagare alcunchè; con la conseguenza che, mentre per i pensionati del Fondo detta rivalutazione trovava copertura nel contributo di solidarietà, per coloro che erano ancora in servizio, ove ritenuti esenti dal contributo di solidarietà, la rivalutazione non avrebbe trovato alcuna forma di copertura, con conseguente squilibrio finanziario.

10. La giurisprudenza di legittimità era, però, orientata (tra le tante Cass. n. 11732 del 2009; n. 12735 del 2009; 12905 del 2009) a ritenere che il contributo di solidarietà non dovesse gravare sulle retribuzioni dei dipendenti in servizio, dando preminente rilievo al fatto che la legge lo impone sulle “prestazioni integrative”, da intendersi, con tale espressione, le prestazioni riguardo alle quali (ancorchè non erogate, stante la contrapposizione ricavabile dall’utilizzo, nell’art. 64, comma 5, della disgiuntiva “o”) si sia perfezionato il relativo diritto; diritto che sorge -secondo la richiamata giurisprudenza di legittimità, non soltanto per effetto delle “anzianità contributive maturate alla data del 1.10.1999” (riconosciute dal comma 3), ma nella ricorrenza di tutti gli altri presupposti costitutivi -contemplati dalla legge e dalle disposizioni regolamentari – tra cui l’intervenuta cessazione dal servizio.

11. Con il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 19, convertito in L. 15 luglio 2011, n. 111, il legislatore è intervenuto, con norma dichiaratamente di interpretazione autentica, affermando quanto segue “Le disposizioni di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5, si interpretano nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto sia dagli ex-dipendenti già collocati a riposo che dai lavoratori ancora in servigio. In questo ultimo caso il contributo è calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 30 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa”.

12. La regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata e dalla disposizione di interpretazione autentica è molto chiara:

il contributo di solidarietà è dovuto sia dagli ex dipendenti sulle prestazioni integrative in godimento, sia dai lavoratori ancora in servizio e, in questo caso, è calcolato sul “maturato” della pensione integrativa al 30 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione.

13. La verifica della conformità a Costituzione di questa norma – imposta dalla incidenza delle norme della CEDU in riferimento alla garanzia del giusto processo (art. 6), che fa dubitare della possibilità che nel corso del processo mutino “le regole del gioco” (ossia le norme applicabili alla fattispecie concreta) perchè interviene, come ius superveniens con efficacia retroattiva, una diversa regolamentazione della fattispecie astratta – va compiuta alla luce dei principi enunciati dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 257/2011 in tema di legge interpretativa (concernente, in quel caso, la materia pensionistica: si trattava della L. n. 191 del 2009, art. art. 2, comma 153, che interpretava autenticamente la L. n. 457 del 1972, art. 3, in tema di pensioni degli operai agricoli a tempo determinato).

14. Nella indicata sentenza la Corte Costituzionale – dopo avere ribadito, come nelle sue precedenti pronunzie, non essere decisiva la verifica sul carattere effettivamente interpretativo oppure innovativo con efficacia retroattiva, perchè il divieto di retroattività della legge non è stato elevato a dignità costituzionale (salva, per la materia penale, la previsione dell’art. 25 Cost.), per cui il legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare sia disposizioni di interpretazione autentica, che determinano la portata precettiva della norma interpretata, fissandola in un contenuto plausibilmente già espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purchè la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti – ha, confermato, altresì il principio per cui, qualora l’interpretazione ad opera del legislatore – che si sovrapponga a quella dei giudici – sia, non solo dichiaratamente, ma anche effettivamente di interpretazione autentica, deve escludersi che si prospetti un dubbio non manifestamente infondato di costituzionalità, neppure con riferimento al parametro interposto costituito dall’art. 6 CEDU. 15. Orbene, che il D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 19, convertito nella L. n. 111 del 2011 sopra riportato, sia una disposizione non solo dichiaratamente di interpretazione autentica, ma anche effettivamente tale emerge con certezza dal raffronto tra quest’ultima e la disposizione interpretata (appunto, la L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5).

Nella disposizione in parola, in effetti, l’espressione “prestazioni integrative maturate” può legittimamente essere letta, ai fini della imposizione del contributo di solidarietà, anche come alternativa a “prestazioni integrative erogate”, ove si consideri sia la disgiuntiva “o” posta tra di esse, come pure la circostanza che quando il legislatore ha voluto limitare la contribuzione di solidarietà ai soli trattamenti pensionistici già in godimento lo ha precisato in modo chiaro, usando il termine “corrisposti” (equivalente di erogati) e senza alcun richiamo a quelli semplicemente maturati (vedi, ad esempio, la L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 2, lett. u).

Peraltro, anche questa Corte aveva avuto modo di affermare nella sentenza n. 23094 del 2008, sia pure ad altri fini ma sempre a proposito della portata precettiva della L. n. 144 del 1999, art. 64, che, con questa norma, il legislatore aveva inteso riconoscere indistintamente a tutti gli iscritti al Fondo integrativo, compresi, quindi, i dipendenti in servizio, il diritto alla corresponsione del trattamento integrativo nell’importo “maturato” al 1 ottobre 1999, solo posticipando, per i lavoratori in servizio, il momento in cui l’importo così determinato diventava esigibile e, per ciò stesso, materialmente erogabile (coincidendo tale momento con quello della liquidazione del trattamento pensionistico a carico del regime obbligatorio di base). In altri termini, secondo la citata sentenza – contrariamente a quanto si è, poi, affermato nelle decisioni più recenti sopra richiamate – i dipendenti in servizio hanno (anch’essi) diritto alla prestazione integrativa nell’importo maturato alla data del 1 ottobre 1999, ma non possono pretendere l’adempimento, operando al riguardo i termini e le condizioni poste direttamente dal dettato normativo (in particolare, dal comma 3, dell’art. 64 citato).

Infine non può non rilevarsi che la norma oggetto di interpretazione autentica è inserita in una legge di riordino degli enti previdenziali con la precisa finalità di ridurre gli oneri a carico di quelli presso i quali sono istituiti i Fondi, sia attraverso l’abolizione dei Fondi stessi (che attribuiscono agli iscritti una posizione pensionistica privilegiata), sia attraverso l’imposizione di un contributo di solidarietà sulle prestazioni pensionistiche integrative – che, nell’ottica appena indicata, non possono non essere tutte quelle acquisite (siano esse già erogate o solo maturate) – quale meccanismo utile a garantire un sistema tendenzialmente autosufficiente, così da non gravare in alcun modo sulla generalità degli altri assicurati.

16. Per tutto quanto detto era, in definitiva, plausibile una interpretazione letterale e logico sistematica del ripetuto della L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, che conducesse ad includere le prestazioni integrative “maturate” tra quelle gravate del contributo di solidarietà.

17. A questo punto la disposizione dell’art. 18, comma 19, del convertito D.L. n. 98 del 2011 deve qualificarsi come norma di effettiva “interpretazione autentica”, avendo fatto proprio uno dei significati che la disposizione interpretata poteva esprimere ex ante, secondo, appunto, un criterio di plausibilità e comportando, in tal modo, il superamento di una situazione di oggettiva incertezza derivante dal suo ambiguo tenore, così come evidenziata dai diversi indirizzi interpretativi seguiti dalla giurisprudenza di merito e da quella di legittimità (in un sistema, come quello dell’ordinamento italiano, in cui la giurisprudenza di legittimità non vincola le scelte ermeneutiche dei giudici di merito: art. 101 Cost.), senza, con ciò, incidere su situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una consolidata giurisprudenza dei giudici nazionali.

18. Si aggiunga (come opportunamente messo in rilevo dalle Sezioni unite nella recente sentenza n. 17076 del 2011) che la funzione legislativa per il tramite di disposizioni di interpretazione autentica appartiene alla garanzia costituzionale dell’art. 70 Cost.

che assegna alle Camere il suo esercizio e che, essendo norma di rango costituzionale, prevale, nel bilanciamento di valori, su quelli espressi da parametri interposti, i quali, in quanto contenuti in atti di normazione ordinaria (quale la legge di ratifica della CEDU:

vedi, da ultimo, Corte cost. sent. n. 236 del 2011), sono sott’ordinati nel sistema delle fonti del diritto.

19. Le precedenti considerazioni sono assorbenti rispetto alle ragioni dedotte dai controricorrenti a sostegno della formulata eccezione di illegittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica. Deve aggiungersi, con particolare riferimento al contenuto sostanziale della norma così come interpretata, che appare manifestamente infondata la tesi di una violazione degli artt. 3 e 53 Cost., per la sottoposizione delle retribuzioni sia all’imposta sui redditi che allo speciale contributo, sussistendo per le ragioni già esposte ragioni specifiche che differenziano la posizione del lavoratori soggetti al contributo di solidarietà in questione, proprio dal punto di vista previdenziale, rispetto alla generalità dei cittadini e degli altri lavoratori.

20. In conclusione, il ricorso dell’INPS va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa direttamente da questa Corte nel merito con il rigetto della domanda proposta dagli odierni intimati contro l’Istituto previdenziale per la restituzione delle somme trattenute sulle loro retribuzioni a titolo di contributo di solidarietà della L. n. 144 del 1999, ex art. 64.

20. Si compensano tra le parti le spese dell’intero processo in considerazione della problematicità delle questioni dibattute nel contesto dello ius superveniens costituito dalla citata disposizione di interpretazione autentica.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte nei confronti dell’INPS. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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