Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3047 del 11/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3047 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 18320-2012 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE (96047640584) in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
VINCENTI ALBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
LE LIEGI 35-B, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BANDINI,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLO STANCA giusta
mandato a margine del controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 419/2012 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE del 29/03/2012, depositata il 12/04/2012;

o (459-

Data pubblicazione: 11/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. GIANFRANCO SERVELLO.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:

Vincenti chiedeva, nei confronti del Ministero della Salute,
riconoscimento del proprio diritto alla rivalutazione della componente
dell’indennizzo di cui alla legge n. 210/1992 denominata indennità
integrativa speciale. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava il
Ministero della Salute a corrispondere al Vincenti i relativi arretrati.
Avverso tale pronuncia il Ministero proponeva appello. La Corte di
appello di Firenze rigettava il gravame ponendo a base del decisum la
pronuncia della Corte Costituzionale n. 293/2011 dichiarativa della
incostituzionalità dell’art. 11, comma 13, del D.L. n. 78 del 31 maggio
2010, norma di interpretazione autentica dell’art. 2, comma 2, della
legge n. 210/1992.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Ministero
della Salute lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 2,
comma 2, della legge n. 210/1992 e successive modificazioni (in
relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), nella parte in cui tale
disposizione va interpretata nel senso che la rivalutazione monetaria
dell’indennizzo non va riconosciuta con riguardo alla voce “indennità
integrativa speciale”, nonché difetto di motivazione (in relazione all’art.
360, n. 5, cod. proc. civ.). Deduce che l’art. 2, comma 2, della legge n.
210/1992 va interpretato nel senso che la rivalutazione monetaria
dell’indennizzo non va riconosciuta con riguardo alla voce “indennità
integrativa speciale” e che dalla intervenuta pronuncia della Corte
Costituzionale che ha ritenuto la norma di interpretazione autentica
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“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Firenze, Alberto

dell’art. 2, comma 2, della legge n. 210/1992 incostituzionale per
contrarietà all’art. 3 della Cost. non può automaticamente inferirsi la
fondatezza nel merito del ricorso avversario. Richiama, al riguardo,
l’orientamento di questa Corte di cui alla sentenza n. 22112/2009.
Evidenzia che, in ogni caso, la retroazione degli effetti della sentenza

temporale di vigenza della norma di legge interpretata da quella
dichiarata incostituzionale ma soltanto a quella parte di durata del
rapporto che decorre dall’entrata in vigore della norma (l’art. 2, comma
363, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 in materia di
riconoscimento dell’indennizzo ai soggetti affetti da sindrome di
talidomite) assunta quale

tertium comparationis nel giudizio di

ragionevolezza operato dalla Corte Costituzionale nella decisione n.
293/2011.
Resiste con controricorso Alberto Vincenti.
Il ricorso si palesa come manifestamente infondato
conformemente alla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Cass.
29080 del 25 novembre 2011, id. n. 29914 del 29 dicembre 2011, n.
4467 del 21 marzo 2012, n. 4705 del 23 marzo 2012; 10769 del 27
giugno 2012; n.12590 del 19 luglio 2012).
Invero era stato affermato (Cass. n. 21703 del 13 ottobre 2009,
disattendendo il precedente orientamento di cui a Cass. n. 15894 del 28
luglio 2005) che “In materia di danni da vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni od emoderivati, la rivalutazione annuale non si applica
all’indennità integrativa speciale, prevista dalla legge 25 luglio 1992, n.
210, art. 2, comma 2, sia perché il legislatore ne ha espressamente
stabilito il riconoscimento solo per l’indennizzo, autonomamente
disciplinato dall’art. 2 cit., comma 1 (così come modificato dalla legge
25 luglio 1997, n. 238), sia perché l’indennità integrativa speciale ha
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della Corte Costituzionale devono estendersi non già all’intero arco

proprio la funzione di attenuare od impedire gli effetti della
svalutazione monetaria, per cui è ragionevole che ne sia esclusa
normativamente la rivalutabilità”.
L’infondatezza della pretesa era stata poi confermata dalla
successiva sentenza n. 22112 del 19 ottobre 2009, che si era data carico

Inoltre con il D.L. n. 78 del 2010, art. 11, comma 13 convertito
nella legge n. 122 del 2010, si è disposto che “la legge 25 febbraio
1992, n. 210, art. 2, comma 2 e successive modifiche, si interpreta nel
senso che la somma corrispondente all’importo della indennità
integrativa speciale non è rivalutato secondo il tasso di inflazione”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 293 del 2011, ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 31 maggio 2010, n. 78,
art. 11, commi 13 e 14, ritenendo tale disciplina non conforme al
canone di ragionevolezza.
Il giudice delle leggi, con detta sentenza, ha affermato: <>.
A seguito, dunque, della sentenza n. 293/2011 della Corte
Costituzionale è da escludere che possa essere negata la rivalutabilità
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secondo il tasso annuale di inflazione programmata di cui all’art. 2 primo
comma della legge n. 210/1992 – della componente dell’indennizzo
costituita dall’indennità integrativa speciale di cui al secondo comma
dell’art. 2 citato, essendo – questa – l’interpretazione “costituzionalmente
orientata” della disciplina dell’istituto, inteso della sua globalità, così

Né si può sostenere, come pure assume il Ministero, che essendo
stato individuato, dalla citata pronunzia della Corte Costituzionale, come
tertium comparationis la legge in materia di talidomite n. 244 del 2007, la
decorrenza dell’adeguamento rivalutativo dovrebbe fissarsi dalla data di
entrata in vigore di quest’ultima legge. Non è infatti questo il dictum della
Corte Costituzionale che non ha posto limiti temporali alla pronunzia di
incostituzionalità (e la relativa statuizione non poteva che competere
esclusivamente al Giudice delle leggi): al contrario, la Corte ha dichiarato
incostituzionale anche il comma 14 della legge 122/2010, il quale
disponeva la cessazione degli effetti di tutti i provvedimenti emanati al
fine di rivalutare l’indennità integrativa speciale (cfr. in tal senso Cass. n.
10769 del 27 giugno 2012).
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del
ricorso, con ordinanza ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.”.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
con riferimento al primo motivo di ricorso (cui, peraltro, il Ministero
ricorrente, giusta memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc.
civ. ha rinunciato), siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla
consolidata giurisprudenza di legittimità in materia.
3 – E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo di
ricorso il Ministero ricorrente l’avvenuta violazione e falsa applicazione
dell’art. 2948 n. 4 cod. civ. evidenziando che, con riguardo alla
rivalutazione riferita a singoli ratei maturati a cadenza periodica e
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come affermato da Cass. n. 15894 del 28/07/2005.

regolarmente corrisposti, va applicata la precisione quinquennale e che
le date di pagamento costituiscono il dies a quo per il calcolo di tale
prescrizione.
Si osserva come questa Corte ha già avuto modo di affermare alle
componenti essenziali di ratei di prestazioni previdenziali o assistenziali

prescrizione quinquennale, che presuppone la liquidità del credito, da
intendere, non secondo la nozione comune desumibile dall’art. 1282
cod. civ., ma quale effetto del completamento del procedimento
amministrativo di liquidatone della spesa (procedimento di contabilità,
diverso da quello di liquidatone della spesa) con messa a disposizione
dell’avente diritto delle relative somme, come fatto palese dal disposto
dell’art. 129 del regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827, secondo
cui si prescrivono in cinque anni a favore dell’istituto le rate di
pensione “non riscosse”; ne consegue che il diritto di credito relativo a
qualsiasi somma (ivi compresa quella per rivalutatone ed interessi,
costituente parte integrante del credito base) che non sia stata posta in
riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito
non liquido ai sensi e per gli effetti del citato art. 129, e che il credito
per rivalutazio monetaria ed interessi legali, dovuti sui ratei delle
prestazioni assistenziali spettanti agli invalidi civili e loro corrisposti in
ritardo, si prescrive in dieci anni a decorrere, per le somme calcolate
sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla
presentatone della domanda amministrativa di prestatone e, per le
somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di
ciascuno di essi, senza che possa attribuirsi al mero pagamento dei ratei
arretrati l’effetto interruttivo di cui all’art. 2944 cod. civ., salvo che il
“solvens” non abbia considerato parziale il pagamento stesso, con
riserva di provvedere successivamente al versamento di somme
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non liquidate si applica la prescrizione ordinaria decennale e non la

ulteriori; e senza che possa il pagamento della sola somma capitale
ritenersi sufficiente a costituire liquidatone della prestazione, tale da
determinare l’applicabilità della prescrizione quinquennali. – cfr. in tal
senso Cass. Sez un. 25 luglio 2002, n. 10955 -.
E’ stato ulteriormente evidenziato (cfr. Cass. 14 febbraio 2004, n.

a percepire gli interessi sui ratei arretrati delle prestazioni maturati
(prima della liquidazione) posteriormente all’entrata in vigore dell’art.
16, comma sesto, della legge n. 412 del 1991 (che ha introdotto il
divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria) è soggetto alla
prescrizione decennale, non potendo trovare applicazione la
prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 4 cod. civ., che si riferisce alle
obbligazioni periodiche e di durata, e trattandosi di un credito che, a
seguito della modifica apportata dalla predetta legge n. 412 del 1991,
rientra nella disciplina dell’art. 1224 cod. civ., prevista per la
responsabilità contrattuale connessa alla “mora debenek” ed avente
perciò anche una funzione risarcitoria – cfr. anche Cass. 18 ottobre
2004, n. 20428 -.
Orbene, nel caso di specie non risulta che le somme pretese dal
Vincenti a titolo di rivalutazione sulla componente dell’indennizzo ai
sensi della legge n. 210/1992 costituita dalla indennità integrativa
speciale siano state poste in riscossione ovvero messe a disposizione
dell’avente diritto ed è pacifico in atti che l’odierno controricorrente
abbia interrotto la prescrizione con comunicazione pervenuta al
destinatario il 27/3/2006. Ne consegue che corretta è la decisione di
merito che ha riconosciuto il diritto del Vincenti alla rivalutazione
dell’indennità integrativa speciale con riferimento ai ratei maturati nel
decennio precedente alla suddetta data del 27/3/2006 (e precisamente

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2868) che nella materia dei crediti previdenziali e assistenziali, il diritto

dal 27 marzo 1996 al 28 ottobre 2009), in quanto non coperti dal
termine di prescrizione.
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod.
proc. civ. per la definizione camerale del processo, soluzione non
contrastata dalle parti e dal Procuratore generale.

4 – Il sopravvenire della sentenza di incostituzionalità costituisce
giusto motivo per compensare tra le parti le spese del presente giudizio
di legittimità.

P. Q. M.
LA CORTE rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del
presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 novembre 2013.

3 – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.

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