Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30465 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. II, 23/11/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 23/11/2018), n.30465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5161/2016 proposto da:

P.G.A., domiciliato presso la cancelleria della Corte

di Cassazione e rappresentato e difeso dagli avvocati BENEDETTO ARRU

e UMBERTO CONGIATU;

– ricorrente –

contro

A.M., P.A. e P.M.D.,

domiciliate presso la cancelleria della Corte di Cassazione e

rappresentate e difese dall’avvocato CRISTINA SARDU;

– controricorrenti –

e contro

NURAGICA TOUR SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 28/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 16/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 703 c.p.c. e art. 1168 c.c., P.M. conveniva in giudizio P.G.A. innanzi il Tribunale di Tempio Pausania per ottenere la reintegrazione nel compossesso di un immobile sito in (OMISSIS), nonchè per sentir condannare il convenuto al risarcimento del danno.

A sostegno della domanda il ricorrente esponeva che l’immobile oggetto di causa, che era pervenuto a lui e ai suoi fratelli S., A., Ma. e L. per successione dai genitori, era stato utilizzato durante l’estate secondo una turnazione concordata dai comproprietari; che nell’aprile 2003 P.G.A., figlio e coerede di P.L., gli aveva comunicato di aver acquistato dagli altri comproprietari una quota ideale pari ai 2/3 del totale della proprietà dell’immobile e di averlo locato a Nuragica Tour Srl; di aver potuto fruire dell’immobile fino ad (OMISSIS), allorquando recatosi sul posto aveva constatato la chiusura del cancello di accesso alla casa con un lucchetto, le cui chiavi il convenuto si era rifiutato di consegnargli.

Si costituiva P.G.A. contestando lo spoglio ed affermando di aver legittimamente locato il bene, nella sua veste di comproprietario maggioritario, anche per pagare le spese afferenti alla manutenzione dell’immobile.

Il Tribunale, sul presupposto dell’esistenza di una situazione di compossesso meritevole di tutela, accoglieva la domanda nei confronti del P.G.A., ritenendo invece la società conduttrice estranea allo spoglio, e condannava il predetto alla reintegrazione del ricorrente P.M. nel compossesso dell’immobile di cui è causa ed al risarcimento del danno, quantificato in Euro 2.000 mensili da giugno 2006 sino alla reintegra.

Interponeva appello P.G.A. e la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con la sentenza impugnata n. 28/2015 riformava parzialmente la decisione di prime cure riducendo il risarcimento all’importo totale di Euro 3.504,00. Osservava la Corte di seconda istanza che la sostituzione della serratura di ingresso all’immobile integrava lo spoglio; che la circostanza che l’appellante fosse titolare della quota maggioritaria della proprietà del bene contestato non rendeva lecita la locazione dell’immobile a terzi, posta la situazione di compossesso in capo all’appellato e la mancanza del consenso di quest’ultimo all’atto di disposizione della cosa in comune. La Corte territoriale riduceva tuttavia il risarcimento, posto che il Tribunale l’aveva determinato in base al valore locativo dell’immobile, mentre il ricorrente aveva invocato soltanto il ristoro delle spese occorrenti per trascorrere le vacanze estive in altro luogo, e deduceva da tale importo la quota di 1/3 delle spese di manutenzione del bene anticipate e documentate dall’appellante, in ragione del corrispondente diritto di comproprietà vantato dall’appellato.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione P.G.A. affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso A.M., P.M.D. e P.A., eredi di P.M.. Il ricorrente ha depositato memoria, dopo la scadenza del relativo termine.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c., perchè la Corte di Appello non avrebbe considerato che la sostituzione delle chiavi di accesso all’immobile in comunione tra le parti era stata eseguita dalla società conduttrice e che tale atto rappresentava, per il conduttore, l’esercizio di un diritto. Inoltre, secondo il ricorrente la predetta sostituzione non inciderebbe sul possesso del titolare del bene locato, che proseguirebbe in forma mediata. Infine, nel caso di specie la locazione sarebbe stata palesata in anticipo dal ricorrente, onde non vi sarebbe nè la clandestinità nè la violenza del preteso evento di spoglio.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1105 c.c., perchè la Corte territoriale avrebbe omesso di tener conto che la decisione di locare il bene a terzi era stata assunta legittimamente dalla maggioranza dei partecipanti alla comunione. In proposito, il ricorrente deduce che la volontà della maggioranza non deve necessariamente essere espressa in forma assembleare.

Le doglianze possono essere esaminate congiuntamente e sono infondate. Esse infatti innanzitutto non attingono la ratio posta a fondamento della decisione impugnata, rappresentata dalla circostanza che la modificazione dello stato di fatto è stata posta in essere senza il consenso del comproprietario di minoranza compossessore del bene.

E’ infatti pacifico, e non contestato dal ricorrente, che il P.M. vantasse un diritto di compossesso, che veniva in concreto esercitato in forma turnaria con gli altri partecipanti alla comunione, mediante utilizzazione dell’immobile per trascorrervi le vacanze estive.

Da ciò discende che la locazione del bene a terzi, che in base al combinato disposto dell’art. 1105 c.c. e art. 1108 c.c., comma 3, costituisce in astratto, ove non abbia durata ultranovennale, atto lecito, rientrante nell’ambito della gestione ordinaria della cosa che può essere compiuto anche da uno solo dei comproprietari, comporta tuttavia in concreto la violazione del diritto di compossesso rivendicato dal P.M.. La concessione in godimento del cespite a terzi, infatti, preclude al predetto (oggi, ai suoi eredi) la possibilità di continuare ad esercitare il compossesso nella stessa forma turnaria in cui esso era stato esercitato in precedenza, e quindi costituisce atto idoneo ad integrare, in concreto, il lamentato spoglio. E’ decisiva, al riguardo, l’inconciliabilità – in linea di principio – del diritto di godimento del bene concesso a terzi con l’utilizzazione dello stesso da parte degli odierni resistenti. Nè, sul punto, il ricorrente ha allegato l’esistenza di un profilo di conciliabilità tra i due diversi godimenti della cosa, come ad esempio nell’ipotesi di locazione a carattere temporaneo.

Il richiamo all’art. 1105 c.c., inoltre, non è pertinente, posto che nel caso di specie non si discute di un contrasto tra i comproprietari sulla gestione della cosa in comune, ma piuttosto di un atto di gestione posto in essere da uno solo dei comunisti, che per il suo concreto atteggiarsi costituisce un vulnus al diritto di compossesso del bene esercitato dall’altro.

In definitiva, il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 1.500 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%, Iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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