Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30460 del 19/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30460 Anno 2017
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FEDELE ILEANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Roma, Via dei
Portoghesi, 12, è domiciliato
– ricorrente contro
Tranquilli Caterina
– intimata avverso
la sentenza n. 283/2013 del Tribunale di Sulmona, depositata il 17
dicembre 2013, e l’ordinanza ex artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ.
delia Corte d’Appello di L’Aquila, depositata il 16 ottobre 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 9 novembre 2017 dal Consigliere Ileana Fedele.

T- 4.

Data pubblicazione: 19/12/2017

Rilevato che:
la Corte di appello di L’Aquila ha dichiarato inammissibile ai sensi
dell’art. 348-bis cod. proc. civ. l’appello proposto dal Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca avverso la sentenza del
primo giudice che aveva riconosciuto a Caterina Tranquilli – assunta

stipendiale spettante ai dipendenti di ruolo in base all’anzianità di
servizio complessivamente maturata, con conseguente condanna
dell’amministrazione alla corresponsione delle relative differenze
retributive;
contro la decisione di primo grado il Ministero propone ricorso ex art.
348-ter cod. proc. civ. affidato a quattro motivi;
l’intimata, nei cui confronti la notifica del ricorso è stata ritualmente
eseguita presso il procuratore costituito, avv. Francesca Ramicone
(Cass. 16/06/2016, n. 12498), nel domicilio eletto che risulta dalla
memoria di costituzione in appello, non ha svolto attività difensiva;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di
fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
Ritenuto che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
la sentenza impugnata si fonda sul principio di non discriminazione
sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo
determinato, allegato alla Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e
recepito nel nostro ordinamento con il d.lgs 6 settembre 2001, n. 368
(in particolare: art. 6);
con il primo motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa
applicazione della direttiva 99/70/CE e dell’accordo quadro sul lavoro
a tempo determinato ivi allegato, dell’art. 526 del d.lgs. 16 aprile
1994, n. 297, degli artt. 6 e 10 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368,
dell’art. 9, comma 18, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. con

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con una successione di contratti a termine – il diritto alla progressione

modif. dall’art. 1, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 106,
dell’art. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124, dell’art. 36 Cost., degli
artt. 36 e 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, dell’art. 489 del d.lgs.
n. 297 del 1994, degli artt. 79 e 106 del c.c.n.l. comparto scuola del
29 novembre 2007 nonché degli artt. 24 e 25 c.c.n.l. 2002/2005 che

relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., sul rilievo che i
rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono
assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicché agli stessi
non si applica la disciplina generale dettata dal d.lgs. n. 368 del 2001
e sussistono dunque “ragioni oggettive” idonee a giustificare il diverso
trattamento economico, considerato che il ricorso ai contratti a
termine per il reclutamento del personale scolastico risponde ad
esigenze obiettive di gestione del rapporto di lavoro;
il motivo non è fondato;
come già affermato da questa Corte (Cass. 07/11/2016, n. 22558,
Cass. 23/11/2016, n. 23868; Cass. 29/12/2016, n. 27387; Cass.
05/01/2017, n. 165, alle cui motivazioni ci si riporta integralmente ai
sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in quanto del tutto
condivise), «La clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo
determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione,
impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale
del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della
attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i
dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo.
Vanno, conseguentemente, disapplicate le disposizioni dei richiamati
CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in
ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al
trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo
indeterminato»;

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richiamano i c.c.n.l. precedenti e dell’art. 26 del c.c.n.l. 2006/2009, in

pertanto, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto
affermato da questa Corte, né il motivo di ricorso prospetta
argomenti che possano indurre a disattendere l’orientamento ormai
consolidato sul punto;
con il secondo motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa

dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla
direttiva del Consiglio 1999/70/CE nonché degli artt. 142 c.c.n.l.
comparto scuola 2002-2006 e 146 c.c.n.l. comparto scuola 20062009 del 29 novembre 2007, dell’art. 3 del d.P.R. 23 agosto 1988 n.
399, dell’art. 9, comma 18, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. con
modif. dall’art. 1, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 106, degli
artt. 4 e 11 della legge 3 maggio 1999, n. 124, dell’art. 6 del d.lgs. 6
settembre 2001, n. 368, dell’art. 36 del d.lgs. 30 marzo 2001, n.
165, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., sul rilievo
che il trattamento previsto dal citato art. 53 è riservato ai soli docenti
di religione e non può essere esteso ai supplenti annuali;
il motivo è inammissibile perché inconferente rispetto al decisum,
atteso che dalla sentenza impugnata emerge che il giudice, in
relazione alla domanda proposta dalla lavoratrice, ha riconosciuto il
diritto alla progressione stipendiale in virtù dell’anzianità di servizio
complessivamente maturata come per il personale assunto con
contratto a tempo indeterminato, mentre il riferimento pure
contenuto nella medesima decisione all’art. 53 legge n. 312 del 1980
è inteso ad avvalorare la ravvisata discriminazione nei confronti dei
supplenti, ma non già a riconoscere il trattamento economico ivi
previsto per gli insegnanti di religione;
con il terzo motivo il Ministero denuncia la violazione dell’art. 112
cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.,
per avere il Tribunale omesso di pronunciare sulla eccezione di
prescrizione, tempestivamente sollevata dall’amministrazione con la

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applicazione dell’art. 53 della legge 11 luglio 1980, n. 312, dell’art. 4

propria memoria difensiva depositata in data 16 giugno 2012, in
relazione all’art. 2948 cod. civ., eccezione espressamente ribadita in
sede di appello (ottavo motivo, nel quale si lamentava anche
l’omessa pronuncia) senza che il motivo fosse esaminato
nell’ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis cod. proc. civ.;

applicazione dell’art. 2948 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma
1, n. 3 cod. proc. civ., per avere il Tribunale accolto la domanda della
lavoratrice per tutto il periodo, ovvero a decorrere dal 2001, senza
considerare che, rispetto il triennio necessario al docente per poter
ritenere maturato il diritto al successivo scatto di anzianità ai sensi
del c.c.n.l. 2008-2009 di riferimento, il ricorso in primo grado
risultava depositato in data 12 marzo 2012;
il terzo motivo di ricorso – valutato congiuntamente al quarto motivo corrisponde ai principi elaborati sul punto in tema di autosufficienza
(Cass. 07/10/2014, n. 21083), essendo stati indicati gli atti nei quali
in primo grado ed in appello l’eccezione era stata sollevata e ribadita,
nonché la rilevanza della questione, avuto riguardo al periodo di
riferimento ed all’epoca di deposito del ricorso in primo grado, ed è
fondato, atteso che l’eccezione di prescrizione non è stata decisa dal
Tribunale né lo specifico motivo di appello proposto sul punto risulta
esaminato dalla Corte di appello;
essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va accolto
con esclusivo riferimento al terzo motivo, in esso assorbito il quarto
motivo, con rinvio alla Corte di appello di Roma, che deciderà anche
in ordine alle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo
motivo; in accoglimento del terzo motivo di ricorso, in esso assorbito
il quarto, cassa sul punto la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di

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con il quarto motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa

appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del giudizio di

legittimità.

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