Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30456 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. II, 23/11/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 23/11/2018), n.30456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4887-2014 proposto da:

M.G., M.A., M.C.,

A.G., MA.AM., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

SALARIA 400, presso lo studio dell’avvocato UGO COLONNA,

rappresentati e difesi dagli avvocati CLAUDIO ARMELLINI, EDUARDO

OMERO;

– ricorrenti –

contro

F.A., F.V., F.L., F.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RIMINI 14 sc. B, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI CARUSO, che li rappresentya e difende;

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CAMILLUCCIA, 19, presso lo studio dell’avvocato GEA CARLONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MELAZZO;

– c/ricorrente al ricorso principale ed all’incidentale –

e contro

G.F., e T.G., C.A.,

C.S., CA.FL. quale erede di R.A. e

TR.MA., in proprio e quale erede di TR.PI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 880/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 19/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza depositata il 19/12/2013 la corte d’appello di Messina – adita in via principale da P.A. nei confronti di: G.F. e T.G.; di G., Am., A. e M.C. nonchè A.G.; di A., V., L. e F.G.; di A. e C.S., nonchè R.A. e T.M. (tutti, fuorchè M.A. e i signori C., R. e T., appellanti incidentali) – ha confermato sentenza con cui il g.o.a. presso il tribunale di Messina aveva, sulla base di c.t.u., accolto la domanda di P.A. – proprietario di appartamento in (OMISSIS) – di risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dalla terrazza di copertura dell’edificio; domanda proposta avverso separati gruppi di condomini con cause poi riunite, in cui era stato anche integrato il contraddittorio.

2. A sostegno della decisione, per quanto rileva, la corte d’appello ha considerato – tenuto conto che il signor P. è proprietario esclusivo di una delle quattro porzioni in cui il terrazzo è diviso – che, svolgendo il lastrico funzione di copertura, pur appartenendo in via esclusiva a taluni condomini, all’obbligo di provvedere alla sua manutenzione (e risarcire i danni cagionati dalla mancata riparazione) sono tenuti tutti in concorso con i proprietari esclusivi nella misura indicata dall’art. 1126 c.c.. La corte territoriale ha ritenuto “tutti gli obbligati, condomini e proprietari del lastrico,… responsabili, in quanto egualmente inadempienti agli obblighi manutentivi. posti propter rem a loro carico, senza operatività alcuna di ogni possibile forma di concorso del danneggiato”, ritenuta comunque la responsabilità ex art. 2051 c.c. “insussistente stante l’impossibilità per il P. di eseguire alcun utile intervento sul terrazzo in assenza della concorde volontà dei condomini obbligati”.

3. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione in via principale G., Am., A. e M.C. nonchè A.G. su quattro motivi, cui hanno replicato P.A. con controricorso, nonchè A., V., L. e F.G. con controricorso contenente altresì ricorso incidentale; a quest’ultimo P.A. ha resistito con ulteriore controricorso. Hanno depositato memorie i signori M. e A. nonchè i signori F.. Non hanno svolto difese le altre parti (tra le quali Ca.Fl.; quale erede di R.A.).

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione degli artt. 1123,1126,1218,1219 e 1223 c.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo. Secondo i ricorrenti principali la corte messinese avrebbe mal applicato il principio di diritto desunto da Cass. sez. U n. 3672 del 1997, atteso che in base a esso può applicarsi il regime di cui all’art. 1126 c.c.se e in quanto i condomini risultassero inadempienti all’obbligo di conservazione della terrazza, elemento questo non accertato. Anche citando giurisprudenza amministrativa riferita a disposizioni di diritto unionale, il sistema di responsabilità civile, in quanto fondato sul principio della colpa, non consentirebbe secondo i ricorrenti di introdurre in via interpretativa ipotesi di responsabilità oggettiva.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono violazione degli artt. 1123,1126,1218,1223,1227 e 2051 c.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo, criticando la decisione della corte territoriale nella parte in cui ha escluso ogni rilevanza alle previsioni della colpa in custodia e del concorso di colpa del danneggiato, essendo stato omesso l’esame della condotta dello stesso P.A. quale usuario della terrazza.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti principali censurano la violazione degli artt. 1175,1218,1223 e 1227 c.c. nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione alla circostanza che la corte territoriale non avesse dato rilevanza al fatto che P.A. non si fosse adoperato per limitare il danno, avendo omesso ogni tutela ex art. 700 c.p.c. e proposto dopo anni azione giudiziaria di cognizione.

4. I tre motivi, strettamente connessi tra loro, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

4.1. Risultano, in particolare, inammissibili le censure di omesso esame (censure nel presente procedimento ratione temporis rette dal testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 successivo alla modifica di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, che limita al minimo costituzionale il controllo sulla motivazione). Tale vizio sussiste in presenza di effettivi “fatti storici” – che è onere del ricorrente indicare – del tutto trascurati nella sentenza impugnata. Nel caso di specie, di nessun fatto storico (sarebbe stato rilevante ad es. il fatto generatore della presunta responsabilità di P.A.) i motivi indicano la totale pretermissione da parte della corte d’appello, imputandosi semmai a essa di non aver considerato – ad es. – che la porzione dei lastrico era in uso dello stesso, che gli altri condomini non vi accedevano, che P.A. avrebbe agito tardivamente, ecc. Si tratta, dunque, di elementi istruttori relativi al fatto storico anzidetto, considerato dalla corte messinese, seppure per escludere una responsabilità ex art. 2051 c.c.. Va richiamato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (nel caso di specie, in sostanza, la condotta generativa di responsabilità), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

4.2. Per la residua parte, i motivi (per violazione di norme di diritto) sono in ampia parte infondati, in quanto contestano un principio di diritto applicato dalla corte locale in piena armonia con quanto anche recentemente ribadito da questa corte a sezioni unite (v. in prosieguo) e, in altra parte, ulteriormente inammissibili in quanto carenti nella loro formulazione e in quanto concretanti censure di fatto non deducibili in cassazione (v. in prosieguo).

4.3. Quanto al primo aspetto, va tenuto conto che la corte territoriale ha fatto applicazione del principio, espressamente richiamato, di Cass. sez. U n. 3672 del 1997; esso è stato recentemente ribadito da Cass. sez. U n. 9449 del 2016, che lo ha Precisato: qualora l’uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia gli altri soggetti (di norma il condominio) tenuti a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria. Le sezioni unite hanno chiarito che, però, il concorso di tali responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c.; nella quota imputabile al condominio si applica l’art. 2055 c.c..

4.4. Ciò posto, essendo dunque infondate le critiche giuridiche mosse alla decisione della corte locale, uniformatasi a una disciplina codicistica che, come interpretata, lascia pienamente operante l’imputazione soggettiva del danno secondo colpa, i motivi sono inammissibili nella parte in cui, sotto la veste di censure per violazione di norme di diritto, richiedono in sede di legittimità un riesame del convincimento fattuale raggiunto dai giudici del merito circa l’insussistenza di una responsabilità ex art. 2051 c.c. del signor P., “stante l’impossibilità per (lo stesso) di eseguire alcun utile intervento sul terrazzo in assenza della concorde volontà dei condomini obbligati”.

4.5. Nell’ambito del secondo e terzo motivo, in particolare, si deducono circostanze specifiche che, in tesi, rimanderebbero a responsabilità esclusiva o concorsuale del signor P., al quale tra l’altro si fa colpa – in una visione dell’obbligo di cooperazione del danneggiato esteso al dover intraprendere iniziative giudiziarie contro i soggetti destinatari della cooperazione stessa – di aver agito giudiziariamente contro i condomini solo in sede cognitiva, e non in via. di urgenza ex art. 700 c.p.c.. In tale parte i motivi sono inammissibili in quanto, in particolare, non si dà conto delle modalità in cui la deduzione sia stata proposta in sede di merito; la deduzione stessa, comunque, richiede anche per tal via in sede di legittimità un riesame del convincimento fattuale raggiunto dai giudici del merito circa l’insussistenza di una responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo alla controparte.

5. Con il quarto motivo i ricorrenti principali deducono violazione dell’art. 91 c.p.c., lamentando la violazione da parte della corte d’appello del principio di soccombenza sia per aver solo in parte compensato le spese del grado d’appello, sia per avere confermato la sentenza di primo grado, nonostante appello incidentale sul punto, di condanna alle spese.

5.1. Il motivo è assorbito, alla luce dell’esame che segue del ricorso incidentale, da cui consegue che il giudice, del rinvio potrà rinnovare integralmente le statuizioni sulle spese.

6. Con il primo motivo di ricorso incidentale (indicato con la lettera A), i signori F. deducono violazione dell’art. 112 c.p.c.. Rappresentano di essere stati evocati in giudizio in sede di riassunzione dopo la dichiarazione di interruzione per morte della loro madre signora R.G. e di essersi costituiti con comparsa trascrivendone il contenuto – con cui avevano eccepito di non avere mai accettato l’eredità della defunta, essendo dunque carenti di legittimazione passiva. Lamentano avere la corte d’appello omesso pronuncia sull’eccezione.

7. Con il secondo motivo di ricorso incidentale (indicato con la lettera B) i predetti deducono omesso esame di fatto decisivo, costituito da verbale di pubblicazione di testamento olografo per notar Ma.Pe. in data 23/09/2008, da essi depositato – pur senza averne obbligo – innanzi alla corte d’appello, da cui risulterebbe nominata erede universale di R.G. la moglie del maggiore dei di lei figli, indicata in L.E.. Lamentano che, se la corte territoriale avesse proceduto all’esame, avrebbe acclarato la fondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva di essi ricorrenti incidentali.

8. Con il terzo motivo (indicato anch’esso, per evidente lapsus calami, con la lettera B) i ricorrenti incidentali lamentano – sempre in relazione al loro mancato acquisto della qualità di eredi – una violazione degli artt. 459 e 2697 c.c., avendo implicitamente la corte addossato erroneamente l’onere della prova a essi chiamati.

9. I tre motivi, strettamente collegai tra loro, possono essere esaminati congiuntamente, essendo – nel complesso – fondati.

9.1. Effettivamente non consta che, rispetto alla questione di legittimazione passiva – rectius, di difetto di titolarità passiva del rapporto controverso – sollevata dai signori F., come da trascrizione in ricorso, la corte territoriale si sia pronunciata. Non rileva al riguardo, anche per quanto in prosieguo, essendosi trattato di riassunzione di chiamati all’eredità in quanto figli della de cuius, se sia stato prodotto o no agli atti il verbale di pubblicazione di testamento, che il signor P. assume non prodotto.

9.2. Non configurando quella di difetto di titolarità passiva eccezione in senso stretto (cfr. Cass. sez. U n. 2951 del 16/02/2016), il mancato esame non dà tuttavia luogo a omissione di pronuncia, quale dedotta con il primo motivo, vizio il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande o eccezioni di merito, non di mere difese (o eccezioni in senso lato). Tale mancato esame può configurare – secondo la giurisprudenza di questa corte – un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se, e in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata (v. ad es. Cass. n. 321 del 12/01/2016 e n. 12626 del 09/06/2011).

9.3. Nel caso di specie, come dedotto con il terzo motivo, implicitamente la corte d’appello ha ritenuto provata la titolarità passiva a fronte di mera discendenza dei chiamati, pur in presenza di contestazione circa la mancata accettazione. E’, quindi, in tal parte, fondato il terzo motivo del ricorso incidentale in relazione al primo (con sostanziale irrilevanza del secondo), posto che sussiste violazione dell’art. 2697 c.c. La giurisprudenza di questa corte (v. Cass. n. 10525 del 30/04/2010) è infatti ferma nel senso che in tema di successioni mortis causa la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sè sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione, mediante aditio oppure per effetto di pro herede gestio oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 c.c.. Ne consegue chè, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c., l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità.

9.4. Essendo necessari accertamenti in fatto che precludono disamine nel merito di questa corte, in accoglimento del ricorso incidentale la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla corte d’appello di Messina, in altra sezione, che si atterrà al principio di diritto enunciato e governerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

10. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei soli ricorrenti principali dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso principale, assorbito il quarto motivo dello stesso; accoglie l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Messina, in altra sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti principali dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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