Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30456 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. I, 21/11/2019, (ud. 29/10/2019, dep. 21/11/2019), n.30456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12398/2015 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) Srl, (OMISSIS), in persona del curatore

fallimentare Avv.ti C.G. e M.R.,

elettivamente domiciliato in Roma, Viale Tiziano n. 3, presso lo

studio dell’Avvocato Giovanni Doria, che lo rappresenta e difende

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Credit Spv Srl, Unico socio, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Pompeo Magno n. 2/b,

presso lo studio dell’Avvocato Fabio Lepri, che lo rappresenta e

difende unitamente all’Avvocato Romano Vaccarella giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) Srl, Unico Socio, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Di Porta Pinciana n.

4, presso lo studio dell’Avvocato Fabrizio Imbardelli, che lo

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato Mario Santaroni giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1715/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA

depositata il 13/3/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/10/2019 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma, con provvedimento dell’11 luglio 2013, dichiarava inammissibile, ai sensi del combinato disposto della L. Fall., art. 162, comma 2 e art. 179, comma 1, la proposta di concordato preventivo presentata da (OMISSIS) ((OMISSIS)) s.r.l. a motivo del mancato raggiungimento della maggioranza prevista dalla L. Fall., art. 177, comma 1.

Nel contempo il Tribunale, su richiesta del P.M., dichiarava il fallimento della medesima compagine.

2. (OMISSIS) s.r.l., nel presentare reclamo avverso simili statuizioni, rappresentava che l’Agenzia delle Entrate era stata inclusa nelle operazioni di suffragio a seguito del suo inserimento nella lista dei creditori da parte del commissario giudiziale, nonostante le perplessità da questi espresse in un primo tempo per via dell’esito del contenzioso tributario, senza però che il giudice delegato avesse assunto alcun provvedimento di ammissione al voto, nel senso richiesto dalla L. Fall., art. 176, comma 1.

A fronte di queste contestazioni la Corte d’appello di Roma rilevava da un lato che l’Agenzia delle Entrate non poteva essere considerata creditore nell’ambito della procedura concordataria, alla stregua del mancato inserimento del suo credito nello stato passivo del fallimento successivamente dichiarato, dall’altra che il voto espresso dalla medesima Agenzia non aveva rispettato le specifiche modalità previste dalla L. Fall., art. 182-ter, che imponeva, in caso di transazione fiscale, una manifestazione di voto del direttore dell’ufficio su conforme parere della competente direzione regionale, parere che non era rinvenibile in atti.

Simili vizi, a giudizio della corte territoriale, si ripercuotevano sull’esito finale della votazione, dovendosi così ritenere raggiunta la maggioranza dei crediti favorevoli alla proposta di concordato; ne discendeva l’illegittimità del decreto di inammissibilità che aveva posto termine alla procedura concordataria e della correlata dichiarazione di fallimento.

3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. prospettando tre motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso (OMISSIS) s.r.l. e l’assuntore Credit SPV1 s.r.l..

Gli intimati Equitalia Sud s.p.a., Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Roma e Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma non hanno svolto alcuna difesa.

Tutte le parti costituite hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 161, comma 2, lett. b), e comma 3, L. Fall., art. 171, comma 1, L. Fall., art. 175 e L. Fall., art. 176, comma 1: la corte distrettuale, laddove aveva ritenuto che il credito dell’Agenzia delle Entrate fosse fortemente dubbio e non potesse essere conteggiato ai fini del calcolo delle maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato, non avrebbe considerato che la legittimazione al voto era riconosciuta non a seguito di un accertamento analogo a quello operato per la formazione dello stato passivo fallimentare, ma all’esito un processo per fasi (secondo le indicazioni del creditore, in mancanza di rettifiche o contestazioni, in coerenza con le modifiche apportate dal commissario giudiziale, in assenza di contestazioni, ovvero nel senso accertato dal giudice delegato al momento delle risoluzione delle contestazioni sollevate) che si esauriva con l’adunanza dei creditori.

Pertanto la fase di verifica della legittimazione al voto dei creditori doveva considerarsi definitivamente conclusa con la chiusura dell’adunanza dei creditori, in assenza in quella sede di contestazioni di sorta da parte di (OMISSIS) s.r.l., con il conseguente definitivo riconoscimento della legittimazione al voto in capo all’Agenzia delle Entrate.

La corte distrettuale, invece che applicare la disciplina propria del concordato preventivo, che prevedeva uno specifico processo per fasi volto alla verifica dell’esistenza di un credito allo scopo del riconoscimento della sua legittimazione al voto, avrebbe fatto erroneo ricorso alle regole di accertamento del passivo in ambito fallimentare, non estensibili alla procedura concordataria.

In una prospettiva alternativa la corte distrettuale avrebbe malamente applicato le medesime norme, ritenendo che il riconoscimento della legittimazione al voto dell’Agenzia delle Entrate implicasse un accertamento dei crediti analogo all’accertamento funzionale alla formazione dello stato passivo nel fallimento e così giungendo alla conclusione che il mancato accertamento del credito nel passivo del fallimento equivalesse a un difetto di legittimazione al voto.

4.2 Il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione della L. Fall., art. 161, comma 2, lett. b) e comma 3, L. Fall., art. 171, comma 1, L. Fall., art. 175 e L. Fall., art. 176, comma 1, in quanto la corte distrettuale avrebbe fondato la verifica della legittimazione al voto su elementi sopravvenuti rispetto alla chiusura dell’assemblea dei creditori, la quale segnava invece il limite entro cui l’indagine a questo proposito doveva arrestarsi.

4.3 I motivi, da trattarsi congiuntamente poichè entrambi basati sul presupposto comune che la verifica della legittimazione al voto si esaurisca con l’adunanza dei creditori, sono infondati.

4.3.1 Nell’ambito della procedura concordataria, a differenza di quanto avviene in altre procedure concorsuali, la verifica dei crediti non è funzionale alla selezione delle posizioni concorrenti ai fini della partecipazione al riparto dell’attivo, ma, ben diversamente, alla mera individuazione dei crediti aventi diritto al voto e da tenere in conto ai fini del calcolo delle maggioranze, come rende palese il disposto della L. Fall., art. 176.

Il tenore della norma – nella rubrica, che evoca espressamente un’ammissione provvisoria dei crediti contestati”, e nel testo del comma 1, laddove stabilisce che il giudice delegato possa “ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti stessi” – intende significare (oltre che la limitata efficacia delle determinazioni assunte in sede concordataria, le quali non sono idonee a compromettere in alcun modo l’accertamento nelle competenti sedi di cognizione in ordine all’esistenza, all’entità e alla natura del credito, come chiarisce espressamente l’ultimo periodo del comma 1) la natura precaria dei provvedimenti adottati dal giudice delegato, le cui statuizioni ai fini dell’ammissione al voto ben potranno essere superate da una diversa decisione del Tribunale in fase di omologa.

Non è corretto perciò affermare che l’inclusione nelle operazioni di suffragio disposta dal giudice delegato segni il termine ultimo per ogni statuizione in merito all’ammissione del credito al voto, perchè l’assetto normativo dell’istituto caratterizza espressamente tale disposizione come provvisoria e chiama il Tribunale – al pari del giudice dell’impugnazione sulla decisione di quest’ultimo – a rinnovare la verifica ai fini del controllo del regolare sviluppo dell’iter procedurale.

4.3.2 L’attività demandata al giudice delegato alla procedura rispetto all’ammissione al voto si risolve quindi in un mero accertamento ricognitivo, in senso favorevole o sfavorevole, privo di incidenza su diritti soggettivi, precario e prodromico all’ulteriore sviluppo della procedura, nel corso della quale la parte eventualmente pregiudicata (sia essa il creditore escluso o il debitore che abbia visto disattese le proprie contestazioni sull’ammissione al voto del creditore) potrà far valere le proprie doglianze in merito alla decisione che ha segnato in maniera rilevante le sorti del concordato (il primo tramite l’opposizione, se il suo voto ha assunto rilievo ai fini dell’omologa, il secondo tramite le impugnazioni esperibili avverso la statuizione assunta a conclusione del giudizio).

Ne consegue la legittimità dell’operato della corte distrettuale, la quale, essendo stata chiamata a verificare in sede di reclamo contro la sentenza di fallimento l’esito del suffragio sulla proposta concordataria e la legittimazione all’espressione dello stesso, ha correttamente valutato l’insussistenza delle pretese creditorie dell’Agenzia delle Entrate al fine di negare il suo diritto al voto e l’inclusione del relativo credito nel calcolo delle maggioranze necessarie per l’approvazione della proposta.

4.3.3 Una simile verifica non trova limiti temporali nell’adunanza dei creditori neppure sotto il profilo della limitazione a quel momento degli elementi esaminabili per stabilire l’esistenza del diritto di credito in funzione della legittimazione al voto.

Al contrario il giudice chiamato a rivalutare, nel corso del procedimento, il profilo della legittimazione al voto ai fini del computo delle maggioranze formatesi sulla proposta concordataria potrà esaminare fatti successivi, ove gli stessi contribuiscano a chiarire le circostanze già apprezzate dal giudice delegato al momento dell’ammissione provvisoria e le contestazioni fatte valere di fronte al Tribunale.

Non si presta a censure di sorta perciò la sentenza impugnata nella parte in cui, a fronte dell’allegazione da parte del reclamante della decisione a sè favorevole oramai assunta dalla Commissione Tributaria e del conseguente sgravio disposto dall’ente impositore, ha fatto riferimento allo stato passivo del fallimento dichiarato non tanto per affermare che lo stesso assumesse rilievo anche rispetto alla procedura concordataria che aveva preceduto il fallimento, ma piuttosto allo scopo di trarre dalla mancata ammissione un elemento indiziario a conferma dell’insussistenza del credito già statuita nella competente sede giudiziaria.

5. Quanto sopra esposto si riverbera sul terzo motivo di doglianza, volto a censurare, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa considerazione del parere della Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, che la corte territoriale non avrebbe rinvenuto malgrado lo stesso fosse stato prodotto e discusso fra le parti.

La decisione impugnata si fonda infatti su di un duplice ordine di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, costituite da un lato dalla mancanza di legittimazione al voto dell’Agenzia delle Entrate, dall’altro dall’espressione di un suffragio senza il rispetto previsto dalla normativa specifica in materia di transazione fiscale.

La riconosciuta infondatezza delle censure mosse alla prima delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative all’ulteriore ragione esplicitamente fatta oggetto di doglianza, in quanto quest’ultima non potrebbe comunque condurre, stante l’intervenuta definitività dell’altra, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 2108/2012).

6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore di ciascuno dei controricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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