Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30451 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. I, 21/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 21/11/2019), n.30451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21986/2016 r.g. proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., ora s.p.a. (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in

(OMISSIS), in persona dell’amministratore unico e legale

rappresentante pro tempore P.L. e GOLD IMMOBILIARE S.A.S.

DI R.A. (p. iva (OMISSIS)) – quale titolare del 95% del

capitale di (OMISSIS) s.r.l. (ora s.p.a.) ed avente causa a titolo

particolare della fallita (OMISSIS) s.r.l. – con sede in (OMISSIS),

in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro

tempore R.A., entrambe rappresentate e difese, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Alfonso

Tordo Caprioli, con cui elettivamente domiciliano in Roma, alla

Piazza Adriana n. 4, presso lo studio dell’Avvocato Giuseppe

Belcastro.

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

curatore Dott. C.E.M., rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato

Prof. Giovanni Doria, presso il cui studio elettivamente domicilia

in Roma, al Viale Tiziano n. 3.

– controricorrente –

e

UNICREDIT S.P.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede legale in

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al

controricorso, dall’Avvocato Prof. Stefano D’Ercole, presso il cui

studio elettivamente domicilia in Roma, alla via in Arcione n. 71.

– controricorrente –

e

PHOENIX ASSET MANAGEMENT S.P.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in

(OMISSIS), in persona del consigliere delegato Dott. T.R.,

quale mandataria della AURORA SPV S.R.L. (cod. fisc. (OMISSIS)), con

sede in (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale

apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. Stefano

D’Ercole, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla

via in Arcione n. 71.

– controricorrente –

e

FALLIMENTO (OMISSIS) S.N.C., e dei soci in proprio, in persona del

curatore Dott. G.L.; FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in

persona del curatore Dott. D.M.L..

– intimati –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI ROMA depositata il

27/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Anna Maria Soldi, che ha chiesto rigettarsi il ricorso correggendosi

la motivazione della sentenza impugnata.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 257/2007, il Tribunale di Roma pronunciò il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (ora s.p.a.) – per il prosieguo, indicata, più brevemente, come (OMISSIS) – accogliendo il corrispondente ricorso di Unicredit Banca s.p.a. che se ne era affermata creditrice per la somma di Euro 232.000,00.

1.1. Contro tale decisione, propose appello L. Fall., ex art. 18, nel testo ante riforma di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007, la (OMISSIS) s.r.l., in qualità di titolare del 95% delle quote della fallita, deducendo: i) la nullità della sentenza predetta, per violazione del diritto di difesa nell’ambito del procedimento L. Fall., ex art. 15, conseguente ad una pretesa nullità della notificazione del ricorso di fallimento e del decreto di fissazione dell’udienza prefallimentare, effettuata, ai sensi dell’art. 143 c.p.c., nei confronti del legale rappresentante della (OMISSIS); ii) l’insussistenza dei presupposti di cui alla L. Fall., artt. 1,5 e 15.

1.1.1. In questo giudizio di impugnazione, instaurato anche nei confronti della creditrice istante (rimasta contumace) ed al quale parteciparono, oltre all’appellante, la curatela del fallimento (OMISSIS), nonchè la medesima (OMISSIS), intervenne, altresì, il fallimento della s.n.c. (OMISSIS) e dei suoi soci in proprio, deducendo la nullità dell’acquisto di quote della società fallita fatto dall’appellante in violazione del diritto di prelazione del fallimento di Ti.Vi., socio al 5% della s.r.l. fallita. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 2953 del 2008, opinò che l’acquisto delle quote in violazione della clausola statutaria della (OMISSIS) comportasse la nullità della cessione e, di conseguenza, l’inesistenza della qualità di socio che legittimava la società appellante a proporre l’impugnazione, sicchè dichiarò inammissibile quest’ultima.

1.1.2. Avverso tale statuizione, la s.r.l. (OMISSIS) promosse ricorso per cassazione, resistito dalla curatela del fallimento “(OMISSIS)” s.n.c. e da quella del fallimento (OMISSIS) (che propose anche un ricorso incidentale condizionato). Nelle more del giudizio di legittimità, peraltro, fu dichiarato il fallimento della società ricorrente e la s.a.s. Gold Immobiliare di R.A. e C. – acquirente delle quote già possedute dalla s.r.l. (OMISSIS) notificò atto di intervento.

1.1.3. La Suprema Corte, con sentenza n. 7003/2015, ritenne inammissibile l’intervento del successore a titolo particolare della parte ricorrente, accolse il ricorso della (OMISSIS) s.r.l., cassò la sentenza impugnata in punto di difetto di legittimazione attiva di quest’ultima ad impugnare la sentenza di fallimento, affermandone la sussistenza, e rinviò alla Corte di appello di Roma per il nuovo esame.

1.2. Il procedimento venne riassunto da (OMISSIS) e Gold Immobiliare s.a.s., le quali riproposero soltanto il primo motivo dell’originario appello, afferente la nullità della sentenza di fallimento per irritualità della notificazione della relativa istanza.

1.2.1. L’indicato giudice di rinvio, pronunciando nel contraddittorio con il fallimento (OMISSIS), la Aurora SPV s.r.l. (quale mandataria per la gestione dei crediti di DoBank s.p.a., denominazione assunta da Unicredit Credit Management Bank s.p.a., a sua volta avente causa da Unicredit s.p.a.), il fallimento (OMISSIS) s.n.c. e dei suoi soci in proprio, ed il fallimento (OMISSIS) s.r.l., rigettò l’appello (ivi, peraltro, definito, più volte, reclamo) con la sentenza del 27 luglio 2016, n. 4799.

1.2.2. Per quanto qui ancora di interesse, quel giudice: i) evidenziò, preliminarmente, che “i reclamanti (rectius: le appellanti. Ndr) hanno dedotto quattro profili di irritualità: il primo, poichè sarebbe stato notificato unicamente il verbale di udienza; il secondo, in quanto non sarebbero state compiute adeguate ricerche al fine di reperire il Ci.; il terzo poichè la notifica ex art. 143 c.p.c., non sarebbe stata preceduta da un previo tentativo di notifica presso la sede legale ed il quarto stante la patente violazione del termine a comparire”; ii) rilevò che le prime due ragioni di doglianza erano “inammissibili nella presente sede di rinvio, poichè del tutto nuove rispetto al contenuto del reclamo (rectius: appello. Ndr) originario”, peraltro rimarcando che, “rispetto a quest’ultimo, non risulta riproposta nell’atto di riassunzione la doglianza inerente al fatto che Ci.Lu. (soggetto nei cui confronti venne indirizzata la notifica) non fosse più, al tempo della notifica, il legale rappresentante di (OMISSIS)”. Da ciò trasse la conclusione che “la corte di merito non ha quindi l’onere di esaminare tale aspetto della vicenda, superato dal contenuto dell’atto di riassunzione”; iii) ritenne, in relazione alle censure ulteriori, che “la notifica al legale rappresentante della società fallenda, ai sensi dell’art. 143 c.p.c., senza un previo tentativo di notifica presso la sede sociale, appare perfettamente rituale, con riferimento al combinato disposto degli artt. 145,140,143 c.p.c., applicabili ratione temporis alla notifica dell’istanza di fallimento per cui è causa”; iv) affermò, quanto alla violazione del termine a comparire, che “come rimarcato dal tribunale, tale irregolarità risulta sanata per raggiungimento dello scopo, sulla base del principio enunciato dall’art. 156 c.p.c., in quanto in data 13.07.2007, prima della dichiarazione di fallimento, la società fallenda ebbe a costituirsi in giudizio, depositando una memoria, con la quale chiedeva un differimento della decisione nell’ottica di addivenire ad un bonario componimento della vertenza con Unicredit in via stragiudiziale, con conseguente desistenza. Non soltanto tale memoria dimostra la piena conoscenza, da parte di (OMISSIS), dell’istanza di fallimento contro di lei presentata, ma – e ciò costituisce circostanza dirimente della lite – non risulta essere stato chiesto un termine a difesa per difendersi dall’istanza di fallimento, ma unicamente un differimento per finalità diverse”; v) considerò, infine, assorbita la richiesta di condanna di Unicredit al risarcimento ex art. 96 c.p.c..

2. Avverso l’appena descritta sentenza, ricorrono per cassazione la (OMISSIS) e la “cold Immobiliare” s.a.s. di R.A., affidandosi a sei motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.. Resistono, con distinti controricorsi, il fallimento (OMISSIS), la Unicredit s.p.a. e la Phoenix Asset Management s.p.a., quest’ultima quale mandataria della Aurora SPV s.r.l., mentre non hanno spiegato difese il fallimento (OMISSIS) s.n.c., nonchè dei suoi soci in proprio, ed il fallimento (OMISSIS) s.r.l..

2.1. I formulati motivi prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione della L. Fall., art. 15. Violazione o falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Travisamento delle risultanze processuali in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Riepilogato il complessivo iter procedimentale della notificazione del ricorso di fallimento di Unicredit Banca s.p.a., si afferma essere principio consolidato in giurisprudenza che la costituzione in giudizio del fallendo, senza nulla eccepire circa l’inosservanza dei termini a comparire, determini la sanatoria della vocazione in giudizio, ma, per contro, affinchè possa configurarsi detta sanatoria, la costituzione deve avvenire prima o, al più tardi, nella udienza di comparizione delle parti fissata L. Fall., ex art. 15, quale momento deputato per l’esercizio del diritto di difesa. Nella specie, invece, alla udienza suddetta, all’esito della quale era stata riservata la decisione, nessuno era comparso per la fallenda, nè questa si era prima costituita. Solo dopo lo svolgimento di quell’udienza era stata depositata una comparsa, peraltro contenente una mera “istanza di differimento” della decisione, alla quale non poteva attribuirsi alcun effetto sanante, poichè successiva al momento in cui il contraddittorio doveva essere integrato;

II) “Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; violazione della L. Fall., art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. In via subordinata rispetto alla precedente censura, si rappresenta che le odierne ricorrenti, in sede di discussione all’udienza del 19 maggio 2016 innanzi alla Corte di appello di Roma, a fronte dell’eccezione sollevata dalle controparti di avvenuta sanatoria ex art. 156 c.p.c., avevano dedotto ed eccepito che l’asserita comparsa di costituzione della fallenda (del 13 luglio 2007) era stata sottoscritta da tale Co.Al., quale amministratore unico di (OMISSIS), benchè questi, all’epoca, non fosse il legale rappresentante della società. Tale atto, quindi, proprio perchè proveniente da soggetto privo di potere di rappresentanza di quest’ultima, doveva considerarsi inefficace, mentre, invece, la corte distrettuale aveva omesso di esaminare la questione, malgrado la sua rilevanza ai fini della decisione, nè aveva valutato ed esaminato un fatto a tal fine decisivo;

III) “Violazione o falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. e degli artt. 140 e 143 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Travisamento delle risultanze processuali; omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Si ascrive alla corte capitolina di aver omesso di accertare se nella istanza di fallimento fosse indicato, o meno, il nominativo del legale rappresentante della società, malgrado l’art. 145 c.p.c., postuli che, nell’atto notificando, siano indicati il nominativo, la residenza, la dimora o il domicilio della persona fisica che rappresenta la società;

IV) “Violazione della L. Fall., art. 18 e degli artt. 392 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si definisce “del tutto erronea” la decisione della corte territoriale di ritenere “nuovi”, e quindi “inammissibili”, gli ulteriori aspetti di irregolarità della notificazione descritti nella istanza di riassunzione, “anche in considerazione della tipologia del procedimento camerale che caratterizza l’appello in esame, ove, anche solo in udienza di discussione orale, possono essere descritti ed evidenziati elementi di illiceità correlati alla nullità della notificazione. Ciò purchè tali aspetti siano sollevati in correlazione alla domanda di nullità e violazione del diritto di difesa, nella specie avanzata nel primo atto introduttivo del giudizio di appello (…), secondo cui la domanda di revoca della dichiarazione di fallimento era affidata, come primo motivo, poi reiterato, alla “violazione della L. Fall., art. 15. Nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa conseguente ad irritualità e nullità della notificazione”;

V) “Violazione dell’art. 392 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed omessa pronunzia e violazione dell’art. 110 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. Si imputa alla corte distrettuale di avere affatto erroneamente ritenuto rinunciata la doglianza inerente al fatto che Ci.Lu. (soggetto nei cui confronti era stata indirizzata la notifica del ricorso di fallimento) non fosse, al tempo della notifica, il legale rappresentante della (OMISSIS);

VI) “Violazione degli artt. 392,394,110 e 111 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. Posto che, in sede di rinvio, si era costituita la Aurora SPV s.r.l., in qualità di mandataria di DoBank s.r.l., quale cessionaria del credito alla cui stregua, inizialmente, Unicredit s.p.a. aveva promosso istanza di fallimento di (OMISSIS), e che, nella sentenza impugnata, non vi è menzione del soggetto Unicredit s.p.a. quale parte del processo (se non quale dante causa di DoBank s.p.a.) evocata in giudizio dalle odierne ricorrenti come destinataria della richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. e parte costituita nel giudizio poi definito con la sentenza già cassata dalla Suprema Corte, si afferma che “la cessione del credito non integra una successione tale da legittimare il cessionario a partecipare al giudizio quale successore universale del dante causa e la partecipazione di Aurora SPV s.r.l. (quale mandataria di DoBank s.p.a.) è da qualificare come intervento di terzo, che nel giudizio di rinvio è inammissibile in forza di quanto disposto dagli artt. 392 c.p.c. e segg.. Inoltre, la sentenza, con l’omessa indicazione (o indicazione non chiara) delle parti (in particolare Unicredit s.p.a., parte appellata rimasta contumace), non rispetta il dettato dell’art. 132 c.p.c. e la circostanza è rilevante poichè è evidente che, in relazione alla domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c., l’unico soggetto legittimato passivo era e rimane la società Unicredit s.p.a., a prescindere dalla cessione a terzi del credito in forza del quale fu avanzata istanza di fallimento”.

3. Rileva, preliminarmente, il Collegio che il thema decidendum in sede di rinvio era stato circoscritto alla sola valutazione circa la omessa o intempestiva instaurazione del contraddittorio con il debitore per l’udienza prefallimentare. A tale proposito, infatti, è sufficiente sottolineare che non risulta in alcun modo censurata l’impugnata sentenza n. 4799/2016 della Corte di Appello di Roma nella parte in cui ha escluso che, in sede di rinvio potessero esaminarsi i motivi di gravame svolti con riguardo alla pretesa insussistenza delle condizioni per l’apertura della procedura concorsuale in quanto non riproposti con il ricorso per riassunzione.

3.1. Ciò posto, va immediatamente sgomberato il campo dalle censure svolte con i motivi secondo, quarto e quinto, scrutinabili congiuntamente perchè connessi, e da considerarsi, nel loro complesso, insuscettibili di accoglimento.

3.1.1. In proposito, infatti, è sufficiente evidenziare, innanzitutto, che la corte distrettuale ha puntualmente indicato la ragione – “non risulta riproposta nell’atto di riassunzione la doglianza inerente al fatto che Ci.Lu. (soggetto nei cui confronti venne indirizzata la notifica) non fosse più, al tempo della notifica, il legale rappresentante di (OMISSIS)” (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata) – per cui aveva ritenuto di non doversi pronunciare sull’assunto delle appellanti secondo cui l’asserita comparsa di costituzione (il riferimento è, in realtà, alla “istanza di differimento”) della fallenda del 13 luglio 2007 era stata sottoscritta da tale Co.Al., quale amministratore unico di (OMISSIS), benchè questi, all’epoca, non fosse il legale rappresentante della società, sicchè, provenendo da soggetto privo di potere di rappresentanza di quest’ultima, doveva considerarsi inefficace.

3.1.2. Trattasi di argomentazione assolutamente in linea con il principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni definitive, soprattutto allorchè queste siano prospettate in modo specifico, di domande o eccezioni precedentemente formulate, implica normalmente una presunzione di abbandono o di rinuncia alle stesse (cfr. Cass. n. 18027 del 2018; Cass. n. 1754 del 2007; Cass. n. 4794 del 2006; n. 12416 del 2004; n. 12482 del 2002). Siffatto principio opera anche nel giudizio di rinvio, poichè, da un canto, in quest’ultimo è preclusa alle parti ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove, nonchè conclusioni diverse (salvo che queste siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di cassazione), dall’altro, ciò non esclude che la parte conservi la facoltà di scegliere se insistere o meno in tutte le conclusioni già rassegnate (cfr. Cass. n. 1754 del 2007). Nè può sostenersi che tale tesi debba essere disattesa per le specificità del procedimento di impugnazione della sentenza dichiarativa del fallimento che resta, comunque, delimitato dalle censure svolte ai sensi della L. Fall., art. 18 (cfr. Cass. n. 5137 del 2019; Cass. n. 4096 del 2007).

3.2. La stessa corte capitolina, inoltre, dopo aver rimarcato che “i reclamanti (rectius: le appellanti. Ndr) hanno dedotto quattro profili di irritualità: il primo, poichè sarebbe stato notificato unicamente il verbale di udienza; il secondo, in quanto non sarebbero state compiute adeguate ricerche al fine di reperire il Ci.; il terzo poichè la notifica ex art. 143 c.p.c., non sarebbe stata preceduta da un previo tentativo di notifica presso la sede legale ed il quarto stante la patente violazione del termine a comparire”, ha rilevato che le prime due ragioni di doglianza erano “inammissibili nella presente sede di rinvio, poichè del tutto nuove rispetto al contenuto del reclamo (rectius: appello. Ndr) originario”.

3.2.1. Orbene, le doglianze in esame non risultano redatte in ossequio al principio cd. di autosufficienza del ricorso – oggi desumibile dal combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3-6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – posto che non riproducono, come, invece, sarebbe stato preciso onere delle ricorrenti, lo specifico tenore delle conclusioni contenute, rispettivamente, nell’originario atto di appello L. Fall., ex art. 18 (nel testo, qui applicabile ratione temporis, modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2006), e nell’atto di riassunzione successivo alla decisione di questa Corte n. 7003/2015, di cassazione, con rinvio, della precedente pronuncia resa, su detto appello, dalla corte capitolina n. 2953/2008. Ciò impedisce, oggi, a questa Suprema Corte di valutare la bontà, o meno, delle conclusioni cui era giunta, sul punto, la corte distrettuale in sede di rinvio.

3.3. Del tutto nuovo (non rinvenendosi alcunchè, sullo specifico punto, nelle argomentazioni del ricorso – cfr. pag. 11-12 – afferenti il secondo motivo, che investono solo l’asserita carenza di potere rappresentativo della società da parte di tale Co.Al.), e come tale inammissibile (cfr. Cass. 10 n. 30760 del 2018; Cass. n. 12657 del 2017) deve considerarsi l’ulteriore profilo di nullità, per difetto di valida procura ad litem al difensore, prospettato dalle odierne ricorrenti, puntualmente, solo nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

3.4. In definitiva, ed alla stregua delle considerazioni finora svolte, deve pienamente condividersi l’affermazione del sostituto procuratore generale (cfr. pag. 3-4 della sua requisitoria scritta) secondo cui “…il vizio del procedimento notificatorio dedotto dalla (OMISSIS) s.r.l. con l’atto di appello potesse essere conosciuto, in sede di rinvio, nei limiti di quanto prospettato originariamente anche se con esclusione dei profili del vizio collegati a circostanze mai dedotte (notifica del solo verbale e non della istanza di fallimento) ovvero non espressamente ribadite (notifica a soggetto diverso dal legale rappresentante)..”.

4. Muovendo da tali premesse, può passarsi all’esame del primo e del terzo motivo del ricorso, scrutinabili congiuntamente in ragione della chiara connessione tra essi esistente.

4.1. Si tratta, in particolare, di stabilire se la notifica alla (OMISSIS) fosse stata correttamente eseguita ai sensi degli artt. 143 e 145 c.p.c. e, comunque, se la instaurazione del contraddittorio fosse, ciò malgrado, invalida per il mancato rispetto del termine dilatorio previsto, a beneficio del debitore fallendo dalla L. Fall., art. 15.

4.2. A tale proposito, il Collegio opina di poter assolutamente condividere la conclusione del sostituto procuratore generale (cfr. pag. 4 della requisitoria suddetta) che “…la decisione impugnata deve ritenersi corretta nella parte in cui ha riscontrato la ritualità del procedimento notificatorio. Risulta, invero, inammissibile per difetto di autosufficienza la censura svolta con il terzo motivo finalizzata a prospettare la violazione degli artt. 145 e 143 c.p.c., perchè non è stato riprodotto il contenuto della relata ed è indimostrato l’assunto secondo cui l’atto da notificare non contenesse il nominativo del legale rappresentante ed i recapiti di quest’ultimo”.

4.2.1. Va qui soltanto aggiunto, così disattendendosi le osservazioni contenute, sul punto, nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., delle ricorrenti, che, comunque, – come verificato da questo Corte mediante l’accesso agli atti, consentitole trattandosi di vizio di natura processuale nel ricorso di fallimento della Unicredit Banca s.p.a. era indicato il nominativo ( Co.Al.) del legale rappresentante della (OMISSIS) (cfr. pag. 3, penultimo capoverso, del ricorso di fallimento), ed è noto che, come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, “Ai fini della validità della notifica ex art. 160 c.p.c., per stabilire se vi sia, o meno, incertezza assoluta sulla persona del destinatario, non è sufficiente limitarsi all’esame della relata, occorrendo, invece, verificare l’intero contesto dell’atto, a partire dalla sua intestazione, in quanto in qualsiasi parte dello stesso può trovarsi l’indicazione idonea a colmare le lacune riscontrate e, in particolare, l’omessa indicazione, nella suddetta relazione, del nominativo e del luogo di effettuata notifica” (cfr. Cass. n. 1985 del 2017; Cass. n. 6805 del 2001; Cass. n. 1300 del 1991). Nessun dubbio, quindi, potrebbe sussistere, in ogni caso, in ordine alla validità della notificazione del ricorso di fallimento de quo.

4.3. Fermo quanto precede, la sentenza oggi impugnata non merita, invece, approvazione – come, ancora una volta condivisibilmente, invocato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta (cfr. pag. 46) – laddove afferma che il vizio derivante dal mancato rispetto del termine di comparizione L. Fall., ex art. 15, era stato sanato per raggiungimento dello scopo (ai sensi dell’art. 156 c.p.c.) stante il comportamento processuale del debitore fallendo che si era “costituito” nella cancelleria del tribunale fallimentare dopo che il collegio aveva riservato la decisione sulla istanza L. Fall., ex art. 6 e prima che la sentenza di fallimento fosse depositata.

4.3.1 E’, invero, irragionevole sostenere che detta “costituzione” (in realtà, rileva il Collegio che si era trattato del mero deposito di una “istanza di differimento” della decisione per le ragioni ivi indicate e di cui si è già precedentemente detto) del debitore potesse valere come rinuncia ad eccepire il vizio della vocatio in ius.

4.3.1.1. Da un lato, infatti, non vi è prova alcuna che, nella specie, (OMISSIS) avesse avuto contezza dell’istruttoria prefallimentare in tempo utile per partecipare al suo svolgimento; dall’altro, va ricordato che la sanatoria del vizio connesso al mancato rispetto del termine a comparire è pur sempre collegata allo svolgimento di difese nel merito che, nella vicenda in esame, non erano state minimamente prospettate (la (OMISSIS) essendosi limitata a chiedere, come si è già riferito, un mero rinvio della decisione prospettando la necessità di sottoscrivere una transazione – il cui iter era già stato avviato – con il creditore istante).

4.3.2. L’astratta fondatezza della censura svolta con il primo motivo non consente, tuttavia, di accogliere il presente ricorso.

4.3.2.1. Come si ricorderà, è ormai intangibile la affermazione preliminare della corte di merito che ha ritenuto estraneo al thema decidendum devoluto al giudice del rinvio il motivo di appello con cui la (OMISSIS) s.r.l. aveva originariamente impugnato la sentenza di fallimento deducendo la insussistenza delle condizioni per l’apertura della procedura concorsuale.

4.3.2.2. Ciò posto, come peraltro correttamente rilevato dal sostituto procuratore generale, non può ritenersi che la Corte di Appello di Roma, anche ove avesse effettivamente riscontrato la violazione del termine a difesa, avrebbe potuto accogliere la impugnazione revocando il fallimento. Deve, infatti, darsi continuità all’orientamento secondo cui, in caso di inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. Fall., art. 15, il giudice dell’appello, non ricorrendo la nullità della notificazione dell’atto introduttivo, nè alcuna delle altre ipotesi di rimessione al giudice di prime cure tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., non può limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza e del giudizio di primo grado, ma deve decidere nel merito, previa rinnovazione degli accertamenti compiuti nella pregressa fase processuale ed ammissione del convenuto, contumace in primo grado, a svolgere tutte quelle attività che, in conseguenza della nullità, gli sono state precluse (cfr. Cass. n. 2053 del 2010; Cass. n. 19601 del 2017).

4.3.2.3. In questa prospettiva, è allora fondato sostenere che sia inammissibile la impugnazione proposta per lamentare un vizio della vocatio in ius quando alla prospettazione dell’error in procedendo non si accompagni pure la prospettazione delle criticità della sentenza impugnata reputata “ingiusta”.

4.3.2.4. In altri termini, poichè la (OMISSIS) s.r.l. non ha coltivato l’appello per le ragioni di merito dedotte con l’originario atto di impugnazione e successivamente rinunciate, deve ritenersi che la corte capitolina, anche ove avesse riscontrato, come doveva, la tardività (o, comunque, un vizio) della instaurazione del contraddittorio nei confronti del debitore fallendo, in ogni caso non avrebbe potuto accogliere l’appello predetto nel merito stante la impossibilità di valutare se la apertura della procedura concorsuale fosse stata, o meno corretta.

4.3.3. L’errore in cui è incorso il giudice del rinvio si rivela, dunque, affatto irrilevante atteso che, per tutto quanto fin qui argomentato, la suddetta corte non avrebbe potuto accogliere l’originario motivo di gravame, nella parte riguardante il profilo della mancata assegnazione del termine a comparire, perchè neppure erano state dedotte attività da compiersi in sede di rinnovazione.

4.3.4. Va solo rimarcato, per completezza, che esclusivamente se fosse stato accertato il vizio di notifica del ricorso di fallimento, la corte romana avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c., atteso che, in tale ipotesi, l’interesse all’appello avrebbe potuto ritenersi effettivo malgrado la mancata impugnazione quanto alla sussistenza, nel merito, delle condizioni di fallibilità. Tuttavia, come si è detto disattendendosi il formulato terzo motivo, tale vizio non è stato riscontrato.

4.4. Alla stregua di quanto precede, – e considerato, altresì, che il sesto motivo è inammissibile, posto che nessuna statuizione è stata resa dalla corte distrettuale, che l’ha espressamente considerata assorbita (cfr. pag. 6 della decisione impugnata), in ordine alla domanda ex art. 96 c.p.c., formulata nei confronti di Unicredit Banca s.p.a., sicchè la censura veicolata dal richiamato motivo non può trovare ingresso in questa sede per evidente carenza di interesse delle ricorrenti – il ricorso va, dunque, rigettato, dovendo essere mantenuta ferma, sebbene con diversa motivazione, l’impugnata pronuncia della Corte di appello, nel senso che la conferma della sentenza di fallimento deriva dal rigetto nel merito delle eccezioni di invalidità della notifica del ricorso introduttivo e dalla declaratoria di inammissibilità, per difetto d’interesse, dell’appello relativo al solo vizio di instaurazione del contraddittorio.

5. Le spese di questo giudizio di legittimità restano a carico delle ricorrenti, in solido tra loro, giusta il principio di soccombenza, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle medesime ricorrenti, in via solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la (OMISSIS) s.r.l. (ora s.p.a.) e la “Gold Immobiliare” s.a.s. di R.A., in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, in via solidale, da parte delle medesime ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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