Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30449 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. I, 21/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 21/11/2019), n.30449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6263/2015 r.g. proposto da:

D.B.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), quale liquidatore e legale

rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (già

Italricambi s.p.a.), con sede in (OMISSIS) (p. iva (OMISSIS)),

rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al

ricorso, dall’Avvocato Giuseppe Pierfrancesco Mussumeci, presso il

cui studio elettivamente domicilia in Bergamo, alla via Casalino n.

13.

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., IN LIQUIDAZIONE (cod. fisc. (OMISSIS)),

in persona del curatore Dott.ssa L.F., rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dall’Avvocato Ciro Carano, con il quale elettivamente domicilia in

Roma, al Corso Vittorio Emanuele II n. 173, presso lo studio

dell’Avvocato Claudio Cardillo.

– controricorrente –

e

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI UDINE; PROCURA

GENERALE DELA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TRIESTE;

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE.

– intimate –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI TRIESTE depositata il

26/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. D.B.M., qualificandosi liquidatore e legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (già Italricambi s.p.a.), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste del 26 agosto 2014, reiettiva del reclamo da lui proposto, in proprio e nella indicata qualità, contro la dichiarazione di fallimento della menzionata società pronunciata dal Tribunale di Udine, il 22/23 maggio 2014, su richiesta del Pubblico Ministero presso detto tribunale. Resiste, con controricorso, la curatela fallimentare, che ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità dell’avverso ricorso perchè tardivo, mentre non ha spiegato difese, in questa sede, l’indicato ufficio di Procura.

1.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte: i) negò che si fosse formato un giudicato, anche implicito, di rigetto sull’analoga istanza del Pubblico Ministero nel corso di una precedente procedura L. Fall., ex art. 161, conclusasi con decreto di non luogo a provvedere; ii) disattese la doglianza del reclamante circa il fatto che, a suo dire, la dichiarazione di fallimento era stata pronunciata sulla base di considerazioni diverse da quelle sviluppate dal Pubblico Ministero richiedente; iii) ritenne sussistente lo stato di insolvenza della indicata società.

2. In via pregiudiziale rispetto allo scrutinio dei motivi di ricorso, – così articolati: I. “Violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 162 e 173, in palese violazione dei principi regolatori del giusto processo”; II. “Violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 7, in palese violazione dei principi regolatori del giusto processo”; III. “Vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’insolvenza. Violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 5 e 15” – va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso stesso, per tardività della sua notificazione, sollevata dalla curatela fallimentare controricorrente.

2.1. Essa è fondata.

2.2. Invero, dagli atti di causa – cui questa Corte ha accesso attesa la natura processuale della questione dedotta – risulta che, come specificamente allegato dalla medesima curatela, la sentenza impugnata è stata ritualmente notificata al ricorrente a cura della cancelleria, a mezzo posta elettronica certificata (PEC), ai sensi della L. Fall., art. 18, comma 13, in data 26 agosto 2014, mentre l’odierno ricorso per cassazione è stato notificato solo il 23/27 febbraio 2015, ben oltre il termine perentorio di trenta giorni prescritto dal comma 14 del predetto articolo.

2.3. Sul punto, è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata, ai sensi della L. Fall., art. 18, comma 13, dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), – D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 – è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione di cui alla L. Fall., art. 18, comma 14, non ostandovi il nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., comma 2, come novellato dal D.L. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c. (cfr. Cass. n. 9899/2019; Cass. n. 27685 del 2018; Cass. n. 26872 del 2018; Cass. n. 25375 del 2017; Cass. n. 14972 del 2017; Cass. n. 13529 del 2017; Cass. n. 2315 del 2017; Cass. n. 10525 del 2016. Si veda, anche, in precedenza Cass. n. 23526 del 2014 con riguardo all’impugnazione in cassazione ex art. 348-ter c.p.c.).

2.4. E’ stato, infatti, chiarito che la menzionata modifica dell’art. 133 c.p.c., ad opera del D.L. n. 90 del 2014, art. 45, comma 1, lett. b), riguarda solo le notifiche che vengono effettuate su impulso di parte, e non incide, invece, sulle norme processuali – di carattere derogatorio e speciale in base alle quali la notifica deve essere effettuata a cura della cancelleria, come appunto la L. Fall., art. 18 (che richiama l’art. 17) ove, stanti le esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare, si reputa che la conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione sia assicurata anche dalla sua comunicazione in forma integrale, al pari della notificazione (cfr. anche la L. Fall., art. 99, u.c., nonchè l’art. 348-ter c.p.c., art. 669-terdecies c.p.c., comma 1 e art. 702-quater c.p.c.); al tempo stesso, è stato rimarcato che l’operatività di tale principio vale solo per il periodo successivo alla modifica dell’art. 45 disp. att. c.p.c., ad opera del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 6, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2012, che ha imposto la comunicazione del testo integrale del provvedimento da parte della cancelleria (cfr. Cass. n. 23575 del 2017).

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, in favore della sola controricorrente, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, nella indicata qualità, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il D.B., nella indicata qualità, al pagamento, nei confronti della curatela controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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