Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30449 del 19/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30449 Anno 2017
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

sul ricorso 23896-2016 proposto da:
DELL’AQUILA ELENA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
UGO DE CAROLIS 31, presso lo studio dell’avvocato VITO SOLA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato AGNESE
G U ALTI ERI ;
– ricorrente contro
IMBIMBO ROBERTO;
– intimato avverso la sentenza n. 1252/2016 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, emessa il 21/04/2016;

t3r

Data pubblicazione: 19/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 09/11/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.

RILEVATO
che, con sentenza del 21 aprile 2016, la Corte di Appello di Napoli,

domanda proposta da Elena Dell’Aquila nei confronti di Roberto
Imbimbo ed intesa all’accertamento della sussistenza di un rapporto
di lavoro subordinato nel periodo dal l° gennaio 2000 al 30 giugno
2001 – nel corso del quale la Dell’Aquila avrebbe svolto mansioni di
segretaria inquadrabili nel livello

D del CCNL delle Società di

Intermediazione Mobiliare – con condanna dell’Imbimbo al
pagamento delle relative differenze retributive;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la dell’Aquila
affidato ad un unico motivo;

che l’Imbimbo è rimasto intimato;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto
di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
CONSIDERATO
che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa
applicazione degli arti. 2094, 2099, 2697, 2222 cod. civ., 115 e 116 cod.
proc. civ. nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione ( in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod.
proc. civ.) per avere la Corte di Appello adottato quale criterio
determinante per la qualificazione del rapporto di lavoro quello della
soggezione del prestatore di lavoro alle direttive ed al controllo del
datore di lavoro senza considerare che, nelle ipotesi in cui la
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in riforma integrale della decisione del Tribunale in sede, rigettava la

prestazione era, come nel caso in esame, estremamente elementare,
ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione la
ricorrenza di un rapporto di lavoro subordinato ben poteva essere
verificata facendo ricorso a criteri sussidiari ( quali la continuità e la
durata del rapporto, le modalità di erogazione, del compenso, la

pur minima organizzazione imprenditoriale ); si evidenzia, altresì, una
non corretta valutazione delle risultanze istruttorie cosi come emerse
dalla prova testimoniale espletata;
che il motivo è inammissibile sotto vari profili in quanto:
– in primo luogo, perché, nonostante il formale richiamo contenuto
nella parte iniziale della intestazione a violazione di legge finisce col
sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel
chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non
consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di
vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze
probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più
idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto
riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della
propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio ‘
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento
o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097
del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del
07/08/2003);
– inoltre, laddove si deduce il vizio di motivazione il motivo non
presenta i requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, primo
comma, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle
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regolamentazione dell’orario di lavoro, l’assenza di rischio e di una sia

Sezioni unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014) finendo:
a) con il criticare la sufficienza del ragionamento logico posto alla base
dell’interpretazione, di determinati atti del processo, e dunque un
caratteristico vizio motivazionale, in quanto tale-non più censurabile (si
veda la citata Cass., S.U., n. 8053/14 secondo cui il controllo della

dell’art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di
una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc.
civ., esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’
della motivazione); b) con il lamentare l’omesso esame di risultanze
istruttorie laddove, come precisato chiaramente nella citata sentenza n.
8053 delle SU., l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di
per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto
storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione
dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le
risultanze p roba to rie;
che, peraltro, la Corte di appello con una motivazione ampia,
esaustiva, assolutamente coerente ha analiticamente scrutinato le
deposizioni dei testi escussi evidenziando in modo limpido le ragioni
per le quali alcuni testi erano meno attendibili- di altri giungendo alla
conclusione che non solo non era rimasto provato l’assoggettamento
della Dell’Aquila al potere direttivo e disciplinare dell’asserito datore di
lavoro, ma che nulla era stato dimostrato in ordine allo svolgimento
delle mansioni allegate dalla ricorrente;
che, pertanto, in adesione alla proposta

l relatore, il ricorso va

dichiarato inammissibile;
che non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo
l’Imbimbo rimasto intimato;

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motivazione è ora confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. -13, comma 1 poter, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di
stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti

(Class. n. 22035 del – 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e
numerose successive conformi);
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del
presente giudizio.
\i sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis- dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2017

CANCELLERÀ

iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame

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